19 Marzo 2024

Ecocidio e rifugiati ambientali, il caso del Delta del Niger

[Traduzione a cura di Benedetta Monti, dall’articolo originale di Peter Donatus* pubblicato su Pambazuka News]

Foto dell'utente di Flickr Sosialistik Ungdom (SU). Disastro petrolifero nel Delta del Niger (2010) Licenza CC.
Foto dell'utente di Flickr Sosialistik Ungdom (SU). Disastro petrolifero nel Delta del Niger (2010) Licenza CC.

La maggioranza dei rifugiati proviene da zone di guerra e di conflitti, da Stati illegittimi, da aree di catastrofi naturali e da nazioni deboli dal punto di vista economico. In molti casi sono le aziende occidentali a distruggere i mezzi di sussistenza delle popolazioni agendo in modo spietato. In Nigeria, l’estrazione e la produzione del petrolio ha avuto conseguenze devastanti per le persone che vivono nell’area del Delta del Niger. E la Convenzione di Ginevra sullo status dei Rifugiati in questo caso è poco incisiva.

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In tutto il mondo, 60 milioni di persone sono in fuga. La maggioranza proviene da nazioni che fanno parte del Sud del mondo, e, secondo l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), un terzo dei rifugiati proviene dall’Africa.

Le guerre, i conflitti armati, le violazioni dei diritti umani, l’instabilità politica, la discriminazione, la povertà, nonché le conseguenze dei cambiamenti climatici e le catastrofi naturali, spesso sono tra le cause di questo esodo. Ma tra queste cause c’è anche l’ecocidio – la distruzione dei mezzi di sussistenza attraverso lo sfruttamento spietato delle materie prime e la politica di sovvenzioni delle nazioni industrializzate dell’Occidente. In molte zone dell’Africa, gli ecosistemi vengono distrutti per massimizzare i profitti e per garantire e estendere il benessere dell’Occidente. Un utilizzo più “pacifico” delle materie prime da parte della popolazione che vive in tali aree è quasi diventato impossibile, la vita stessa è diventata insostenibile nella maggior parte delle zone ricche di risorse dell’Africa, così molte persone sono obbligate a lasciare la propria terra. Perciò, alcuni critici come l’avvocato inglese Polly Higgins, chiedono da tempo alla comunità internazionale di riconoscere questo ecocidio come il quinto dei “Crimini contro la Pace”, alcuni parlano addirittura di “Crimine contro l’umanità”.

La maledizione della ricchezza proveniente dal petrolio

La distruzione dell’ambiente e dei mezzi di sussistenza in Africa non sono una novità, ciò che invece è nuovo è il fatto che molti esperti considerano l’ecocidio come la causa principale dell’esodo e della migrazione alla luce delle conseguenze devastanti che genera. Tuttavia, le persone che fuggono non sono protette dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei Rifugiati, ma vengono etichettate come “rifugiati economici” – nel frattempo rimangono nascoste le reali conseguenze delle attività economiche criminali da parte delle aziende occidentali.

Ad esempio, la povertà, nella zona ricca di petrolio del Delta del Niger, è una conseguenza diretta dell’ecocidio. L’estrazione del petrolio è iniziata nel 1958, promettendo alla popolazione una base per il futuro benessere. Ma la benedizione annunciata si è trasformata in una maledizione: “Il nostro petrolio, il vostro benessere, la nostra morte ed estinzione!” – questo è lo slogan di questa zona. Infatti, attualmente, circa 70.000 km² del delta del Niger rappresentano una delle aree più inquinate del mondo – le cui conseguenze sono la devastazione, l’espropriazione, la povertà e l’emarginazione sociale.

La Nigeria, con una popolazione di circa 170 milioni di persone, è la nazione più popolata dell’Africa e dispone della più grande riserva di petrolio del continente africano. Con 2,5 milioni di barili al giorno, questa nazione è la maggior esportatrice di petrolio in Africa e si trova al sesto posto tra gli esportatori del mondo. L’economia della nazione dipende in ampia misura dall’oro nero, che rappresenta il 90 per cento del reddito dello Stato. Nonostante questa ricchezza, circa due terzi della popolazione vive in assoluta povertà, e una piccola élite corrotta depreda questo patrimonio – in linea con il motto: “Chiunque lavori all’ufficio doganale senza arricchirsi è uno stupido.

La Shell Petroleum Development Company, una joint-venture tra la Royal Dutch Shell e il Governo della Nigeria, è responsabile dell’estrazione del petrolio. Tuttavia, le estrazioni attuali sono eseguite da alcune società come la Royal Dutch Shell (47%), ExxonMobil (22%), Chevron Texas (19%) e ENI/Agip (5%).

Durante gli ultimi 50 anni, si sono verificati circa 7.000 disastri petroliferi, e alcuni miliardi di litri di petrolio hanno trasformato quello che un tempo era un paradiso naturale in un vero inferno sulla terra. Quest’area rappresenta la maggior riserva d’acqua dell’Africa, ma il terreno e l’acqua sono estremamente contaminati, il terreno è danneggiato fino a cinque metri di profondità. Gli oleodotti, ormai obsoleti e arrugginiti, attraversano l’area senza protezioni, in superficie e attraverso i villaggi. I serbatoi sono ritenuti responsabili per la metà dei danni causati da atti di sabotaggio e dalle attività di estrazione del petrolio. L’inquinamento dovuto al petrolio è causato anche da piattaforme petrolifere dismesse e deviazioni illecite degli oleodotti.

Le falde acquifere sono altamente contaminate. Nel 2011, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha rilevato un’alta concentrazione di idrocarburo, più alta di 900 volte di quanto concesso dagli standard internazionali e di 1000 volte rispetto ai limiti definiti dal Governo nigeriano stesso. Ogni anno, più di 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica sono rilasciate nell’atmosfera dai gas di combustione. Secondo l’OMS, l’inquinamento atmosferico è dannoso per la salute, rappresenta una delle maggiori cause di tumore nel mondo.

Secondo le Nazioni Unite, ci vorranno almeno 30 anni per eliminare i danni, e le operazioni avrebbero un costo di circa mezzo miliardo di euro. Ciononostante, ogni anno ulteriori 13 milioni di barili di greggio contaminano il Delta del Niger. Le società petrolifere ignorano le leggi sulla protezione ambientale nigeriane e la fanno franca quasi impunemente. Pagare una piccola penale è più vantaggioso rispetto all’osservanza della legge. I critici accusano le società di razzismo e chiedono di seguire gli stessi standard operativi che sono in vigore nelle rispettive nazioni di origine in Occidente. E l’élite politica corrotta non interviene contro le vicende delle multinazionali petrolifere dato che ne trae molti vantaggi.

Alla fine degli anni ’80, il governo ha intrapreso azioni violente contro la protesta pacifica verso le multinazionali e il regime militare. L’etnia degli Ogoni era a capo della protesta guidata dallo scrittore e attivista per i diritti umani Ken Saro-Wiwa. Per reprimere le proteste, Shell-Nigeria chiese aiuto all’esercito, che entrò in azione immediatamente. L’intervento ccausò un massacro, milioni di arresti senza capi d’imputazione, nonché un esodo di massa dal Delta del Niger. Il leader della protesta, Saro-Wiwa, venne arrestato e messo in isolamento. Il 31 ottobre del 1995 fu condannato a morte insieme a 8 dei suoi compagni e giustiziato dieci giorni dopo – nonostante le proteste internazionali.

Anche se sono passati più di 20 anni dalle esecuzioni, la situazione non è affatto migliorata nel Delta del Niger, nonostante lo stato di democrazia della nazione. La devastazione dell’ambiente continua senza alcun impedimento. Ed è già menzionata come un disastro ambientale senza precedenti. I più poveri tra i poveri della Nigeria vivono nella zona del Delta. La mortalità infantile è al 20%, e l’aspettativa di vita chiaramente si trova al di sotto della media della nazione. Il terreno, i fiumi e l’acqua – come dicevamo – sono contaminati ad un livello così elevato che praticare l’agricoltura e la pesca, un tempo i mezzi di sostentamento della popolazione, è quasi impossibile. Le conseguenze sono disastrose: un alto tasso di disoccupazione e disperazione, specialmente tra i giovani, esodo di massa, un tasso di criminalità elevato e la prostituzione forzata. E non si prevede una fine di questo orrore ecologico.

Nell’aprile del 2010, nel Golfo del Messico si è verificato il peggior riversamento di petrolio nella storia degli Stati Uniti, a causa di un’esplosione avvenuta sulla piattaforma petrolifera Deep Water Horizon, gestita dalla multinazionale BP. Questo incidente ha suscitato proteste e risentimento in tutto il mondo. La BP, proprietaria della piattaforma, è stata obbligata a ripulire in fretta la marea nera e a pagare 20 miliardi di dollari per l’indennizzo, o piuttosto come sanzione. Tuttavia, nel Delta del Nigeria eventi come questo sono la terribile realtà dall’inizio della produzione di petrolio nel 1958. A confronto con il riversamento di petrolio del Golfo del Messico, il disastro ecologico permanente nel Delta del Niger non riceve alcuna attenzione da parte dei media.

La Nigeria, come molte altre nazioni africane, rappresenta un esempio classico di ecocidio collegato agli esodi e alle migrazioni. Le persone del Delta del Niger che abbandonano la propria casa spostandosi verso le grandi città spesso vengono etichettate come “rifugiati economici” in Europa. La politica non potrebbe essere più ipocrita classificando queste persone come “rifugiati economici” senza chiamare i veri responsabili “criminali economici” e perseguirli. La domanda che dobbiamo porci è: Chi sono i criminali economici che stanno distruggendo i mezzi di sussistenza delle popolazioni in Africa e le obbligano a scappare dalle loro case? L’economia? Tuttavia, in fin dei conti, tutti noi rappresentiamo l’economia.

Peter Donatus è un giornalista freelance nigeriano e attivista per i diritti umani. Organizza progetti ed eventi. Critico nei confonti della politica di sfruttamento della Shell, il giornalista 49enne combatte da anni contro il degrado ambientale e la distruzione dei mezzi di sussistenza delle comunità locali da parte delle compagnie petrolifere che operano nel Delta del Niger. Per questo è stato arrestato e rinchiuso in isolamento. 26 anni fa è fuggito dalla Nigeria e da allora vive in Germania.

Benedetta Monti

Traduttrice freelance dal 2008 (dall'inglese e dal tedesco) soprattutto di testi legali, ama mettere a disposizione le sue competenze anche per fini umanitari e traduzioni volontarie.

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