Storie dal mondo

Libano in fermento. E un film sul calcio narra storie dei rifugiati

Le proteste, partite il 17 ottobre in Libano, continuano senza l’avvio di consultazioni per la creazione di un nuovo Governo, dopo le dimissioni del primo ministro Saad Hariri il 29 ottobre scorso. A creare malcontento è una situazione economica molto difficile, esacerbata dall’introduzione di una tassa sulle chiamate VoIP, e una rabbia diretta ad una intera classe politica ritenuta responsabile dei dissesti del Paese. Il documentarista Stefano Fogliata è da pochi giorni tornato da Beirut, sua città adottiva, e ci racconta sensazioni e pensieri dalla piazza.

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Vivere nella Striscia di Gaza, da 70 anni prigione a cielo aperto

Esiste un territorio nella regione palestinese che è considerato una sorta di prigione per i suoi circa 2 milioni di abitanti. È la Striscia di Gaza, lingua di terra incuneata tra Israele ed Egitto che ogni giorno deve fare i conti con le restrizioni alle libertà imposte nel 2007 dal Governo di Tel Aviv. Persone e beni di prima necessità riescono a transitare nella Striscia solo in base a quote stabilite da Israele. La conseguenza è l’aumento di povertà, frustrazione e violenza tra i suoi abitanti, ancora in cerca di libertà e giustizia. Ce lo racconta Ahmed Masoud, originario di Gaza e autore del romanzo “Scomparso”, edito in Italia da Legeb.

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Libertà accademica a rischio, quali i confini al pensiero critico

La libertà di ricerca dev’essere il cuore pulsante del sistema universitario. Alla luce delle attuali tendenze politiche, oggi più che mai questa libertà è a rischio, e lo è a livello globale, con preoccupanti sviluppi in particolari Paesi. L’orientamento neoliberale dell’istruzione ha portato a ulteriori più sottili minacce e, per combattere questa tendenza, le istituzioni universitarie hanno bisogno di riformare profondamente le proprie strutture. C’è bisogno di consapevolezza e di pensiero critico, fondamentali mentre il mondo soffre una generale crisi di governance.

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Brasile, la denuncia: pulizia etnica contro la popolazione nera

Dopo l’omicidio della piccola Agatha Felix, di soli otto anni, colpita alla schiena da un proiettile mentre rientrava a casa, si comincia a parlare di vero e proprio genocidio nello Stato sudamericano. I cittadini brasiliani, infatti, credono che la violenza impiegata dagli agenti di polizia contro le popolazioni delle favelas di Rio de Janeiro rappresenti un vero e proprio piano per la loro eliminazione. L’articolo offre un’analisi dettagliata del fenomeno, aprendo a nuovi elementi di riflessione e mettendo in evidenza che ciò che sta avvenendo nel Paese è di fatto una discriminazione istituzionalizzata e violenta.

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Yemen, chi sono gli Houthi e per quali motivi sono in guerra

Dopo gli attacchi agli impianti petroliferi in Arabia Saudita, l’attenzione si è focalizzata di nuovo sul movimento dei ribelli sciiti. Com’è possibile che un piccolo movimento di opposizione emerso nello Yemen del Nord sia diventato un attore politico a livello nazionale e regionale? Secondo USA e Sauditi gli Houthi stanno combattendo una guerra per procura manovrata dall’Iran. Ma non è proprio così. Questo articolo ci offre un’analisi completa per capire meglio chi sono gli Houthi, come sono arrivati ad espandersi così tanto e che tipo di conflitto stanno combattendo.

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Africa e Medio Oriente, la calda estate all’insegna della violenza

Il bilancio dei fatti accaduti durante l’estate è drammatico. Il terrorismo radicale jihadista ha fatto vittime in Egitto, Somalia, Nigeria, Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo. Le lunghe e violente guerre civili in Siria e Yemen hanno registrato nuovi attacchi e offensive distruttive, mentre nel territorio libico le truppe di Haftar hanno ripreso l’avanzata. Le proteste in Malawi contro l’irregolare elezione presidenziale e le tensioni mortali tra Israeliani e Palestinesi chiudono un quadro davvero preoccupante.

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ISIS, la controversa politica dei rimpatri in Asia Centrale

Si stima che tra il 2011 e il 2018 un numero di cittadini asiatici compreso tra 2.000 e 5.000 si siano trasferiti in Siria o in Iraq per sostenere lo Stato Islamico. Alcuni si sono sposati lì e hanno avuto dei figli, altri sono andati via con le famiglie e hanno avuto poi altri bambini. Ora che i gruppi armati estremisti hanno perso gran parte del loro territorio, molti di questi soggetti sono nei campi rifugiati, e si pone la questione di se e in che modo rimpatriare queste persone nei Paesi di origine cercando di reintegrarli nel modo migliore. La questione è importante anche per le molte donne, e i loro bambini, coinvolti.

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Perù, storia di intrighi politici che ricorda “House of Cards”

Da quando è scoppiato, lo scandalo Odebrecht ha coinvolto diversi Paesi in America Latina portando alla luce una rete di corruzione e tangenti senza precedenti. Anche la classe politica peruviana è stata travolta, molti personaggi un tempo intoccabili, tra cui diversi ex presidenti, sono stati accusati e finiti sotto indagine. Proprio il sistema giudiziario peruviano è sembrato particolarmente efficiente nel portare avanti questa lotta, un aspetto che va ricondotto non solo agli sforzi internazionali, ma anche a una particolare storia nazionale che nasce dalle classi più umili.

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Muri e recinzioni: ecco come e dove il mondo si sta chiudendo

Botswana e Zimbabwe, India e Bangladesh, Francia e Inghilterra, Bulgaria e Turchia, USA e Messico, ma anche Italia e Slovenia: sono soltanto alcuni degli Stati che hanno deciso di chiudere i propri confini con vere e proprie fortificazioni. Con l’obiettivo di proteggere i cittadini e di eliminare l’illegalità, molti Paesi nel mondo stanno adottando la politica “dei muri”. Bloccare materialmente il passaggio delle persone sembra, dunque, la soluzione migliore per eliminare i problemi. Alle storiche diatribe territoriali di Cipro, Marocco, Irlanda si affiancano le nuove emergenze migranti per giustificare fili spinati ad alta sorveglianza.

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Konglish, la variante coreana della contaminazione linguistica

La lingua inglese è diffusa in tutto il mondo e in alcuni Paesi ha portato allo sviluppo di peculiari varietà utilizzate quotidianamente dagli interlocutori di quello specifico territorio. Si tratta di fenomeni linguistici e culturali da celebrare, il simbolo di un futuro dove la differenza significa inclusione e non esclusione, oppure sono da condannare come fenomeni grossolani distanti dalla correttezza dello standard? Uno dei casi più famosi è la Corea, dove i termini nati dall’unione tra inglese e coreano sono ormai parte integrante della società, un’ufficialità conferita sul campo, non dai libri.

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