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Brasile, cambio di passo per la tutela dei 10.000 disabili “internati”

[Agenda 28 aprile – 11 maggio 2021. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]

Foto dell’utente Flickr JRMO – Licenza CC con attribuzione

Giustizia sociale – Brasile, nuove misure a protezione dei disabili “istituzionalizzati”

Il Conselho Nacional do Ministério Público – organo della Procura Generale brasiliana – il 28 aprile ha annunciato l’approvazione all’unanimità di una risoluzione tesa a tutelare i diritti fondamentali e la qualità di vita delle persone con disabilità all’interno delle case di cura private. I pubblici ministeri, in base al provvedimento, potranno infatti svolgere ispezioni annuali negli istituti per adulti. E avviare azioni legali laddove riscontrino abusi e negligenze nei confronti degli “ospiti”. L’obiettivo è altresì quello di realizzare una progressiva de-istituzionalizzazione degli oltre 10.000 disabili brasiliani attraverso misure volte a consentire loro di vivere in modo indipendente nella comunità piuttosto che in apposite “residenze”. La risoluzione presenta, tuttavia, un forte limite nella misura in cui non copre il sistema sanitario nazionale, a cui è affidata la gestione di numerose strutture. Già anni fa, Human Rights Watch aveva documentato le terribili condizioni di vita dei disabili dentro gli istituti pubblici brasiliani, denunciando soprusi e violenze anche verso i bambini.

Ambiente – Scozia, nuove proteste contro l’inquinamento nucleare

Il 30 aprile, tre attiviste di Extinction Rebellion Scotland (ERS) – movimento ambientalista scozzese – hanno bloccato il cancello nord della HMNB Clyde a Gare Loch nell’area di Argyll and Bute. La HMNB Clyde, detta anche Faslane, è una delle tre basi operative della Royal Navy britannica in Scozia. Nota per “custodire” armi e sottomarini nucleari. L’iniziativa ha rappresentato una forma di protesta contro l’inquinamento radioattivo. Le attiviste – dopo aver posizionato tre fioriere riportanti le scritte: Safe”, “Green” e “Future” – si sono incatenate. Hanno voluto così esprimere il loro netto dissenso all’uso di sostanze chimiche tossiche che, tra l’altro, stanno distruggendo l’ecosistema del fiume Clyde. Con un post su Facebook, l’ERS ha chiarito: “il degrado ambientale causato dalle miniere di uranio e dagli esperimenti nucleari è sempre più evidente” soprattutto “tra i Paesi insulari del Pacifico”, che maggiormente soffrono il cambiamento climatico. “L’emergenza ecologica in corso minaccia persone e Pianeta”. È necessario quindi “unirsi per costruire un futuro più sicuro per ogni individuo”.

Diritti umani – Libano, diritto allo studio negato per gli studenti rifugiati siriani

La burocrazia libanese costituisce un ostacolo insormontabile per il diritto allo studio di molti bambini e adolescenti rifugiati siriani. Questi infatti – in mancanza di residenza legale nel Paese – non potranno sostenere gli esami di licenza elementare e media. Al momento, circa l’80% dei rifugiati siriani (adulti e bambini) è privo della residenza legale. L’acquisizione della stessa risulta assai complicata a causa di parametri troppo rigidi e procedure farraginose. A denunciarlo, il 4 maggio, il Centre for Lebanese Studies coadiuvato da Human Rights Watch. “Il Libano sta sprecando centinaia di milioni di dollari, destinati all’istruzione dei bambini rifugiati”, ha dichiarato Maha Shuayb – Direttrice del Centre for Lebanese Studies. “I donatori internazionali – ha aggiunto – dovrebbero intervenire per spingere il Governo libanese a rimuovere queste assurde barriere”. Ogni bambino, “al di là del suo status di migrante, richiedente asilo ovvero rifugiato, hail diritto di accesso all’istruzione senza discriminazione alcuna.

Africa – Burkina Faso e Costa d’Avorio, collaborazione anti-jihadista

Crediamo che la lotta contro il terrorismo non possa essere condotta da un singolo Stato. Dobbiamo unire i nostri sforzi, condividere informazioni e mezzi per combattere in modo efficace questa piaga”. Il ministro della Difesa ivoriano, Téné Birahima Ouattara, ha così riassunto l’incontro del 10 maggio con il suo omologo burkinabé, Chériff Sy, tenutosi a Ouagadougou – capitale del Burkina Faso. I due Stati africani hanno deciso di attivare una Commissione bilaterale – formata da funzionari della difesa, della sicurezza e dell’intelligence – al fine di realizzare missioni congiunte anti-jihadiste. “Abbiamo già svolto una serie di operazioni per proteggere i nostri confini dai terroristi. Adesso si tratta di definire una strategia comune condivisa, ha precisato Chériff Sy. Dal 2015, il Burkina Faso è stato teatro di frequenti attacchi jihadisti. Oltre 1.300 persone sono state uccise e milioni di individui costretti ad abbandonare le proprie case. Mentre, la Costa d’Avorio ha iniziato a registrare i primi attentati nel 2016. L’ultimo assalto contro un posto di blocco lungo la frontiera settentrionale del Paese è avvenuto a giugno dello scorso anno, causando la morte di 12 soldati.

Politica internazionale – Al via i colloqui per un trattato globale sul “cybercrime

Si è tenuta, dal 10 al 12 maggio scorso, la prima riunione del Comitato ad hoc sulla criminalità informatica, istituito dall’Assemblea Generale ONU con risoluzione 74/247 del 27 dicembre 2019. Il Comitato – composto da esperti nazionali rappresentanti tutte le aree geografiche del mondo – è stato creato per predisporre un trattato internazionale a vocazione universale contro l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione a fini criminali. L’iniziativa è frutto di una proposta della Russia, la quale da tempo sostiene che la Convenzione di Budapest (del 2004) – unico trattato in materia di “cybercrime” – oltre ad avere carattere regionale costituisce ormai uno strumento giuridico troppo obsoleto. Le Potenze occidentali, così come le organizzazioni a tutela dei diritti umani si sono da subito opposte. Il timore è che ove prevalesse il modello autoritario russo (simile a quello cinese), Internet smetterebbe di essere uno spazio libero e aperto. Finendo sotto il rigido controllo statale con il pretesto di prevenire e combattere i reati informatici.

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