Storie dal mondo

Migranti siriani bloccati in Sudan, unica via d’uscita le rotte illegali

Dall’inizio dei combattimenti sono quasi 90.000 i siriani bloccati nel Paese dal conflitto armato. Come testimoniano gli intervistati, è risultato quasi impossibile usufruire dei voli di rimpatrio promessi dal Governo a proprie spese. La società aerea di bandiera – già accusata di pratiche illegali – pare abbia imposto il pagamento di grosse tangenti per l’inserimento nella lista passeggeri. Ma, se da un lato molti fanno di tutto per tornare a casa, tanti altri hanno paura di rientrare per timore di essere arruolati nel servizio militare che in Siria può durare anche diversi anni.

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Russia, il timore della repressione frena chi si oppone alla guerra

Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, in tanti si chiedono il motivo per cui anche gli oppositori russi non scendano in piazza a protestare contro la guerra. Le ragioni sono tante e tra queste troviamo non solo gli arresti ma anche la presenza di sistemi di tracciamento elettronico e il fatto che le proteste in realtà sono controproducenti per l’individuo su vari livelli. Eppure, nonostante la presenza di uno Stato repressivo e totalitario, per le strade delle città continuano a esistere proteste visive, scritte contro la guerra e graffiti che dimostrano come l’animo umano sia irreprimibile.

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Siria, dopo il terremoto si fa sempre più grave la crisi alimentare

I movimenti tellurici che a febbraio hanno causato devastazione nel Paese e in Turchia, hanno aggravato una situazione già molto delicata. Il Nord-Ovest del territorio è vittima di una carestia in costante aumento ormai da anni; le Nazioni Unite hanno stimato che a fine 2022 ben il 70% della popolazione della Regione si trovava in condizioni di insicurezza alimentare. Nonostante la gravità della crisi, gli aiuti umanitari e le razioni di alimenti di base continuano a diminuire. In questo modo, un siriano su due non ha accesso a un’alimentazione adeguata per la sopravvivenza.

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L’incertezza di Taiwan, tra mobilitazioni e un traballante status quo

L’isola nel Mar Cinese Meridionale è alle prese con le annuali esercitazioni militari Han Kuang. Ciò avviene a un mese dalla visita della presidente Tsai Ing-wen in USA. Taipei è stretta tra l’espansione delle due sfere d’influenza delle superpotenze nel Pacifico. Raccontiamo un Paese scosso dalla guerra in Ucraina e dai dubbi sul proprio futuro: data la crescente pressione della RPC, il sostegno di Washington non sembra scontato in caso di conflitto. Infine, il valore strategico dell’industria di Taipei rischia di non poter garantire stabilità e autonomia come in passato.

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Francia, più repressiva e brutale la risposta dello Stato alle proteste

Nel corso delle manifestazioni contro la riforma delle pensioni si è vista una reazione particolarmente dura da parte delle forze dell’ordine. Questo sembra derivare dall’assunzione di un modello molto più rigido di mantenimento dell’ordine pubblico, volto a impedire le proteste piuttosto che a facilitarne il regolare svolgimento. Alla luce dell’attuale momento storico in cui è messa in discussione la forma stessa della democrazia rappresentativa, appare fondamentale ripensare a come gestire il mantenimento dell’ordine pubblico bilanciando l’uso della forza col rispetto delle libertà individuali.

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Turchia al voto, lo sguardo del mondo e l’autoritarismo di Erdoğan

Si accendono i riflettori sulla chiamata alle urne per scegliere il presidente turco: l’evento politico ha una risonanza globale, considerando l’importanza del Paese a livello geopolitico. Lo scontro, dall’esito incerto, è tra Erdoğan e il leader dell’opposizione Kılıçdaroğlu. Al centro della contesa c’è la guida di una nazione indebolita sul fronte delle istituzioni democratiche, dei diritti umani e delle libertà civili. Con una crisi economica pesante e l’ambizione di avere un ruolo da protagonista nel Mediterraneo, in Siria e come membro Nato, lo Stato turco affronta una tornata elettorale cruciale e complessa.

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Nigeria, una crisi umanitaria conseguenza dell’industria petrolifera

L’industria petrolifera nigeriana, sebbene rappresenti gran parte della ricchezza del Paese, è anche motivo di disastri ambientali, fonte di violenti disordini e oggetto di diverse cause legali. Infatti, i numerosi sversamenti avvenuti nel corso degli anni hanno devastato l’ecosistema della Regione del Delta e ora, a causa del crollo della produzione, le cinque compagnie energetiche principali operanti nel Paese hanno manifestato l’intenzione di svendere numerosi giacimenti. Ma i cittadini chiedono di essere risarciti per i danni ambientali subiti e il ripristino dell’ambiente allo stato originario.

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Il dopo terremoto porta ostilità tra rifugiati siriani e comunità turca

Nelle zone colpite dai sismi dello scorso 6 febbraio, la situazione è critica: le difficoltà, in un territorio già provato dalla guerra, sono innumerevoli e le note tensioni tra la popolazione turca e quella siriana non aiutano. Tramite testimonianze, è stato possibile documentare episodi di aggressioni, incitazione all’odio, insulti razzisti e discriminazioni nei confronti dei profughi, incolpati di tutto, persino del drammatico evento naturale. I siriani in territorio turco non si sentono protetti dalle autorità e hanno paura. In vista delle prossime elezioni, si teme un peggioramento.

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Migrazione: Messico, India, Africa; storie di donne che rimangono

Per ogni uomo che emigra, ci sono donne che restano nel Paese di origine. Attendono di ricevere le rimesse dall’estero, a volte per mesi. Fanno da padre e da madre a bambini che devono imparare una nuova quotidianità fatta di assenza della figura paterna. Come raccontato dagli autori del progetto Women Who Stay che documenta l’altra faccia della medaglia della migrazione, le donne si ritrovano spesso a dover comunque lavorare per migliorare la loro condizione, aggravando il carico delle loro responsabilità, o a dover decidere di emigrare per seguire i mariti. Ci vuole coraggio anche a restare.

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Irlanda del Nord, una ferita aperta e una società ancora segregata

Nel Paese la violenza politica è, fortunatamente, rara ma le tensioni tra Lealisti e Repubblicani sono significative. Parlare di politica o religione in pubblico può dare adito a situazioni pericolose considerato che un lungo periodo, tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta, è stato segnato da scontri violenti e bombe tra i Cattolici, favorevoli ad un’Irlanda unita, e i Protestanti che volevano che l’Irlanda del Nord rimanesse nel Regno Unito. La Brexit ha introdotto elementi di instabilità nel quadro complessivo e c’è il timore che i gruppi paramilitari possano tornare ad utilizzare metodi violenti.

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