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Migrazioni, l’Italia rimane la porta d’Europa. Ma poco accogliente

I migranti giungono nel nostro Paese attraverso viaggi estenuanti, via mare o via terra. Affrontano il Mediterraneo con pericolose barche o i Balcani, che d’inverno diventano un luogo gelido e inospitale. Sia lungo la rotta che una volta giunti a destinazione, si trovano in una condizione di forte vulnerabilità: infatti il sistema di accoglienza è perennemente sovraccarico e non riesce a far fronte al costante afflusso di persone. Ciò che perpetua tutto questo è la difficoltà a ottenere la protezione internazionale.

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Sudan, calamità umanitaria ormai sparita dai radar internazionali

Sono ormai oltre 200 i giorni di sangue nel Sudan che non fa più notizia. Mentre altri, altrettanto drammatici teatri di guerra s’impongono al centro dell’attenzione mediatica (e quindi politica) globale, nel cuore del continente africano “una catastrofica crisi dei diritti umani” va in scena a riflettori spenti. Almeno 10 mila morti e quella che per Unicef è la più grave crisi di sfollamento infantile del Pianeta sono il risultato di sette mesi di un conflitto brutale che si combatte senza quartiere e senza regole. Nel Darfur, a vent’anni dal genocidio, infuria la violenza etnica. L’UNHCR: “il mondo deve prestare attenzione”.

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Gaza, il giornalismo di guerra solleva nuove questioni etiche

La copertura giornalistica del conflitto israelo-palestinese implica, per reporter e fotografi, un enorme rischio per l’incolumità e anche l’attuazione di scelte etiche. Se ormai da tempo la cosidetta aggregazione dei giornalisti alle truppe costituisce una tradizione consolidata per la comunicazione rapida delle notizie dal fronte, in questo momento storico le cose sono diverse. Anche le maggiori agenzie di stampa non impiegano più giornalisti come dipendenti, ma assumono freelance di cui spesso non conoscono a fondo le attività e i contatti, che possono poi rivelarsi discutibili se non pericolosi.

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Tigray, a un anno dall’accordo di Pretoria pace tutt’altro che certa

La guerra civile che ha insanguinato il Nord dell’Etiopia tra il 2020 e il 2022 ha trovato una risoluzione nel cessate il fuoco firmato nel novembre dello scorso anno. Grazie alle soluzioni concordate, la regione sembra aver trovato un’intesa con la federazione, ma la situazione risulta ancora estremamente fragile: dopo gravi massacri e violenze di ogni genere, il Paese pare sull’orlo di una nuova crisi, potenzialmente sostenuta dalle tensioni presenti tra le varie etnie della nazione. Secondo l’analista William Davison, da noi intervistato, solo il dialogo può portare a una vera e duratura stabilità.

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Tunisia come alternativa alla Libia, ma il Paese è ostile ai migranti

Di recente, sono molti i cittadini africani che, pur di sfuggire a situazioni di conflitto e povertà, scelgono di dirigersi verso la Tunisia passando dalla Libia. Sono tante le testimonianze che raccontano una traversata pericolosa, alimentata dal desiderio di trovare sicurezza in terra tunisina ma che poi alla fine viene infranto dai lunghi ritardi di registrazione e dalla mancanza di sostegno nei loro confronti. La Tunisia infatti non dispone di una legge nazionale per i richiedenti asilo né di un sistema di accoglienza ma solo di un documento di registrazione. Naturalmente questo serve a ben poco.

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Israele-Hamas, la differenza tra pausa umanitaria e cessate il fuoco

La comunità internazionale sta invocando a gran voce un’interruzione delle ostilità tra Hamas e Israele, che potrebbe assumere due forme diverse a seconda delle finalità e dei risultati auspicati. Anche se una pausa umanitaria potrebbe sembrare un obiettivo più facilmente raggiungibile per dare sollievo alla popolazione, viene in realtà ritenuta dagli esperti una soluzione più rischiosa perché meno chiara in termini di applicazione. Il cessate il fuoco, invece, appare come l’unica possibilità di una reale tregua ma sulla quale le parti in causa continuano a sfidarsi, sprezzanti della vita dei civili.

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Giustizia sociale, quanto è attuale oggi la teologia della liberazione

Vivere la fede cristiana come lotta per l’emancipazione, i diritti degli oppressi, il riscatto dalla povertà è quanto si prefigge uno specifico movimento del cattolicesimo sviluppatosi soprattutto in America Latina, ancora attivo oggi. Dall’esperienza di Viviana Premazzi, che ha scritto un libro su questo approccio teologico, approfondiamo il tema di come la dimensione religiosa possa sconfinare nell’azione politica e sociale in modo costruttivo. Anche tra le tante difficoltà nell’interpretare i testi sacri in termini di inclusione e di accoglienza delle diversità.

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Israele-Gaza, il dramma dei profughi in un contesto così disperato

Dopo l’attacco di Hamas, Tel Aviv ha risposto con pesanti bombardamenti sulla Striscia: le vittime della guerra sono migliaia, sia da parte palestinese che israeliana, ma a ciò si aggiunge il dramma degli sfollati in un’area tra le più complesse e povere al mondo. Al già altissimo numero di rifugiati presenti nella Striscia si aggiungono anche coloro che scappano dalle bombe ma non riescono a trovare un passaggio che li porti lontano dalla guerra. Intanto, salgono le tensioni anche in Cisgiordania, area in cui gli scontri tra palestinesi e coloni avevano toccato un picco già nell’anno passato.

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Crisi climatica, quando le risposte generano più danni che soluzioni

La Nuova Zelanda, e alcune sue aree in particolare, è soggetta a inondazioni dovute a fenomeni climatici estremi e all’aumento del livello del mare. Problemi di tal genere spesso vedono l’implementazione di progetti di adattamento climatico che risolvono la questione a livello tecnico ma espongono le comunità a una vulnerabilità sempre maggiore nel tempo. Un recente studio realizzato da un gruppo di studiosi Maori, Pasifika, Pākehā e tauiwi ha evidenziato come il maladattamento possa aggravare situazioni ambientali e sociali già delicate e ha proposto un nuovo strumento di valutazione dei rischi.

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India, il sistema delle caste tra abolizione formale e pratiche attuali

Il più grande Stato dell’Asia meridionale è ancora oggi afflitto dai problemi dovuti a decenni di convenzioni e divisioni sociali, perpetrate in varie maniere a livello formale e non. Ciò porta la società ad essere frammentata invece che unita, in un Paese che è già molto diverso e con un grande attaccamento alle tradizioni. La strada per l’uguaglianza è ancora lunga e vede davanti a sé numerosi ostacoli, sia dal punto di vista legislativo che delle relazioni informali tra individui. Voci Globali ha intervistato Krishna, attivista che lavora nell’ambito del sociale per eliminare le disuguaglianze.

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