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Uganda, ecofemministe in lotta contro l’industria petrolifera

In alcune zone del Paese le ricche risorse naturali del territorio, come il petrolio grezzo di recente scoperta, fanno gola alle grandi multinazionali. I Governi stringono accordi con le società per la cessione delle terre senza tenere in considerazione il parere delle comunità che abitano quei territori e che ne traggono sussistenza tramite l’agricoltura. Gli sfratti – senza un’adeguata successiva ricollocazione – sono molto comuni e le donne, principali responsabili del sostentamento dei gruppi famigliari, subiscono in misura maggiore le conseguenze di questi progetti di “sviluppo” senza scrupoli.

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Covid-19, a rischio la salute mentale di 332 milioni di bambini

Secondo l’Unicef, i lockdown nazionali e le restrizioni di movimento legate alla pandemia potrebbero generare gravi effetti sul benessere psicosociale di bambini e ragazzi. Intanto, la Fenacoca – organizzazione indigena – denuncia il coinvolgimento delle autorità locali nella “distruzione” dell’Amazzonia peruviana. Un report indipendente rileva la responsabilità per genocidio di Pechino in relazione agli Uiguri. Il presidente algerino ha firmato il decreto di convocazione alle urne per il 12 giugno prossimo. Mentre la Gran Bretagna sanziona 6 alti ufficiali del regime di Assad.

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Kenya, le donne raccontano il reclutamento di Al-Shabaab

Uno studio condotto da Fathima Azmiya Badurdeen della Technical University di Mombasa ha esaminato le motivazioni dietro il crescente numero di membri femminili all’interno di organizzazioni terroristiche come Al-Shabaab. Le donne intervistate – provenienti soprattutto dalla zona costiera del Kenya – hanno raccontato del reclutamento, del periodo trascorso nei campi di addestramento, dei motivi che le hanno spinte ad aderire al gruppo terroristico. In molti casi la volontà di affrancarsi da un sistema patriarcale oppressivo si affianca al desiderio di rivalsa per l’intera comunità musulmana.

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Il tabù delle mestruazioni nel mondo tra isolamento e punizioni

Secondo uno studio condotto dall’ONG Action Aid, 1 ragazza su 10 in Africa non va a scuola quando ha le mestruazioni. Ma non si tratta di un problema che riguarda solo il continente africano, anzi. In tutto il mondo la mancanza di accesso ai prodotti mestruali a prezzi accessibili, o addirittura gratuiti, continua ad avere un impatto negativo su donne e ragazze, soprattutto sulla loro educazione. Tutto ciò è accompagnato dal senso di vergogna e isolamento (anche per dettami religiosi) legato alle mestruazioni. Come si può dunque abbattere la cosiddetta povertà mestruale e il tabù che l’accompagna?

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In Africa l’agricoltura è la chiave di volta per crescita e sviluppo

Il Commissario all’Economia dell’UA ha ribadito l’importanza del settore agricolo e della blue economy per la prosperità del continente. In Cambogia, le attività illegali minacciano la foresta di Pray Lang. Il Dipartimento di Giustizia filippino riconosce, per la prima volta, il ruolo della polizia nazionale in migliaia di uccisioni illegali nella “guerra alla droga”. ONG di tutto il mondo chiedono l’embargo totale sulle armi in Myanmar dopo il golpe. In Australia, il report di una Commissione governativa rivela quanto sia grave e diffuso il fenomeno degli abusi sugli anziani nelle case di riposo.

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Palestina, l’interminabile vicolo cieco delle nuove elezioni

A distanza di ben 15 anni dall’ultimo voto, lo scorso gennaio la Commissione Centrale Elettorale palestinese ha annunciato le elezioni legislative e presidenziali, entrambe fissate per quest’anno. In un contesto sociale, politico e geografico caratterizzato dalla polarizzazione fra Hamas e Fatah e da una profonda sfiducia nei confronti di un sistema istituzionale debole e corrotto, gli esiti appaiono più incerti che mai. E la fine dell’occupazione sembra ancora più lontana. Voci Globali ne ha parlato con due attivisti palestinesi rispettivamente residenti a Gaza e nella West Bank.

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Myanmar, cronache di un golpe e di proteste coraggiose

Quello birmano è uno Stato giovane, altamente abitato e per l’88% buddhista. La storia di questa nazione è tornata – negli ultimi giorni – alla ribalta sulla gran parte dei media e canali di informazione a seguito di un colpo di stato militare. Per gli ‘addetti ai lavori’, in realtà, tristemente nulla di nuovo; i militari conservano il loro potere politico già all’indomani della dichiarazione d’indipendenza nel 1948. La gravità sta nel fatto che un tale avvenimento pare cancellare le speranze di una transizione graduale verso la democrazia e la libertà; una transizione che il partito di Aung San Suu Kyi stava faticosamente affrontando.

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Tunisia, la lotta degli LGBT per decriminalizzare l’omosessualità

In seguito alla transizione democratica e alla libertà di associazione, nel Paese nordafricano sono nate diverse associazioni per i diritti LGBT, questione che nel mondo islamico resta aperta e attuale. Alcuni avvenimenti degli anni passati hanno portato la questione all’attenzione della cronaca estera e hanno acceso nuove speranze, prontamente deluse: il nuovo presidente appoggia la linea conservatrice e i rapporti omosessuali restano legalmente perseguiti, mentre l’attenzione dei media, sia nazionali che esteri, ha portato a nuove ondate di omofobia. In questo contesto, continua la lotta delle associazioni.

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Libano, HRW sull’esplosione al porto: “equo processo” violato

A distanza di 6 mesi dalla devastante deflagrazione, che ha causato 200 morti e 6000 feriti, la giustizia libanese rimane ferma. L’Unione Africa chiede alle istituzioni somale il pronto superamento della impasse elettorale e politica persistente nel Paese. La Colombia compie un gesto di grande solidarietà riconoscendo la “protezione temporanea” ai venezuelani privi di documenti presenti sul suo territorio. Sulla “questione cipriota”, la Turchia ribadisce una soluzione a due Stati come unica via percorribile. Intanto, in Italia, le ONG ambientaliste salutano con favore la decisione del ministero dell’Ambiente di chiudere la centrale a carbone di La Spezia entro il 2021.

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Arabia Saudita, l’ombra degli abusi e violenze sui lavoratori

Lavorare come schiavi, sottoposti a violenze di ogni genere e con la certezza di non potersi muovere liberamente: questo accade nello scintillante Regno saudita arricchito – e protetto – grazie al suo petrolio. Il sistema di reclutamento della manodopera nella monarchia, formata soprattutto da stranieri, è un vergognoso meccanismo che obbliga i lavoratori ad obbedire ai loro padroni e subire ingiustizie e abusi. Ora il principe ereditario saudita ha lanciato un piano di riforme, anche sul lavoro, per dare una nuova immagine alla nazione. Ma i migranti rischiano di restare senza i diritti fondamentali.

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