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USA, migranti: non si fermano le espulsioni verso il sud del Messico

[Agenda 11 – 24 agosto 2021. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]

Foto dell’utente Flickr Thomas Cizauskas – Licenza CC con attribuzione

Diritti umani – Stati Uniti, i rimpatri aerei sotto la lente dell’UNHCR

Secondo quanto denunciato dall’UNHCR, l’11 agosto, il Governo statunitense starebbe “sfruttando” il Covid-19 per espellere dal proprio territorio migranti e richiedenti asilo nel Messico meridionale. Gli ordini di espulsione verrebbero attuati ai sensi del “Titolo 42”. La normativa – fissata dall’amministrazione Trump all’inizio della pandemia –  consente di “allontanare” i migranti per motivi di salute pubblica, impedendo loro di accedere alle procedure di asilo. “Gli individui o le famiglie a bordo dei voli [di rimpatrio] potrebbero avere urgenti esigenze di protezione”, ha affermato Matthew Reynolds, rappresentante dell’UNHCR per gli Stati Uniti e i Caraibi. “Corrono, infatti, il rischio di essere riportati agli stessi pericoli da cui sono fuggiti nei loro Paesi di origine, in chiara violazione del diritto internazionale e dei principi umanitari della Convenzione sui rifugiati del 1951. “In molti Stati – ha sottolineato Reynolds – sono stati messi in atto protocolli efficaci, che hanno garantito sia la salute pubblica sia il diritto di asilo. Gli Stati Uniti dovrebbero fare lo stesso.

Giustizia sociale – Spagna, “fermate le corride dei nani”. Spettacolo degradante

Il ministro dei Diritti Sociali spagnolo – Ione Belarra –  ha chiesto, l’11 agosto, l’introduzione di un divieto assoluto volto a impedire lo svolgimento di corride con toreri nani nella penisola iberica. Una pratica sempre più comune nei villaggi e nelle piccole città dell’entroterra. A suo avviso, la dignità delle persone affette da nanismo risulterebbe lesa da questo genere di “show”, definito “degradante” per l’intera comunità. La sua richiesta ha ricevuto l’immediato supporto delle associazioni a tutela dei diritti dei disabili. “È fondamentale capire come questo tipo di spettacolo comporti la costante derisione delle persone nane” anche al di fuori dello specifico contesto determinando profondi effetti negativi sui bambini, ha spiegato Carmen Alonso della Fundación Alpe-achondroplasia. Del resto, “durante l’ultima rendicontazione sull’attuazione della Convenzione ONU” sui diritti delle persone con disabilità, il relativo Comitatoha espressamente inviato [la Spagna] ad abolire la pratica, ha precisato Martín Blanco, funzionario presso il ministero dei Diritti Sociali.

Ambiente – Il declino degli impollinatori è un rischio per l’intera umanità

Un nuovo studio, pubblicato il 16 agosto sulla rivista scientifica Nature Ecology & Evolution, ha confermato il drammatico calo degli impollinatori, il cui ruolo è essenziale per la conservazione dei “servizi ecosistemici”. A loro volta, necessari per la sopravvivenza tanto dell’economica globale tanto degli esseri umani. “Ciò che sta accadendo agli impollinatori potrebbe avere enormi effetti a catena per l’umanità, si legge nel documento. “Api, farfalle, vespe, coleotteri, mosche, colibrì, sono infatti vitali per la riproduzione di oltre il 75% delle colture alimentari e delle piante da fiore. Tra cui: frutta e verdura alla base della dieta umana, nonché combustibili, fibre, materiali da costruzione. La produzione agricola mondiale associata all’impollinazione animale rappresenta un valore economico di miliardi di dollari. La ricerca – condotta da un team internazionale di 20 scienziati e rappresentanti indigeni sotto la guida di Lynn Dicks del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge – rileva tre principali cause determinanti la progressiva perdita di impollinatori: distruzione dell’habitat; errata gestione del territorio; uso eccessivo di pesticidi.

Politica internazionale – Indonesia, sventato possibile attacco terroristico di Jemaah Islamiyah

Jemaah Islamiyah (JI) – gruppo terrorista legato ad Al-Qaida e autore dell’attentato di Bali nel 2020 – era in procinto di sferrare un nuovo attacco in occasione delle celebrazioni per il giorno dell’Indipendenza dell’Indonesia (17 agosto). A renderlo noto, il 20 agosto, le forze di polizia indonesiane in seguito all’arresto di 53 sospetti estremisti, catturati in diverse province del Paese. Senza riferire particolari dettagli, la polizia ha però dichiarato di aver sequestrato armi e munizioni durante un’articolata operazione volta a “smantellare ed esaurire JI”. Secondo un funzionario della squadra antiterrorismo indonesiana, il gruppo – dopo essersi riconsolidato, reclutando membri, raccogliendo fondi, rafforzando logistica e armi – avrebbe già inviato militanti a combattere in Siria e Iraq. E potrebbe avere in programma la “spedizione” di reclute anche in Afghanistan. Gli analisti internazionali temono proprio che la vittoria dei Talebani possa dare nuovo slancio ai gruppi terroristici del sud-est asiatico. Non a caso, AQAP, frangia di Al-Qaida in Yemen, ha subito festeggiato il ritorno dei Talebani, promettendo di proseguire le proprie campagne militari.

Africa – Etiopia, al via nuovi social contro Facebook e Twitter

L’Agenzia statale per la sicurezza delle comunicazioni etiope (Insa) ha annunciato, il 23 agosto, di aver iniziato a sviluppare proprie tecnologie per sostituire – almeno a livello nazionale – Facebook e Twitter. Il Paese africano intende dar vita a piattaforme locali alternative ai due noti social network, accusati di “agire contro l’interesse dei cittadini etiopi”. A riguardo, Shumete Gizaw, Direttore dell’Insa, ha precisato come Facebook e Twitter siano ormai diventi veri e propri strumenti politici. In più occasioni, infatti “sono stati eliminati post e bloccati utenti, che raccontavano la vera realtà dell’Etiopia. Ad avviso di alcuni osservatori invece, dietro la decisione delle autorità etiopi ci sarebbe la volontà di operare uno stretto controllo sui mezzi di comunicazione di massa, capaci di influenzare ampie fasce di una popolazione composta per il 59% da giovani al di sotto dei 25 anni. Lo scorso anno, il Governo di Addis Abeba aveva lasciato senza Internet 100 milioni di persone per oltre due settimane a causa del conflitto nel Tigray. Un modo per “spegnere” il dissenso.

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