Ecuador, attivisti contro Governo: no allo sfruttamento petrolifero

Nonostante la vittoria alle urne riportata lo scorso 20 agosto, in cui la maggioranza ha votato “sì” alla tutela della foresta amazzonica dalle trivellazioni di combustibili fossili, sembra che il Governo stia rinnegando questo risultato. Il presidente ecuadoriano ha infatti affermato di non voler arrestare la produzione del giacimento petrolifero del Blocco 43. Dall’altro lato, gli attivisti climatici hanno annunciato la volontà di vigiliare sul rispetto del mandato popolare. I timori per l’economia, da sempre dipendente dalle estrazioni, si scontrano apertamente con il rispetto del risultato referendario.

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Ambiente, la carbon border tax voluta dall’UE danneggia l’Africa

Il prossimo ottobre entrerà in vigore una nuova legge europea che impone la prima tassa al mondo sul carbonio alla frontiera. Si tratta di un’imposta sulle emissioni di gas a effetto serra e mira a incoraggiare le aziende verso metodi di produzione ecologici. Eppure, non tutti i Paesi del mondo l’hanno accolta all’unanimità. Ad esempio, nel Sud globale viene vista come una misura di protezione dell’industria che avrà ripercussioni negative sul Continente africano. Attraverso la differenziazione dei mercati, insieme a finanziamenti idonei, i Paesi africani riuscirebbero in parte ad arginare il problema.

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Nigeria, la vita dei civili stravolta da esercito locale e Boko Haram

Dall’inizio del conflitto jihadista nel 2010, oltre 2,5 milioni di civili sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni causando un crollo dell’economia rurale. The New Humanitarian e VICE News hanno condotto indagini per oltre un anno e tutte hanno testimoniato violazioni del diritto umanitario internazionale da parte dei militari. Boko Haram impone severi controlli nelle zone che occupa e in caso si infrangano le regole si viene puniti severamente. Ma, sebbene molti vadano via, tanti altri restano per timore. Per esempio, per paura di essere spediti nella prigione di Giwa Barracks.

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Migranti siriani bloccati in Sudan, unica via d’uscita le rotte illegali

Dall’inizio dei combattimenti sono quasi 90.000 i siriani bloccati nel Paese dal conflitto armato. Come testimoniano gli intervistati, è risultato quasi impossibile usufruire dei voli di rimpatrio promessi dal Governo a proprie spese. La società aerea di bandiera – già accusata di pratiche illegali – pare abbia imposto il pagamento di grosse tangenti per l’inserimento nella lista passeggeri. Ma, se da un lato molti fanno di tutto per tornare a casa, tanti altri hanno paura di rientrare per timore di essere arruolati nel servizio militare che in Siria può durare anche diversi anni.

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Russia, il timore della repressione frena chi si oppone alla guerra

Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, in tanti si chiedono il motivo per cui anche gli oppositori russi non scendano in piazza a protestare contro la guerra. Le ragioni sono tante e tra queste troviamo non solo gli arresti ma anche la presenza di sistemi di tracciamento elettronico e il fatto che le proteste in realtà sono controproducenti per l’individuo su vari livelli. Eppure, nonostante la presenza di uno Stato repressivo e totalitario, per le strade delle città continuano a esistere proteste visive, scritte contro la guerra e graffiti che dimostrano come l’animo umano sia irreprimibile.

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Siria, dopo il terremoto si fa sempre più grave la crisi alimentare

I movimenti tellurici che a febbraio hanno causato devastazione nel Paese e in Turchia, hanno aggravato una situazione già molto delicata. Il Nord-Ovest del territorio è vittima di una carestia in costante aumento ormai da anni; le Nazioni Unite hanno stimato che a fine 2022 ben il 70% della popolazione della Regione si trovava in condizioni di insicurezza alimentare. Nonostante la gravità della crisi, gli aiuti umanitari e le razioni di alimenti di base continuano a diminuire. In questo modo, un siriano su due non ha accesso a un’alimentazione adeguata per la sopravvivenza.

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L’incertezza di Taiwan, tra mobilitazioni e un traballante status quo

L’isola nel Mar Cinese Meridionale è alle prese con le annuali esercitazioni militari Han Kuang. Ciò avviene a un mese dalla visita della presidente Tsai Ing-wen in USA. Taipei è stretta tra l’espansione delle due sfere d’influenza delle superpotenze nel Pacifico. Raccontiamo un Paese scosso dalla guerra in Ucraina e dai dubbi sul proprio futuro: data la crescente pressione della RPC, il sostegno di Washington non sembra scontato in caso di conflitto. Infine, il valore strategico dell’industria di Taipei rischia di non poter garantire stabilità e autonomia come in passato.

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Francia, più repressiva e brutale la risposta dello Stato alle proteste

Nel corso delle manifestazioni contro la riforma delle pensioni si è vista una reazione particolarmente dura da parte delle forze dell’ordine. Questo sembra derivare dall’assunzione di un modello molto più rigido di mantenimento dell’ordine pubblico, volto a impedire le proteste piuttosto che a facilitarne il regolare svolgimento. Alla luce dell’attuale momento storico in cui è messa in discussione la forma stessa della democrazia rappresentativa, appare fondamentale ripensare a come gestire il mantenimento dell’ordine pubblico bilanciando l’uso della forza col rispetto delle libertà individuali.

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Turchia al voto, lo sguardo del mondo e l’autoritarismo di Erdoğan

Si accendono i riflettori sulla chiamata alle urne per scegliere il presidente turco: l’evento politico ha una risonanza globale, considerando l’importanza del Paese a livello geopolitico. Lo scontro, dall’esito incerto, è tra Erdoğan e il leader dell’opposizione Kılıçdaroğlu. Al centro della contesa c’è la guida di una nazione indebolita sul fronte delle istituzioni democratiche, dei diritti umani e delle libertà civili. Con una crisi economica pesante e l’ambizione di avere un ruolo da protagonista nel Mediterraneo, in Siria e come membro Nato, lo Stato turco affronta una tornata elettorale cruciale e complessa.

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Nigeria, una crisi umanitaria conseguenza dell’industria petrolifera

L’industria petrolifera nigeriana, sebbene rappresenti gran parte della ricchezza del Paese, è anche motivo di disastri ambientali, fonte di violenti disordini e oggetto di diverse cause legali. Infatti, i numerosi sversamenti avvenuti nel corso degli anni hanno devastato l’ecosistema della Regione del Delta e ora, a causa del crollo della produzione, le cinque compagnie energetiche principali operanti nel Paese hanno manifestato l’intenzione di svendere numerosi giacimenti. Ma i cittadini chiedono di essere risarciti per i danni ambientali subiti e il ripristino dell’ambiente allo stato originario.

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