Autore: Valentina Gruarin

I curdi vittime sacrificali dell’allargamento dell’Alleanza Atlantica

Il conflitto tra la Turchia e la regione del Kurdistan si protrae ormai da decenni e, nonostante le diverse condanne al Governo turco, la popolazione curda continua a essere oggetto di persecuzione e abuso di diritti umani, civili e politici. Malgrado ciò, la Turchia gode di una posizione privilegiata all’interno del sistema internazionale; ad aprile 2022 viene riconosciuta mediatrice tra Russia e Ucraina e il suo ruolo all’interno della NATO ha dato la possibilità al Paese di contrattare l’entrata di Svezia e Finlandia nell’organizzazione di difesa militare. Nel mirino ancora una volta il Kurdistan.

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Clima e giustizia sociale, la leadership delle donne del Sud globale

Una vasta documentazione testimonia che la crisi ambientale grava, in misura maggiore, sulle spalle dei Paesi cosiddetti ‘in via di sviluppo’. Per realizzare un miglioramento delle condizioni climatiche, è necessario un cambiamento di narrativa che possa assicurare maggiore giustizia sociale, lasciando spazio alle categorie tradizionalmente oppresse. Per questo motivo, le prospettive e le azioni di alcune leader femministe, provenienti dal Sud del mondo, vengono sottolineate in questo articolo. Queste donne costituiscono la chiave per un’azione collettiva a favore della giustizia climatica.

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Tra utopia e pragmatismo, il socialismo ambientale per la Terra

Il “Socialismo di metà della Terra”, concettualizzato dagli autori Vettese e Pendergrass, si pone in controtendenza rispetto alle correnti ambientaliste mainstream. Esso rifiuta qualsiasi forma di “capitalismo verde” e propone di ricreare la relazione tra economia e ambiente, liberando metà della Terra dall’azione invasiva dell’uomo sulla natura. Questo tipo nuovo di socialismo definito “ambientale” sostiene in modo innovativo il veganismo, la decrescita e la pianificazione economica. L’articolo prende in esame le posizioni dei due autori, sottolineandone i punti di forza e di debolezza.

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Etiopia, il conflitto sta aumentando i casi di disturbi mentali

In Etiopia, la guerra civile scoppiata nel 2020 sta provocando gravi conseguenze sulla vita della popolazione. Nelle regioni del Tigray, di Amhara e Afar, si stima che una vasta percentuale degli abitanti, soprattutto donne e bambini, soffrano di alterazioni psicologiche. Purtroppo, la guerra in corso ha danneggiato le strutture sanitarie, religiose e governative, che si occupavano della cura della popolazione. Si fa sempre più urgente il bisogno di creare spazi comunitari dedicati al trattamento dei disturbi psichici, nonché di formare adeguatamente il personale al supporto psicologico.

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Possesso e proprietà privata, così l’Occidente ha plasmato la Storia

L’eredità coloniale è ancora oggi visibile nei rapporti socio-economici in tutto il mondo. I diritti di proprietà privata hanno origine in quel periodo storico, quando si riferivano all’acquisizione di terre e beni espropriati ai popoli colonizzati. Oggi tali diritti costituiscono i principi fondamentali del capitalismo moderno e pongono l’Occidente in cima alla piramide economica. L’infinito bisogno di ricchezza delle popolazioni bianche ha impoverito e lasciato ai margini il resto del mondo: è sempre maggiore la necessità di riconsiderare il valore del benessere comune e della collettività.

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Caso Regeni, l’intreccio del commercio di armi tra Europa ed Egitto

L’uccisione del ricercatore italiano al Cairo nel 2016 non ha cambiato i rapporti tra Europa ed Egitto, che solo apparentemente condividono interessi di stabilità e sicurezza nell’area del Mediterraneo. Anzi, Francia e Italia sono diventati i principali fornitori di armi all’Egitto, contribuendo di fatto ad appoggiare la repressione armata che il regime di al-Sisi sta perpetrando da ormai otto anni. L’Europa, che sembra promuovere il rispetto della giustizia sociale e dei valori democratici, in realtà contribuisce al riarmo dell’Egitto e non sembra interessata a scoprire la verità sull’omicidio di Regeni.

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Ingiustizia alimentare, questione legata alle dinamiche di potere

L’attuale gestione delle filiere produttive e di consumo riflette i bisogni delle categorie sociali maggiormente privilegiate, trascurando le necessità dei gruppi più vulnerabili. Tali dinamiche sono osservabili negli Stati Uniti, ma soprattutto in molti Paesi dell’Africa e dell’Asia. In questi due Continenti, l’eredità coloniale ha plasmato il funzionamento dei sistemi alimentari, senza tenere conto dei bisogni delle comunità locali. È importante che le ricerche scientifiche applichino un approccio decoloniale, utile a cambiare prospettiva e studiare categorie sino ad ora lasciate ai margini.

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Delta del Niger, l’alleanza letale tra Stato e compagnie petrolifere

Da oltre 60 anni, Shell e altre società estraggono petrolio in Nigeria, non curandosi dei bisogni di sussistenza degli abitanti. Le comunità indigene, da sempre dedite a pesca e agricoltura, sono state lasciate con acque e terreni contaminati. L’aspettativa di vita è calata drasticamente e nessun grido d’aiuto sembra essere ascoltato. La comunità internazionale non interviene risolutamente e i vari Governi del Paese hanno sempre collaborato con le compagnie estrattive, reprimendo ogni forma di rivolta. Eppure i popoli indigeni hanno diritto a un risarcimento, la restituzione e la bonifica delle terre.

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Parlano le donne migranti, quei viaggi segnati da violenze e abusi

Un elevatissimo numero di giovani donne ogni anno migrano, dall’Africa o dall’Asia, verso l’Europa o altri luoghi considerati più sicuri. Lo studio riportato nell’articolo mette in luce, attraverso racconti e dati, le violenze psicologiche e fisiche che queste persone – persino in tenera età – sono costrette a subire, oltre che nei loro Paesi di origine, anche durante i viaggi di migrazione e nei luoghi di destinazione. Diventa quindi sempre più necessaria l’implementazione di servizi di prevenzione e protezione che possano tutelare le donne migranti e affiancarle nei loro percorsi di reintegrazione e resilienza.

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Turchia accusata di usare armi chimiche sui curdi. E il mondo tace

Numerose testimonianze da parte di civili curdi hanno portato il PKK a rivolgersi alla comunità internazionale perché vengano avviate indagini ufficiali sull’utilizzo da parte della Turchia di armi non convenzionali. Una serie di rapporti hanno provato a dimostrare l’uso di armi chimiche come causa della morte delle vittime, ma spesso le autorità turche hanno impedito lo svolgimento delle indagini. L’UE e gli Stati Uniti sembrano reticenti a intervenire contro la Turchia, a differenza della Siria contro cui agirono duramente nel 2012 – a dimostrazione del diverso peso sullo scacchiere politico ed economico dei due Paesi.

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