Africa

L’informazione che riguarda il continente africano è fatta di anomalie. In Italia se ne parla troppo poco, se ne parla perlopiù quando succedono eventi straordinari – conflitti, carestie, genocidi – spacciandoli per ordinari. Se ne parla avendo già in mente prospettive di analisi dei fatti legate a stereotipi e luoghi comuni. Il nostro obiettivo è di dare spazio a un’Africa “normale”. Fatta di successi e insuccessi, di situazioni vergognose o di quelle che indicano lo sviluppo e la crescita del continente, di leader e gente cosiddetta comune. Per aiutare tutti noi a capire – indirettamente – le radici del fenomeno migratorio, ma anche le economie e le relazioni di potere del pianeta.

L’Africa giudica i suoi dittatori, il Ciad e una donna coraggiosa

Il caso di Hissène Habrè, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità e reato di tortura perpetrati durante il suo regime dall’82 al ’90. Dopo anni di lotta la decisione: questa estate comincerà contro di lui il processo in Senegal davanti alle Camere Africane Straordinarie. Un esempio per tutto il continente. Intervista a Jacqueline Moudeina, avvocato e donna tenace che a rischio della vita ha portato avanti la battaglia contro l’impunità.

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Giustizia di transizione e cambiamento dell’ordine mondiale

La necessità di recuperare visioni alternative all’Occidente per risolvere conflitti, violenze e ingiustizie sociali. Sia l’Occidente che la Cina sono lieti di fornire massiccia assistenza militare in Africa e creare Stati militarizzati per la sicurezza in tutto il continente. In quest’ottica, le visioni alternative di giustizia di transizione vengono ignorate perché non si conformano al rispetto assoluto delle strutture internazionali di potere esistente o di ordine economico internazionale.

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Charlie Hebdo, Parigi e l’ipocrisia occidentale

Nel post le riflessioni di un attivista del movimento Black Liberation: “‘Je Suis Charlie’ è diventato lo slogan per giustificare l’eliminazione dei cosiddetti non-europei, per ignorare i sentimenti, i valori e le idee di coloro che in tono razzista sono considerati ‘altri’. In pratica, ‘Je Suis Charlie’ è diventata l’arrogante parola d’ordine della supremazia bianca che ha avuto vasta risonanza con la marcia di Parigi – che ha riunito il potere ‘bianco’ – e con la popolarità del nuovo numero di Charlie Hebdo”.

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Aflao, Ghana: il confine dove si paga il pizzo

Lo chiedono ogni giorno impiegati e militari, a migliaia di di persone che avrebbero diritto al libero ingresso. Dal 1975 l’ECOWAS garantisce la libera circolazione tra un confine e l’altro dei cittadini dei Paesi aderenti. Ma su questa striscia di terra non valgono le norme, ma la legge del più forte.Vale a dire impiegati e militari in servizio al confine. Gente “potente” che decide chi passa e chi no, che decide di fermarti e tenerti in pratica sotto sequestro per ore in attesa del “riscatto”. Il riscatto è la bribe. Pizzo, mazzetta, tangente, come vogliamo chiamarlo.

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Il francese, le lingue locali e il complesso di inferiorità

Nessun Paese può svilupparsi se la maggioranza della sua popolazione non comprende la lingua ufficiale. Un’analisi concentrata sull’Africa francofona e in particolare sul Senegal, dove il vero problema non è la presenza della lingua francese, compresa dal 29% della popolazione senegalese, ma l’assenza delle lingue nazionali locali nella sfera ufficiale: vita politico-amministrativa, educazione, formazione. Una questione di sviluppo e di democrazia.

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Africa: oltre i finanziamenti esteri, le Ong verso strategie locali

Nel corso dell’ultimo decennio, la crisi finanziaria globale ha creato molti problemi alle associazioni africane per i diritti umani, per i seri tagli ai finanziamenti apportati dalle nazioni occidentali, mettendo in questione la loro stessa sopravvivenza. Queste associazioni potranno sopravvivere alla crisi se riusciranno a focalizzarsi sulle risorse locali, sviluppando anche un nuovo tipo di mentalità orientato in qualche modo a concetti tradizionali finanziari e di “business” .

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Storie di leoni, la continua ascesa del cinema africano

L’Africa dei film è in crescita e alla ricerca di nuovi modi di intrattenere e informare il pubblico del continente e del mondo. Mentre la maggior parte dei film più visti sui problemi africani sono ancora prodotti con il sostegno occidentale, e sebbene le opportunità per i registi africani siano ancora molto limitate, pare che qualcosa stia cambiando, lentamente. E molti di questi lavori sono assai interessanti. Anche se spesso di scarsa qualità, l’obiettivo è anche uscire dai canoni occidentali e avvicinarsi al pensiero e alla vita africani.

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Ebola, se l’aiuto arriva da Internet e dai volontari

Nel mondo c’è più voglia di partecipazione di quanto si immagini. E la Rete può aiutare a gestire l’incontro tra il bisogno e chi vuole dare una mano. Ad oggi sono 4186 le persone che hanno risposto all’appello proposto su Avaaz, la piattaforma online che lancia campagne pubbliche sui diritti e su temi civili e sociali. L’appello riguarda la ricerca di volontari disposti a recarsi nei Paesi africani del West Africa colpiti dall’ebola. Di queste persone circa 3.000 sono pronte a partire. Sarebbe interessante se qualcuna delle persone che andrà laggiù terrà un diario online per raccontare la sua esperienza.

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Burundi, braccio di ferro tra governo e società civile

In vista delle elezioni fissate nel 2015, è incerto l’esito del confronto sempre più aspro tra il blocco al potere e i cittadini e il periodo di pace relativa che il Burundi ha vissuto dalla fine della guerra civile subisce oggi nuove minacce. Ma senza garanzie per i diritti umani, le libertà civili e la libertà di espressione, le consultazioni elettorali appariranno meno credibili, ma la tenacia della società civile e dei media continua a dare speranza rispetto allo sviluppo di un processo democratico. Un’approfondita analisi dela situazione su Think Africa Press.

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Ebola e tutto il resto, se la storia è scritta a tavolino

Una storia raccontata dai protagonisti, una storia raccontata da testimoni oculari è certamente diversa. Diversa da chi la racconta per sentito dire, inseguendo le voci su Internet o quelle ufficiali di Governi, Agenzie Onu e quant’altro. Giornalismo, dopotutto, è questo: raccontare quello che vedi, quello che accade, quello che puoi testimoniare con foto, dichiarazioni sul campo, osservazione. In questo post riprendiamo la testimonianza oculare di un giovane giornalista, blogger e fotografo ugandese.

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