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L’UE necessita del gas dei Paesi del Golfo e dimentica i diritti umani

Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti sono tra i Paesi maggiormente “corteggiati” dalle potenze occidentali per rispondere al fabbisogno energetico ora minacciato dalla guerra voluta da Putin. L’Europa sta intensificando i rapporti con Stati già noti per le gravi violazioni dei diritti fondamentali. Libertà di espressione assente, torture e schiavitù nel lavoro, sparizioni forzate, discriminazione sessuale, mancanza di tutele giuridiche per gli accusati accomunano queste ricche nazioni mediorientali. I Paesi UE, però, non sembrano impressionati da tali brutalità in nome di scambi convenienti.

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Migranti criminalizzati: cercano protezione ma finiscono in carcere

Detenzione preventiva ed ergastolo per chi scappa da guerre e persecuzioni. Con la crescente esternalizzazione delle frontiere in Europa, chi intenda fare richiesta di protezione internazionale non può che intraprendere pericolose vie illegali di migrazione. Costretti a guidare un gommone, i migranti sono arrestati al loro arrivo. L’accusa è di omicidio colposo. In Grecia, chi guida un’imbarcazione con a bordo passeggeri di Paesi terzi è accusato di traffico di esseri umani. E così, disperati richiedenti asilo si ritrovano spesso condannati a vita. Sentenze pronunciate in mancanza di prove e in violazione del principio dell’equo processo.

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Kirghizistan-Tagikistan, il conflitto frontaliero mette in crisi i media

Il confine tra i due Paesi dell’Asia centrale, vagamente delineato, si colloca in una remota zona montuosa ed è diventato oggetto di una disputa pluriennale. Gli scontri tra gli eserciti nelle zone di frontiera si verificano ben lontano dagli occhi dei giornalisti che, per riportare le notizie, devono ricorrere alle sole testimonianze dei residenti locali e farsi strada nel flusso di notizie non verificate che inonda i social media. Inoltre, le testate indipendenti che citano notizie veritiere ma scomode, vanno incontro alla repressione governativa che, in nome del nazionalismo, impone la censura.

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Il Melting Pot israeliano in crisi per la voglia di uniformità culturale

All’indomani della sua creazione, lo Stato d’Israele raccolse diverse comunità ebraiche con retroterra culturali differenti. La risposta dell’élite politica sionista fu una politica migratoria di assimilazione e uniformità culturale. Le criticità emersero negli anni Ottanta con l’insediamento nel Paese degli ebrei etiopi. Il modello di assimilazione non raggiunse gli obiettivi prefissati. Al contrario, la marginalizzazione e l’isolamento sperimentati ancora oggi dalla comunità etiope pongono degli interrogativi non trascurabili sull’effettiva riuscita del cosiddetto Mizug Galuyot.

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Possesso e proprietà privata, così l’Occidente ha plasmato la Storia

L’eredità coloniale è ancora oggi visibile nei rapporti socio-economici in tutto il mondo. I diritti di proprietà privata hanno origine in quel periodo storico, quando si riferivano all’acquisizione di terre e beni espropriati ai popoli colonizzati. Oggi tali diritti costituiscono i principi fondamentali del capitalismo moderno e pongono l’Occidente in cima alla piramide economica. L’infinito bisogno di ricchezza delle popolazioni bianche ha impoverito e lasciato ai margini il resto del mondo: è sempre maggiore la necessità di riconsiderare il valore del benessere comune e della collettività.

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Uganda, oppositori scomparsi, torturati nei centri detentivi illegali

Tra le notizie di questo mese: la CPI avvia un’indagine sui crimini di guerra perpetrati in Ucraina. Quindicesimo vertice militare sino-indiano sui confini contesi in Himalaya: nessun accordo raggiunto. Il Somaliland – unico Stato fantasma al mondo – chiede il riconoscimento internazionale. Appello di 17 Associazioni ambientaliste italiane al Governo per la sicurezza alimentare. Svolta rivoluzionaria nella prevenzione dell’HIV grazie alla versione iniettabile della PrEP. La Russia ferma i negoziati di pace sulle Isole Curili dopo le sanzioni del Giappone per la situazione ucraina.

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Foreste, gli ambiziosi programmi per custodirle e preservarle

La Giornata Internazionale delle Foreste ci ricorda che il patrimonio forestale di tutto il Pianeta è esposto al rischio di estinzione, trascinando con sé la sopravvivenza di molte specie, inclusa quella umana. Negli ultimi decenni hanno trovato voce i campanelli d’allarme lanciati dalla comunità scientifica, permettendo alle questioni ambientali e alla deforestazione di trovare un posto privilegiato nel dibattito internazionale. I passi compiuti, tuttavia, sembrano nascondersi dietro il dito delle belle parole e degli slogan politici, coprendo la necessità di azioni più concrete e sistemiche.

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L’innalzamento dei mari minaccia il patrimonio culturale africano

I beni culturali africani sono stati finora un tema secondario nei dibattiti sulle aree potenzialmente a rischio per i cambiamenti climatici. Tuttavia, in attesa del primo white paper IPCC sul tema, previsto per il prossimo luglio, un gruppo internazionale di esperti ha pubblicato uno studio: attualmente sono circa 56 i preziosi siti naturalistici e archeologici nel Continente africano che rischiano di scomparire entro il 2050 a causa dell’innalzamento del livello dei mari e dell’erosione costiera. Senza investimenti adeguati e l’adozione di strategie di adattamento, le aree a rischio potrebbero aumentare.

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Detenuti minori intrappolati tra falle normative e pratiche abusive

Da Nord a Sud del mondo, ancora troppi bambini/adolescenti sono detenuti per le ragioni più disparate e in condizioni del tutto inadeguate alla loro giovane età. Per molti di loro, l’esperienza carceraria può spesso trasformarsi in un percorso traumatico senza ritorno, caratterizzato da abusi e violenze. Nel contesto globale, il sistema italiano di giustizia minorile appare – almeno dall’esterno – alquanto virtuoso. Voci Globali ne ha parlato con il dottor Alessio Scandurra, Coordinatore dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’Associazione Antigone.

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In Bosnia-Erzegovina si riaccendono pericolose micce esplosive

Nella regione balcanica soffiano venti poco rassicuranti. L’entità serbo-bosniaca da anni sta portando avanti una retorica nazionalista, minacciando una sempre più ampia autonomia dal potere centrale, ma assai debole, di Sarajevo. La tenuta di questo Paese nato dalle ceneri del drammatico conflitto degli anni Novanta del secolo scorso scricchiola, schiacciato da rivendicazioni interne che non hanno mai abbandonato l’unica radice: quella etnica. Sullo sfondo, l’invasione russa dell’Ucraina non può che peggiorare lo scenario e sostenere le rivendicazioni nazionalistiche di questi alleati di Putin.

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