Autore: Luciana Buttini

Nigeria, una crisi umanitaria conseguenza dell’industria petrolifera

L’industria petrolifera nigeriana, sebbene rappresenti gran parte della ricchezza del Paese, è anche motivo di disastri ambientali, fonte di violenti disordini e oggetto di diverse cause legali. Infatti, i numerosi sversamenti avvenuti nel corso degli anni hanno devastato l’ecosistema della Regione del Delta e ora, a causa del crollo della produzione, le cinque compagnie energetiche principali operanti nel Paese hanno manifestato l’intenzione di svendere numerosi giacimenti. Ma i cittadini chiedono di essere risarciti per i danni ambientali subiti e il ripristino dell’ambiente allo stato originario.

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Russia: esodo di milioni di cittadini, crisi demografica. Ecco i motivi

Lo Stato russo sta attraversando un’importante crisi demografica dal 2014, con il suo tasso di natalità in costante diminuzione ed oggi ai minimi storici. L’articolo fa luce sulla questione ricercandone le cause e riflettendo anche sul fenomeno dell’esodo di milioni di cittadini già a partire dall’inizio degli anni 2000. Oltre a ciò, la Russia è anche una nazione estremamente inquinante, dipendendo dai combustibili fossili le cui emissioni superano in proporzione quelle della Cina. Da una ricerca OMS del 2019 nel Paese si registra anche il terzo maggior numero di suicidi: tutto si lega alla questione dell’instabilità politica.

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Ghana, il patriarcato impera: poche donne su cattedre universitarie

Da un rapporto dell’UNESCO è emerso che globalmente gli uomini sono maggiormente presenti nell’ambito dell’istruzione terziaria. I dati dimostrano che meno di 2 accademici senior su 5 e meno del 30% dei ricercatori mondiali sono donne. Il Ghana, seppure abbia compiuto progressi nel campo della parità di genere e dell’inclusione, non lo ha fatto nel settore dell’istruzione superiore. La questione risiede principalmente nell’esistenza di idee radicate che evocano stereotipi di genere limitanti per le donne. Per cambiare rotta sono necessarie politiche trasparenti che incidano sul cambiamento di visione.

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Migrazioni, così la Germania agevola la fuga dei cervelli dall’Africa

Il Governo tedesco ha proposto un progetto riguardante l’apertura di centri per la migrazione in cinque Paesi del Continente volto a offrire a determinate categorie l’opportunità di trasferirsi sul suolo tedesco. Marocco, Tunisia, Egitto, Ghana e Nigeria sono i Paesi finora presi in considerazione. Tuttavia dietro questa “cultura dell’accoglienza” si cela una ragione tutt’altro che umanitaria. Il piano finirà infatti per aumentare la carenza di manodopera qualificata a cui molti Paesi africani fanno fronte e si ripercuoterà su questi ultimi per i quali sarebbe molto più vantaggiosa una migrazione circolare.

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Tigray, minoranze etniche a rischio nonostante gli accordi di pace

A più di 24 mesi dallo scoppio della guerra nel Tigray, il futuro dei rifugiati che sono stati costretti con la forza a fuggire è ancora incerto. Essi non credono più nella sicurezza, nella protezione e nella rappresentanza politica una volta rientrati nel loro Paese. Il timore inoltre è che la vicina Eritrea continui la sua occupazione e cancelli le comunità minoritarie tramite l’istituzione di una zona cuscinetto militare sugli altipiani strategici. Pertanto, alcuni gruppi politici minoritari si sono uniti in una coalizione federalista insieme al TPLF al fine di proteggere le loro diversità.

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Microplastiche, alternative “bio” ancora poco sicure per la salute

Il fenomeno dell’inquinamento da plastica è un tema molto dibattuto negli studi sulla salvaguardia ambientale e oceanica. Nello specifico, uno dei problemi più importanti riguarda la contaminazione da microplastica e nanoplastica. Recenti studi hanno evidenziato tracce di queste ultime nel DNA di un campione di volontari umani sani in una concentrazione media di 1,6 mg/L. Pertanto, le pratiche positive da adottare vanno dalla riduzione dei prodotti processati all’uso di contenitori realizzati anche parzialmente in plastica, fino a evitare di conservare, cuocere o riscaldare il cibo in contenitori di plastica.

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I Paesi eurasiatici dove la legge consente l’impunità agli stupratori

Da un rapporto pubblicato da Equality Now, si evince che in Georgia, Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan vigono leggi sullo stupro obsolete e improntate agli stereotipi di genere. In queste nazioni se non si dimostra che la violenza sia avvenuta attraverso l’uso di forza fisica, gli stupratori godono del diritto di impunità o comunque il reato viene trattato come un crimine meno grave. Diverso è il caso dell’Ucraina che, sebbene condividesse questa normativa in passato, oggi è l’unico Paese dell’Eurasia ad essersi adeguato agli standard internazionali sui diritti umani, modificando la definizione di stupro.

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RD Congo, il conflitto con l’M23 è anche guerra di informazione

Il massacro dello scorso novembre a Kishishe, un piccolo villaggio nella Repubblica Democratica del Congo, ha scatenato numerose polemiche. Si è trattato infatti di una rappresaglia condotta dai ribelli del Movimento 23 marzo (M23) in cui avrebbero perso la vita un numero imprecisato di civili. Un episodio che accende i riflettori sulla questione della veridicità delle narrazioni di guerra da parte delle fazioni opposte, che in questo caso sono legate l’una all’M23 e al Ruanda e l’altra al Governo congolese. E sulla necessità di una più profonda comprensione di tre decenni di ostilità ricorrenti nel Paese.

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Deforestazione, non saranno sufficienti i nuovi regolamenti UE

Quotidianamente tutti noi acquistiamo prodotti alimentari legati al fenomeno della deforestazione. A questo proposito, lo scorso dicembre l’Europa ha approvato un nuovo regolamento che cerca di arginare il problema attraverso il divieto imposto alle aziende di vendere prodotti realizzati su terreni disboscati. Tuttavia, questa normativa potrebbe mettere in difficoltà gli elementi più deboli delle filiere, come i piccoli agricoltori. L’articolo analizza come l’UE potrebbe avvicinarsi all’obiettivo di ridurre la deforestazione e ottenere risultati sostenibili senza incorrere in conseguenze indesiderate.

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Artisti albanesi trasformano la migrazione in riflessione sull’identità

Recentemente, gli immigrati albanesi che vivono nel Regno Unito sono stati vittime di episodi di razzismo. Si tratta tuttavia di un fenomeno non nuovo le cui origini risalgono al periodo successivo al crollo del regime comunista. Se il fenomeno della migrazione albanese può essere considerato il risultato di politiche neoliberali, l’arte può offrire uno sguardo diretto sulle esperienze personali e dare visibilità alle storie più complesse. Attraverso infatti le opere degli artisti albanesi citati nell’articolo riusciamo a comprendere più da vicino aspetti della migrazione di cui non si parla quasi mai.

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