Nelle raccomandazioni che l’UNHCR ha inviato all’Italia prima delle elezioni del 25 settembre scorso, pubblicate in un documento ufficiale, si legge al punto 5 il monito affinché il nuovo Governo mantenga un ruolo guida nei canali legali e regolari per i rifugiati, spiegando: “Garantire vie di accesso sicure costituisce un efficace strumento di mitigazione del rischio che i rifugiati intraprendano viaggi pericolosi alla ricerca di un luogo sicuro, e di contrasto alle organizzazioni dedite al traffico e alla tratta di esseri umani“.
C’è un riferimento esplicito, quindi, all’impegno importante e non prorogabile per contrastare il fenomeno della tratta di persone, definita dal Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine transnazionale organizzato come:
il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o l’accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di uso della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, dando oppure ricevendo somme di denaro o benefici al fine di ottenere il consenso di un soggetto che ha il controllo su un’altra persona, per fini di sfruttamento.
La tratta di esseri umani, purtroppo, non risparmia il nostro Paese, dove il fenomeno risulta ancora diffuso in maniera rilevante. Secondo i dati ufficiali del Dipartimento per le Pari Opportunità, i casi emersi e assistiti nel 2021 dal Sistema Anti-Tratta risultano essere complessivamente 1.911, con 706 nuove prese in carico nel corso dell’anno.
La maggior parte delle vittime è di sesso femminile (75,6%), mentre i minori rappresentano il 3,3% del totale. Tra le persone assistite, la forma di sfruttamento prevalente è quella sessuale (48,9%), seguita dallo sfruttamento lavorativo (18,8%). Le vittime provengono prevalentemente dalla Nigeria e, in percentuali minori ma in crescita, da Pakistan, Marocco, Gambia e Costa d’Avorio.
A fornire questa sintesi dell’attuale situazione – con numeri al ribasso che non tengono conto dei casi “sommersi” e che purtroppo restano invisibili – è stata la dottoressa Pia Cantini, responsabile del dipartimento Protezione infanzia di Save the Children.
Parlando con Voci Globali, ha messo in evidenza come l’anello forte della tratta sia “un sistema organizzativo capillare che adoperano i trafficanti, con connessioni in diversi territori che consentono di attuare un controllo costante sulle vittime e sui loro movimenti. Una rete che vede collegamenti anche con i Paesi di origine e sfrutta una condizione di povertà estrema e fragilità”.
La vulnerabilità di persone con percorsi di vita disperati, segnati da bisogni primari non soddisfatti e senza strumenti per la più basilare emancipazione sociale, personale ed economica, è alla radice del meccanismo della tratta. Rodolfo Mesaroli, direttore scientifico di CivicoZero Onlus, società cooperativa con sede a Roma, ci ha fornito una fotografia delle vittime minorenni e dello spietato meccanismo di adescamento:
Sono ragazze e ragazzi provenienti da diversi Paesi, principalmente sub-sahariani. Per quanto riguarda i ragazzi, vi sono dei singoli casi di tratta, ma il fenomeno non assume dimensioni strutturali come invece è per le ragazze. Spesso queste ultime non hanno nulla da perdere e il disorientamento le porta a riporre fiducia nella prima persona che si trovano davanti.
Queste persone coprono un ruolo salvifico e ritornano a fasi alterne nella vita delle ragazze: chi l’ha fatta uscire dal Paese, chi ha “sbloccato” una situazione durante il viaggio, chi ha permesso loro di arrivare in Italia. Attraverso queste persone, la ragazza impara che l’unico elemento che può determinare un cambiamento è una figura, tendenzialmente maschile, che ne facilita un passaggio da un luogo all’altro, da una condizione a un’altra. La loro capacità di autodeterminazione e la capacità “volitiva” sono sospese, se non del tutto annullate.
Povertà strutturali o improvvise, derivate da lutti, famiglie problematiche, incidenti, incapacità dei genitori di lavorare rendono ragazzi e ragazze manipolabili, deboli, disposti a tutto: “ciò che si lasciano alle spalle è comunque peggio di ciò che potrebbe loro accadere”, ha sintetizzato Mesaroli.
Una parola accomuna le vittime della tratta: l’inganno. Anche questo spesso rientra in un vero e proprio meccanismo, come spiegato dal direttore di CivicoZero: “Un parente, un genitore o un compagno sfruttano ed esercitano il proprio potere su una ragazza. A un certo punto la figura sfruttante propone un “upgrade”, trasformando la donna maltrattata in “procacciatrice” di vittime. Un esempio è ciò che avviene all’interno dei canali di tratta delle nigeriane: le madame propongono alle donne sfruttate l’estinzione del debito contratto durante il viaggio in cambio del loro impegno a trovare altre ragazze da sfruttare. Ecco che la vittima diventa una “mini-madama.””
Una catena di sofferenza che genera traumi profondi. Le testimonianze di alcune vittime sono eloquenti al riguardo: “quando sono arrivata, lei [madama] mi ha detto che dovevo iniziare a prostituirmi per poterle rimborsare i suoi soldi, quelli che lei aveva speso per portarmi qui….” o ancora: “il giorno più brutto della mia vita l’ho vissuto in Italia, è stato quando un uomo è venuto nella casa della madama per farmi perdere la verginità. Provavo molto dolore e non c’era nessuno ad aiutarmi. Il giorno dopo ho dovuto seguire la madama in strada…”.
E non ci sono soltanto donne nella trappola della tratta sessuale. Lo ha raccontato a Voci Globali Luca Scopetti, con una lunga esperienza di assistente sociale alla Parsec Cooperativa Sociale. Lo sfruttamento sessuale è senza dubbio il primo osservato e conosciuto, ma ora anche quello lavorativo ha numeri crescenti. Ne abbiamo parlato anche in un nostro precedente articolo, con un focus sulle condizioni di donne braccianti e badanti in Italia.
Scopetti si è soffermato sulla eterogenea composizione di persone vittime dei trafficanti:
Vengono adescate tutte le persone che possono portare profitto alle organizzazioni criminali. Donne e minori sono i più vulnerabili, scelti primariamente, magari per maggiore facilità di adescamento… adescare un minore in un altro Paese promettendogli guadagni in Italia è facile, talvolta coinvolgendo le famiglie stesse, con false o impossibili promesse di guadagni…ma ci sono anche soggetti di categorie più particolari, che rientrano in casistiche più piccole, che meritano attenzione.
Si tratta di chi ha bisogni e specificità peculiari, come, all’interno del circuito della prostituzione, le transgender dell’America Latina, che rappresentano il 15-18% degli sfruttati sessualmente. Anche le persone con forme di disabilità sono vittime importanti nella tratta per l’accattonaggio… ci sono gli analfabeti, che per gravi carenze conoscitive restano fuori da un circuito sociale e quindi rimangono legati alla tratta per più tempo.
E poi c’è il legame “sporco” tra le normative sull’immigrazione e l’accoglienza in Italia e in Europa e l’attività dei trafficanti di persone. Scopetti ha sottolineato che le organizzazioni criminali da un po’ di anni sfruttano i percorsi dei richiedenti asilo, in modo che lo spostamento da un punto all’altro non avvenga sotto il loro mandato diretto, ma nell’autonomia del migrante: le persone lasciano il loro Paese e fanno ingresso in Italia tramite le rotte africana o balcanica e poi sono “riacciuffate” dalle organizzazioni criminali della tratta, con meno rischi per i trafficanti perché il viaggio non deve essere organizzato da loro.
La dottoressa Cantini ha spiegato che, per esempio,”il sistema di accoglienza italiano, con centri di grandi dimensioni, può rappresentare un fattore di rischio rispetto all’adescamento di giovani donne già presenti in Italia. Per quanto riguarda le minorenni il sistema di protezione e accoglienza non riesce a garantire adeguata protezione dalle organizzazioni criminali che gestiscono i vari passaggi in Italia.”
Il fenomeno è così sofisticato da essersi adeguato anche alle severe restrizioni della pandemia, aggiungendo nuovi allarmi per l’invisibilità dei casi. Pia Cantini ci ha ricordato, infatti, che l’e-trafficking è una minaccia crescente:
Le organizzazioni criminali attive nel traffico di esseri umani si sono adattate alle restrizioni della mobilità transnazionale imposte dal contenimento della pandemia, utilizzando sempre di più lo sfruttamento sessuale indoor e i canali alternativi, come gli ambienti digitali, creando un vero e proprio sistema di e-trafficking. I minori rischiano di essere più facilmente adescati online. Solo lo scorso anno in Italia sono stati registrati 5.316 casi di pedopornografia trattati dalla Polizia Postale, con un aumento del 47% rispetto al 2020, e 531 minori vittime di adescamento online.
Lo ha ricordato anche il dottor Mesaroli: il relativo lockdown ha fatto sì che chi gestisce la tratta portasse il guadagno e lo sfruttamento dalla strada al chiuso e online. Siti, canali Telegram e circuiti quasi irrintracciabili ormai sono i canali preferenziali sia per l’adescamento, sia per il consumo.
Senza tralasciare il re-trafficking, come ricordato dalla dottoressa Cantini:
Sono sempre di più le vittime che dopo essere uscite dal sistema anti-tratta ricadono nelle reti di vecchi o nuovi aguzzini. In Italia, la crisi economica insieme all’eccessiva burocrazia che caratterizza i percorsi di integrazione e la marginalità in cui vivono le vittime, favoriscono la ricaduta nella medesima o in altre forme di sfruttamento, con un impatto devastante sul nuovo progetto di vita personale intrapreso.
Da sottolineare, inoltre, che nella nostra società agiscono organizzazioni criminali ormai forti, legate al territorio, che alimentano la cosiddetta piramide della criminalità, come l’ha chiamata il dottor Scopetti: la tratta degli esseri umani è usata per produrre liquidità e per aumentare contatti con altre attività, in modo da rafforzarsi in una sorta di rete.
I soldi ottenuti sono re-investiti in parte in altre economie illegali come l’import/export di sostanze stupefacenti o il traffico armi. Tratta, sostanze, armi sono una piramide, con la liquidità del piano inferiore che serve per foraggiare quello che sta ai livelli superiori.
Esistono vie di uscita e con quale impegno da parte di istituzioni, Governo, società? Nel rapporto “Piccoli Schiavi Invisibili” vengono elencate alcune raccomandazioni, delle quali la dottoressa Cantini ci ha ricordato:
Chiudere il prima possibile la fase di approvazione e dare immediata attuazione al Piano Nazionale Anti-tratta, con particolare riferimento alle misure dedicate alle vittime minorenni; garantire il monitoraggio indipendente dei diritti dei e delle minori alle frontiere terrestri; rafforzare gli strumenti di monitoraggio e conoscenza dell’e-trafficking e dello sfruttamento indoor.
Luca Scopetti ha offerto ulteriori suggerimenti alla politica: il tema va innanzitutto trattato in modo transnazionale, collaborando con i Paesi confinanti e quelli di partenza, considerando che, per esempio, solo a Roma sono 37 le nazionalità delle vittime di tratta. Poi occorre un’opera di sensibilizzazione delle istituzioni, visto “che alcuni decisori politici locali hanno sottostimato o negato il tema” e servirebbe trasformare i progetti istituzionali a favore della lotta alla tratta in servizi, dando più stabilità agli interventi, senza “fare dei bandi ogni 3 anni”.
Richieste importanti, alle quali le istituzioni e la politica dovrebbero dare risposte. Per questo, il Governo italiano è chiamato a interventi mirati e lungimiranti su questi temi, nei quali difesa dei diritti umani ed emancipazione della società, in termini di giustizia e sicurezza, si intrecciano.