Si parla di risemantizzazione quando, a un elemento lessicale, viene affidato un nuovo significato. In poche parole, a un vocabolo già esistente corrisponderà un concetto differente: stessa forma, diverso contenuto. Parlare di riti di iniziazione significa anche questo: ritrovarsi ad avere a che fare con un essere umano immutato (in molti casi) esternamente, ma che inevitabilmente si ritrova a essere una persona completamente nuova. Una persona che, dopo aver superato una serie di prove, si ritrova a essere neofita.
Quando l’argomento in questione è la mafia nigeriana, l’iniziazione è una premessa necessaria per comprendere pienamente l’attività e la struttura interna di questa criminalità organizzata made in Africa. Così come avviene con le mafie nostrane, infatti, anche per entrare a far parte della mafia nata nei corridoi universitari di Benin City è necessario sottoporsi a prove, superarle e sigillare la promessa della propria completa devozione al gruppo.
Una volta diventati parte di quest’ultimo, non si torna più indietro: questo forte sentimento di appartenenza e protezione si traduce nell’invalicabile omertà che caratterizza tutti coloro che fanno parte dell’organizzazione criminale. Nessuna informazione travalica i confini dei culti – ovvero i vari gruppi in cui è divisa la mafia nigeriana – come i Black Axe, i Vickings o i Bukaneers.
Quello dei culti è un vero e proprio cerchio chiuso e tutti coloro che ne sono al di fuori, ma comunque interessati a farne parte, sono gli “ignorants”, gli ignoranti: coloro che ignorano la vita al di là dei riti di affiliazione. A descrivere questi ultimi è stato un pentito che, nel 2016, ha raccontato agli inquirenti due modalità di accesso ai vari culti, come riportato dal Giornale di Sicilia.
Mentre la prima di queste ha luogo in Nigeria – in un’università prima, nella foresta poi -, la seconda avviene a Verona, la cosiddetta Zone dove avrebbero luogo tutti i riti di iniziazione d’Europa. Durante un iniziale periodo di “orientation” – prosegue il racconto del pentito – i cultisti insegnano ai futuri adepti le regole dell’organizzazione criminale e tecniche di colluttazione, le quali verranno poi messe in pratica durante il rito di iniziazione vero e proprio: pratiche, queste, che il neofita deve sopportare se vuole entrare a far parte definitivamente del culto. Alla conclusione di questo percorso, coloro che sono riusciti a superare le prove bevono sangue umano e declamano invocazioni per sigillare la loro appartenenza e il loro impegno con il gruppo.
La mafia nigeriana si districa, si muove perfettamente e si evolve tra transnazionalismo, tratta di esseri umani, spaccio di droga, riti di iniziazione, senza mai fare un passo falso nei confronti della malavita organizzata di casa nostra.
In Sicilia, in particolar modo a Ballarò, ha instaurato con questa una collaborazione al punto tale da essere chiamata “Cosa Nera”; mentre Castel Volturno, in Campania, è diventata uno degli snodi principali delle operazioni dei culti: in particolar modo, la località campana è diventata nota per essere il principale centro di traffico di organi.
Ma le attività della malavita di origini africane vanno ben oltre e riguardano anche lo sfruttamento della prostituzione che vede coinvolte giovani ragazze ricattate e costrette a vendere il proprio corpo sotto il controllo delle maman, le quali le minacciano di fare riti voodoo contro le famiglie in Nigeria se le giovani non si piegano al loro volere.
La presenza della mafia di matrice africana sul territorio italiano, però, in un certo senso ha rappresentato anche un rito di iniziazione per le organizzazioni criminali del territorio italiano (in particolar modo quando si parla di mafia siciliana), le quali si sono ritrovate a condividere il proprio territorio e delegare le proprie attività, così da poter avere a che fare con “affari più lucrosi e meno a rischio”, per prendere in prestito l’espressione del giornalista Sergio Nazzaro.
Le parole dell’antropologo Stefano Allovio, secondo cui i riti di iniziazione “assorbendo i processi e i mutamenti della storia, si rimodellano sulla base delle trasformazioni sociali”, si adattano perfettamente all’esperienza della mafia nigeriana in Italia. Una mafia i cui confini invalicabili rendono molto difficile comprenderne il sistema dall’interno e, quindi, incrinarlo e smantellarlo; ma la cui presenza silenziosa passata in sordina nei primi anni di diffusione del fenomeno rendono ancora più pericolosa questa organizzazione.
[Per saperne di più: il libro “Mafia come M”, in uscita e redatto dalla redazione dell’associazione Cosa Vostra].