Africa

L’informazione che riguarda il continente africano è fatta di anomalie. In Italia se ne parla troppo poco, se ne parla perlopiù quando succedono eventi straordinari – conflitti, carestie, genocidi – spacciandoli per ordinari. Se ne parla avendo già in mente prospettive di analisi dei fatti legate a stereotipi e luoghi comuni. Il nostro obiettivo è di dare spazio a un’Africa “normale”. Fatta di successi e insuccessi, di situazioni vergognose o di quelle che indicano lo sviluppo e la crescita del continente, di leader e gente cosiddetta comune. Per aiutare tutti noi a capire – indirettamente – le radici del fenomeno migratorio, ma anche le economie e le relazioni di potere del pianeta.

Ghana, il patriarcato impera: poche donne su cattedre universitarie

Da un rapporto dell’UNESCO è emerso che globalmente gli uomini sono maggiormente presenti nell’ambito dell’istruzione terziaria. I dati dimostrano che meno di 2 accademici senior su 5 e meno del 30% dei ricercatori mondiali sono donne. Il Ghana, seppure abbia compiuto progressi nel campo della parità di genere e dell’inclusione, non lo ha fatto nel settore dell’istruzione superiore. La questione risiede principalmente nell’esistenza di idee radicate che evocano stereotipi di genere limitanti per le donne. Per cambiare rotta sono necessarie politiche trasparenti che incidano sul cambiamento di visione.

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Nigeria, diritti delle donne riconosciuti solo sulla carta, non nei fatti

Nonostante le norme internazionali e le leggi della Costituzione nigeriana prevedano la tutela dei diritti delle donne, nel Paese dell’Africa occidentale spesso questi non vengono messi in pratica. Ciò accade in vari campi della sfera pubblica e privata: l’istruzione, la violenza di genere, la politica, la salute materna, le risorse economiche che le donne hanno a disposizione. Il nuovo Governo dovrebbe agire subito per permettere alle cittadine e ai cittadini nigeriani di avere pari opportunità in ogni ambito e far sì che le leggi a tutela delle donne e delle madri vengano applicate davvero.

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Tunisia, una politica discriminatoria verso i migranti sub-sahariani

Le recenti dichiarazioni di stampo razzista del presidente tunisino Saied sui migranti provenienti dall’area occidentale del Continente hanno destato scalpore in tutto il mondo. Il Paese maghrebino non rappresenta però un’eccezione nel panorama internazionale in quanto a politiche migratorie basate sulla discriminazione: vi sono infatti elementi comuni a nazioni lontane e diverse – come disoccupazione giovanile, crisi economica, tensioni sociali – che portano alla colpevolizzazione dei migranti, i quali finiscono per diventare i capri espiatori di problemi interni che i Governi non riescono a risolvere.

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Migrazioni, così la Germania agevola la fuga dei cervelli dall’Africa

Il Governo tedesco ha proposto un progetto riguardante l’apertura di centri per la migrazione in cinque Paesi del Continente volto a offrire a determinate categorie l’opportunità di trasferirsi sul suolo tedesco. Marocco, Tunisia, Egitto, Ghana e Nigeria sono i Paesi finora presi in considerazione. Tuttavia dietro questa “cultura dell’accoglienza” si cela una ragione tutt’altro che umanitaria. Il piano finirà infatti per aumentare la carenza di manodopera qualificata a cui molti Paesi africani fanno fronte e si ripercuoterà su questi ultimi per i quali sarebbe molto più vantaggiosa una migrazione circolare.

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Tigray, minoranze etniche a rischio nonostante gli accordi di pace

A più di 24 mesi dallo scoppio della guerra nel Tigray, il futuro dei rifugiati che sono stati costretti con la forza a fuggire è ancora incerto. Essi non credono più nella sicurezza, nella protezione e nella rappresentanza politica una volta rientrati nel loro Paese. Il timore inoltre è che la vicina Eritrea continui la sua occupazione e cancelli le comunità minoritarie tramite l’istituzione di una zona cuscinetto militare sugli altipiani strategici. Pertanto, alcuni gruppi politici minoritari si sono uniti in una coalizione federalista insieme al TPLF al fine di proteggere le loro diversità.

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RD Congo, il conflitto con l’M23 è anche guerra di informazione

Il massacro dello scorso novembre a Kishishe, un piccolo villaggio nella Repubblica Democratica del Congo, ha scatenato numerose polemiche. Si è trattato infatti di una rappresaglia condotta dai ribelli del Movimento 23 marzo (M23) in cui avrebbero perso la vita un numero imprecisato di civili. Un episodio che accende i riflettori sulla questione della veridicità delle narrazioni di guerra da parte delle fazioni opposte, che in questo caso sono legate l’una all’M23 e al Ruanda e l’altra al Governo congolese. E sulla necessità di una più profonda comprensione di tre decenni di ostilità ricorrenti nel Paese.

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Uganda: rifugiati, cominciano a scarseggiare cibo e aiuti umanitari

Il Paese dell’Africa orientale è la regione con più rifugiati di tutto il Continente, arrivando a contare quasi 1,5 milioni di persone che arrivano da altre zone dilaniate dalla guerra. Ma sebbene la risposta riguardo l’accoglienza dei migranti sia sempre stata apprezzata a livello internazionale, ora gli sforzi compiuti sono minacciati dai tagli ai finanziamenti. A ciò si aggiungono le carestie, con ripercussioni in molti ambiti, tra cui quello dell’istruzione. In questo modo nel corso degli anni molti profughi hanno deciso di tornare nel loro Paese, mettendo a repentaglio la sicurezza personale e delle loro famiglie.

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Nigeria, donne vittime del legame traumatico, il 48% subisce abusi

La violenza domestica è un problema di salute pubblica in molti Paesi del mondo. In particolare, in Africa sub-sahariana una donna su tre, tra i 15 e i 49 anni, ha subìto una qualche forma di violenza da parte del proprio compagno. Nello studio oggetto di questo articolo sono stati analizzati i motivi per cui alcune di esse portano avanti le relazioni nonostante il loro partner violento. Una delle risposte potrebbe essere trovata infatti nel ruolo del legame traumatico e dell’empatia. A partire da questo, le azioni collaborative tra individui, comunità e Governi possono rivelarsi essenziali per affrontare la questione.

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Le politiche migratorie dell’Europa limitano la mobilità dall’Africa

Anche alla luce dei fatti più recenti, che hanno visto l’Italia rifiutarsi di autorizzare uno sbarco di migranti, acquisisce particolare rilevanza un’analisi critica delle politiche migratorie dell’UE. Laddove i Governi europei dichiarano di voler “evitare” che le persone intraprendano viaggi migratori lunghi e travagliati, di fatto non mettono in pratica nessuna azione per aprire corridoi umanitari legali e sicuri, soprattutto per chi parte dall’Africa. Il razzismo verso chi ha la pelle di colore scuro sembra proprio plasmare queste politiche per la “gestione” dei flussi migratori.

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Zimbabwe, violenza di genere è strumento di repressione politica

In questo Paese dell’Africa meridionale sono ancora troppe le attiviste e le donne in politica vittime di violenza sessuale e di genere. Il problema risiede nel persistere di un clima politico sfavorevole ma soprattutto nella presenza di uomini al potere con visioni conservatrici e patriarcali, al punto da ritenere che le donne possano fare carriera in politica solo vendendo il loro corpo. Da qui la nascita di violenze psicologiche e verbali sia in Rete che nella vita reale. Tutto questo rappresenta un ostacolo enorme per le donne ma anche una minaccia all’uguaglianza di genere.

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