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MENA, è online la nuova violenza di Stato contro le persone LGBT

Tra le notizie di questo mese: il Parlamento italiano istituisce una Commissione (permanente) bicamerale d’inchiesta sul femminicidio e ogni forma di violenza di genere. I leader africani si uniscono nella lotta all’AIDS pediatrico. L’Australia boccia la proposta di realizzare una miniera di carbone a poche miglia dalla Grande barriera corallina. Il Centro iraniano per i diritti umani denuncia la repressione di Teheran contro i medici, rei di curare i manifestanti feriti. Israele approva legge volta a revocare la cittadinanza ai detenuti per terrorismo ovvero alle persone riceventi finanziamenti dall’ANP.

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Giustizia sociale e ambientale, due facce della stessa medaglia

La Giornata Mondiale per la Giustizia Sociale richiama l’attenzione su temi come l’accesso a un lavoro dignitoso, alla salute e a tutte le dimensioni che la riguardano. Eppure, alla luce dei grandi cambiamenti ambientali dei nostri tempi, la giustizia sociale si lega a quella ambientale, al divario sociale che è allargato e inasprito dalla crisi climatica, lasciando ricadere sui Paesi più poveri il peso maggiore. L’approccio integrato dell’ecologia integrale, in questo panorama, offre una visione interconnessa tra le due giustizie, in cui l’una è soluzione e modello per l’altra, e viceversa.

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I Paesi eurasiatici dove la legge consente l’impunità agli stupratori

Da un rapporto pubblicato da Equality Now, si evince che in Georgia, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan vigono leggi sullo stupro obsolete e improntate agli stereotipi di genere. In queste nazioni se non si dimostra che la violenza sia avvenuta attraverso l’uso di forza fisica, gli stupratori godono del diritto di impunità o comunque il reato viene trattato come un crimine meno grave. Diverso è il caso dell’Ucraina che, sebbene condividesse questa normativa in passato, oggi è l’unico Paese dell’Eurasia ad essersi adeguato agli standard internazionali sui diritti umani, modificando la definizione di stupro.

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Perù, le proteste guidate dagli indigeni scuotono il Paese in crisi

Le proteste che negli ultimi mesi hanno infiammato le strade dello Stato dell’America Latina si sono scatenate dopo la destituzione del presidente Castillo per impeachment da parte del Congresso. Però, questa mobilitazione su larga scala della popolazione indigena ha le sue motivazioni in una storia di lunga data che riguarda le divisioni che spaccano in due il Paese sul piano economico, sociale, politico ed etnico. In questa fragilità trovano terreno fertile le ingerenze di nazioni limitrofe, come la Bolivia, interessate a esercitare in qualche modo il potere orientando le proteste verso la violenza.

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Sarajevo, la seconda vita del rock ex-yu, il racconto di Amir Misirlić

Nonostante la dissoluzione della RSFJ come realtà politica, nella regione l’eredità culturale prodotta durante il periodo socialista è ancora molto popolare nelle ex-repubbliche. La città nei decenni si è distinta per il suo fervore artistico nel campo della musica. Oggi, i giovani bosniaci hanno raccolto il testimone riproponendo in chiave creativa gli stili e i suoni immortali della musica composta durante il periodo socialista. Il celebre artista e critico musicale racconta in un’intervista a Voci Globali come la capitale è tornata ad essere il punto di riferimento per tutti i Balcani.

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“Quando il Ghana approverà la legge anti LGBTQI, sarò arrestata”

La proposta di legge anti LGBTQI del Ghana (di chiara ispirazione coloniale) rischia di essere una delle più omofobiche e transfobiche al mondo. Angel Maxine, la prima musicista ghanese apertamente transgender ne mette in evidenza le ipocrisie attraverso un video musicale pubblicato su YouTube poco dopo che il disegno di legge era trapelato online nell’estate 2021. Fortemente voluta da forze interne, ma anche esterne al Paese, la legge prevede l’incarcerazione fino a cinque o dieci anni per le persone queer, ma anche per chi le frequenta o ne difende i diritti, la “terapia di conversione” e il “dovere di denunciare”.

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Deforestazione, non saranno sufficienti i nuovi regolamenti UE

Quotidianamente tutti noi acquistiamo prodotti alimentari legati al fenomeno della deforestazione. A questo proposito, lo scorso dicembre l’Europa ha approvato un nuovo regolamento che cerca di arginare il problema attraverso il divieto imposto alle aziende di vendere prodotti realizzati su terreni disboscati. Tuttavia, questa normativa potrebbe mettere in difficoltà gli elementi più deboli delle filiere, come i piccoli agricoltori. L’articolo analizza come l’UE potrebbe avvicinarsi all’obiettivo di ridurre la deforestazione e ottenere risultati sostenibili senza incorrere in conseguenze indesiderate.

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West Bank, la politica securitaria israeliana ghettizza i palestinesi

Tra le notizie di questo mese: la Tanzania abolisce il divieto di “protesta pacifica”. L’ONU esorta gli amministratori di tutti i social media alla concreta applicazione delle politiche aziendali in materia di “hate speech”. La Grecia rimanda il processo farsa contro i soccorritori dei migranti. Greenpeace denuncia il devastante impatto climatico dei jet privati. Intanto, l’UNICEF rileva un aumento della povertà di apprendimento tra gli studenti meno abbienti. Mentre in Libano si protesta contro lo stallo delle indagini sulla nota esplosione al porto di Beirut, in Togo si chiude la Conferenza Africana sulla lotta al terrorismo.

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Afghanistan, il patriarcato e la rivoluzione solitaria delle donne

È apartheid di genere nella terra dei pasthun. I talebani sono tornati a fare i talebani, e le donne non hanno più volto e né diritti nel crocevia d’Asia riconsegnato al fondamentalismo. Contro le politiche misogine del regime si è scagliata l’indignazione della comunità internazionale. Si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà alle afghane. Loro, intanto, resistono. Da sole. Su Voci Globali, le testimonianze delle attiviste di Humanitarian Assistance for Women and Children of Afghanistan, Associazione di Solidarietà Donne per le Donne e Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane.

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Uganda: rifugiati, cominciano a scarseggiare cibo e aiuti umanitari

Il Paese dell’Africa orientale è la regione con più rifugiati di tutto il Continente, arrivando a contare quasi 1,5 milioni di persone che arrivano da altre zone dilaniate dalla guerra. Ma sebbene la risposta riguardo l’accoglienza dei migranti sia sempre stata apprezzata a livello internazionale, ora gli sforzi compiuti sono minacciati dai tagli ai finanziamenti. A ciò si aggiungono le carestie, con ripercussioni in molti ambiti, tra cui quello dell’istruzione. In questo modo nel corso degli anni molti profughi hanno deciso di tornare nel loro Paese, mettendo a repentaglio la sicurezza personale e delle loro famiglie.

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