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Crisi climatiche ostacolo al progresso verso la parità di genere

[Traduzione a cura di Massimo Testa dall’articolo originale di Nitya Rao pubblicato su The Conversation]

Le persone che per la propria sussistenza dipendono direttamente dal mondo naturale, come gli agricoltori e i pescatori, saranno tra le principali vittime dell’emergenza climatica. Nelle aree più a rischio, come le terre aride del Kenya o dell’Etiopia, le comunità agricole devono già far fronte alla siccità e alla scarsità di acqua che uccidono il bestiame e minacciano la loro stessa sopravvivenza. I bacini fluviali alimentati dai ghiacciai dell’Himalaya o i delta del Bangladesh, dell’India e del Ghana sono sempre più soggetti a inondazioni, frane e violenti cicloni.

Di conseguenza gli uomini, per mandare avanti le famiglie, vanno spesso via di casa per alcuni giorni o intere settimane in cerca di lavori occasionali nelle città, nei paesi vicini o nelle più lontane metropoli. Molti quando possono tornano a casa con quel poco che hanno guadagnato. Ma durante la loro assenza, è sulle donne che grava tutto il peso del mantenimento della famiglia.

Gli scienziati corrono contro il tempo per prevedere gli effetti che avrà il cambiamento climatico su queste comunità e per aiutarle a adattarsi, per esempio con colture e razze di bestiame resistenti alla siccità e alle inondazioni. Ma spesso si dimentica che per una metà della popolazione il cambiamento climatico avrà effetti più marcati che non per l’altra. A causa dell’atavica disparità di genere, nelle regioni del mondo che sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici, le donne rischiano di soffrire più degli uomini.

Una donna cucina in casa. India. Fotografia: Curt Carnemark / World Bank

Emarginate e oppresse

In un recente studio evidenziamo come le condizioni climatiche estreme e l’irregolarità delle stagioni indeboliscono in modo sproporzionato l’impegno delle donne a trovare un lavoro ben pagato e a uscire dai rigidi ruoli di genere, anche quando sembra che questi stiano cedendo dopo decenni di riforme e attivismo. Senza aiuti, sotto forma di acqua potabile regolare, energia, istruzione scolastica o credito, le donne finiscono per lavorare sempre di più e in condizioni di miseria sempre maggiore per salari sempre più bassi.

Sono in aumento le donne già in condizioni di povertà che cadono in un circolo vizioso di bassa produttività, debiti e insicurezza alimentare per la perdita dei raccolti e del bestiame, come abbiamo verificato in particolare in zone semi-aride dell’Africa e dell’India. Le donne del nord del Kenya si sono lamentate di non aver più potuto permettersi la carne, e così hanno ripreso a mangiare riso e patate anche quando non ce n’era abbastanza per placare la fame.

Con l’accumularsi dei problemi ambientali, si disgregano le reti di sostegno delle comunità. Quando le persone devono abbandonare i propri luoghi per sistemarsi altrove, gli uomini vanno in cerca di lavoro e le donne rimangono sole a casa, spesso in ambienti sconosciuti e prive del supporto di amici e parenti. Ma anche quando conoscono qualcuno, con tutte le difficoltà di mandare avanti la casa in un ambiente estraneo, c’è poco tempo per aiutare gli altri.

Donne al lavoro nei campi in Sri Lanka. Fotografia: Lakshman Nadaraja/World Bank

Investite di tutta la responsabilità dei lavori domestici, della coltivazione dei campi e della cura di bambini e anziani, le donne hanno meno tempo per socializzare o partecipare a eventi della comunità, comprese le riunioni degli organi di governo locale. Quando lo Stato o le organizzazioni di volontariato possono dare un aiuto, spesso si crea rivalità per ottenerne i benefici. In Namibia, le persone tendono a rimanere con i gruppi etnici di appartenenza per riuscire ad accedere agli aiuti grazie all’azione collettiva, ma questo spesso comporta l’esclusione delle minoranze etniche della regione.

In Mali, è sulle donne giovani e meno istruite che gravano le incombenze più pesanti. In India o in Pakistan, soffrono di più le donne che appartengono a una classe sociale inferiore o a una casta marginale. Le relazioni di genere differiscono a seconda dei posti e delle situazioni – sono spesso troppo variabili per poter emergere da analisi generali di livello nazionale o globale. Abbiamo provato a generalizzare i nostri risultati ricavati in 25 località assai diverse dell’Asia e dell’Africa, cercando di non perdere le peculiarità dell’esperienza di ciascuna donna.

Il minimo indispensabile

Se il problema è in gran parte strutturale, allora le soluzioni a breve termine come i rifugi anticiclone e gli indennizzi per la siccità non possono agire sui motivi di fondo della povertà e della precarietà. Servono reti di sicurezza sociale che possano assicurare le necessità di base di cibo e alloggio, come il sistema pubblico di distribuzione dei cereali in India o le pensioni e l’assistenza sociale presenti in Namibia.

Per evitare che la salute della gente in questi posti si deteriori irrimediabilmente, occorre che le donne abbiano il sostegno dei servizi sanitari e per l’infanzia, ma anche acqua potabile e gas da cucina. Durante le crisi la comunità svolge un ruolo cruciale di sostegno, ma c’è poco che le donne possono fare per aiutare loro stesse senza risorse e competenze.

Donne nel Benin vanno a fare rifornimento di acqua. Fotografia: Arne Hoel / World Bank

Anche la competizione sui mercati del lavoro sta riducendo il valore del lavoro delle donne povere. Garantire un salario minimo e condizioni dignitose aiuterebbe, ma sono misure difficili applicare attraverso i confini. Mentre il cambiamento climatico fa venir meno le tradizionali fonti di sostentamento, i migranti sono sfruttati come prima da nuovi datori di lavoro. Privati di cibo e riposo adeguati, molti finiscono per ammalarsi e spendere i loro guadagni in cure mediche.

Non basta superare gli stereotipi di genere per affrontare l’emergenza climatica e assicurare a queste donne e questi uomini una vita dignitosa. Se aiutati, saranno in grado di trovare soluzioni creative agli sconvolgimenti provocati dal cambiamento climatico. Ma questo aiuto deve significare disponibilità per tutti di alimenti, alloggi e servizi essenziali.

Al COP25 di Madrid, i leader mondiali avrebbero dovuto aiutare le comunità più deboli ad adattarsi ai cambiamenti climatici con risorse e solidarietà, non con frasi gentili e una retorica che si è risolta con un nulla di fatto.

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