19 Aprile 2024

“Africa connected”, il continente che cresce grazie a Internet

L’Africa parla anche con le sue storie belle. Lo fa sempre di più anche grazie ad uno strumento, Internet. Uno strumento che da una parte divide ed evidenzia un enorme gap tra le classi sociali – non a caso è definito digital divide – dall’altro apre nuove frontiere a chi ha possibilità di accedere alla Rete.

Il gigante Google ha deciso di cavalcare quest’onda con un progetto che mira a dare spazio e visibilità a chi, in Africa, sta dimostrando di saper fare di Internet un uso intelligente e creativo. E di averlo usato per cambiare e migliorare il proprio business, le proprie competenze, la propria vita. E anche quella di coloro che gli vivono intorno. “Africa connected” cerca ispirazioni e dà ispirazione. Può parteciparvi chiunque, che viva nel continente, abbia storie di successo legate al web. Storie da condividere, e ispirare così anche altri.

Alcune storie sono già state raccolte su un canale You Tube. Come quella di Noel Tadegnon, giornalista free lance in Togo che è riuscito a farsi conoscere worldwide proprio facendo girare i suoi servizi video on line.

O quella di Naa Quartey, che dal Ghana ha avviato un commercio on line e ora vende le sue creazioni tradizionali in vari Paesi all’estero.

Per lanciare ed evidenziare questo progetto (timeline, 31 ottobre), Google si affida a partnership “istituzionali” come l’UNDP (Programma di sviluppo delle Nazioni Unite), ma anche a mass media locali.

Certo non può sfuggire il carattere elitario di tale progetto, ma non poteva essere altrimenti. Chi usa Internet – ma soprattutto chi sa usare blog, software, applicazioni e quant’altro – è già una “categoria” privilegiata di africani. Avanti nelle competenze, sulla scala sociale e dunque lanciata verso potenzialità e successi futuri.

In Africa solo il 7,8% delle famiglie ha un computer in casa (stime 2012) e solo il 16,3% è la percentuale della popolazione che usa Internet (stime 2013). Le posizioni peggiori sono quelle di Paesi dell’Africa sub-Sahariana. Dati accurati (fermi al 2010) dicono che in 20.98 su 100 usano Internet in Kenia, 16 in Senegal, 11 in Tanzania, 10 in Angola… Percentuali più basse in Guinea (0.9), Niger (0.83), la Repubblica Democratica del Congo (0.72), la Liberia (0.07)…

Il continente africano continua comunque ad essere in cima ai dati di crescita di Internet nell’ambito dei Paesi in via di sviluppo – nel periodo 2006-2010 la crescita nell’area sub-sahariana è stata del 35% – ma le disparità sono molte, da Paese a Paese e tra le varie fasce della popolazione.

I problemi maggiori rimangono lo stato di indigenza di larghi strati sociali che, oltre a non avere le competenze, non possono permettersi né un laptop, né di usare Internet nei luoghi pubblici. Ci sono poi difficoltà tecniche, come la difficoltà di connessione, la mancanza – del tutto o per alcune ore al giorno – di elettricità, gli alti costi di connessione (le tariffe più basse in Sud Africa, quelle più alte in Ghana, Niger, Mali). E ancora, la carenza del cablaggio, dell’uso delle fibre ottiche, il monopolio di alcune infrastruture. Dati e problematiche raccolte in uno studio pubblicato nel marzo 3013 a cura dell’ITU.

Si parlerà anche di queste problematiche a Kigali, in Rwanda, dal 28 al 31 ottobre prossimo. La capitale rwandese ospiterà “Transform Africa“. Tre giorni di incontri – istituzioni internazionali, innovatori, aziende, leader del settore – per capire e pensare a come migliorare e diffondere l’uso della Rete. Speriamo non solo per il vantaggio delle imprese e del profitto, ma delle persone. Davvero.

Antonella Sinopoli

Giornalista professionista. Per anni redattore e responsabile di sede all'AdnKronos. Scrive di Africa anche su Nigrizia, Valigia Blu, Ghanaway, e all'occasione su altre riviste specializzate. Si interessa e scrive di questioni che riguardano il continente africano, di diritti umani, questioni sociali, letteratura e poesia africana. Ha viaggiato molto prima di fermarsi in Ghana e decidere di ripartire da lì. Ma continua ad esplorare, in uno stato di celata, perenne inquietudine. Direttore responsabile di Voci Globali. Fondatrice del progetto AfroWomenPoetry. Co-fondatrice e coordinatrice del progetto OneGlobalVoice, Uniti e Unici nel valore della diversità.

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