Site icon Voci Globali – Africa, giustizia ambientale e sociale, diritti umani

Colombia, cocaleros e ambientalisti contro l’uso del glisofato

[Agenda 14 – 27 aprile 2021. Tenere una finestra aperta sul mondo. In questa prospettiva, la nostra rubrica quindicinale racconta, attraverso cinque notizie, quanto accade nel panorama internazionale, in linea con le tematiche di Voci Globali.]

Foto dell’utente Flickr Flyingfabi – Licenza CC con attribuzione

Ambiente – Colombia, Duque riprende le irrorazioni di glisofato. I cocaleros si mobilitano

L’Asociación de Cocaleros ha annunciato, il 14 aprile, l’avvio di una mobilitazione di protesta – a data da destinarsi – contro la decisione del governo di Iván Duque di riprendere le fumigazioni aeree con il glifosato per distruggere i campi di coca. Il Decreto n. 380 è stato firmato il 12 aprile. Secondo quanto annunciato dal ministro della Difesa, Diego Molano, 9 velivoli sarebbero già pronti a svolgere le attività in condizioni di sicurezza così da proteggere “contadini, salute, ambiente. Le irrorazioni con il glisofato erano state sospese nel 2015 dal Consiglio Nazionale degli Stupefacenti (CNE) a seguito dell’allarme lanciato dall’OMS circa i potenziali effetti cancerogeni del pesticida. La Corte Costituzionale colombiana aveva poi, nel 2017, reintrodotto l’uso del potente erbicida a condizione che fossero rispettati una serie di requisiti sociali, ambientali e sanitari a tutela del territorio e delle comunità. Produciamo coca perché non esistono vie di comunicazione” nel Paese ha affermato Carlos Chapue, dirigente dell’Asociación. Manca il sostegno dello Stato “per commercializzare altri prodotti“,

Giustizia sociale – Milioni di donne non possono ancora dire: “il mio corpo mi appartiene”

Quasi la metà delle donne, in ben 57 Paesi, non ha diritto a disporre del proprio corpo. Ciò significa che viene loro preclusa la possibilità di compiere, in totale autonomia, scelte inerenti la propria salute riproduttiva e vita sessuale. Inoltre, sono esposte all’alto rischio di subire violenza di genere, pratiche dannose, matrimoni precoci. È quanto emerge dal nuovo report My body is my own“, pubblicato il 14 aprile dall’UNEP. Il documento evidenzia che per una donna gestire liberamente il suo corpo si traduce in un maggiore controllo rispetto ad ogni altro ambito della sua stessa vita: dalla salute all’istruzione, passando per l’indipendenza economica e la sicurezza. Negare l’autodeterminazione corporea equivale a rafforzare l’ineguaglianza sociale e a perpetuare le discriminazioni di genere. In buona sostanza, ha dichiarato Natalia Kanem, Direttore Esecutivo UNEP, “l’esistenza di troppe donne e ragazze continua a essere ‘governata’ da altri“, aggiungendo: “tutto questo annienta lo spirito e deve finire“.

Politica internazionale – Nuovi raid aerei di Israele su Gaza

Il 17 aprile, l’aeronautica militare israeliana è tornata a colpire la Striscia di Gaza. Il primo raid aereo era stato effettuato all’alba del giorno precedente in risposta ad un attacco missilistico proveniente dall’enclave palestinese. Secondo fonti militari ufficiali, si è trattato di un’operazione volta a distruggere “obiettivi terroristici” appartenenti ad Hamas. In un tweet, il ministero della Difesa israeliano ha subito reso noto che i target includevano: una struttura di addestramento, una postazione di lancio di missili antiaerei, un impianto di produzione di cemento e un’infrastruttura per la costruzione di tunnel terroristici. Dal canto suo Hamas, ha asserito “nonostante l’azione israeliana, Gaza continua a combattere e non si piega“. La tensione tra le due parti è cresciuta nel corso della settimana, destando la preoccupazione internazionale. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile, gruppi di palestinesi si sono scontrati con le forze di polizia israeliana a Gerusalemme Est, in concomitanza con nuovi raid tra Gaza e il Sud di Israele.

Diritti umani – Danimarca, revocare lo status di rifugiati ai siriani è un errore

Con una dichiarazione congiunta, riportata sul sito di Human Rights Watch il 19 aprile, un gruppo di analisti, ricercatori ed esperti del contesto siriano (per un totale di 8 persone) hanno fermamente condannato la decisione del Governo danese di revocare la “protezione temporanea” ai profughi provenienti da Damasco. Scelta basata sul presupposto che nell’area in questione il livello di sicurezza sia migliorato in modo significativo. “Nel provvedimento governativo non riconosciamo affatto le opinioni da noi espresse al Servizio Immigrazione danese (COI)” – si legge nella nota. Copenaghen “dovrebbe rivedere la sua posizione”. Senz’altro nella capitale siriana, dal 2018, è in corso un conflitto a bassa intensità senza “ostilità attive”. Tuttavia, ha scritto la coalizione – “questo non vuol dire che per i rifugiati sia sicuro tornarvi”. Gli apparati di sicurezza siriani continuano, infatti, a porre in essere “arresti, detenzioni arbitrarie, torture, violenze e discriminazioni. La decisione delle autorità danesi ha già portato al mancato rinnovo del permesso di soggiorno per 94 rifugiati siriani.

Africa – Ciad, nessuna prospettiva di dialogo tra Giunta militari e ribelli

Il Consiglio militare di Transizione (CMT), il 25 aprile, ha annunciato di non aver alcuna intenzione di avviare un negoziato di pace con il gruppo ribelle Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (FACT), ritenuto responsabile della morte del presidente Idriss Déby durante l’attacco armato del 20 aprile scorso. La Giunta golpista ha, inoltre, chiesto il supporto del Niger per catturare i ribelli, definiti “criminali di guerra” e “terroristi”. Secondo il generale Azem Bermandoa Agouma, portavoce del Consiglio militare, il FACT sta collaborando con “diversi gruppi di jihadisti e trafficanti, che hanno servito come mercenari in Libia”. In una dichiarazione televisiva, ha precisato: “di fronte a questa situazione, che mette in pericolo il Ciad e la stabilità dell’intera regione, non è il momento della mediazione o dei negoziati con i fuorilegge“. Mentre il politico Albert Pahimi Padacke veniva nominato primo ministro del Governo ad interim (26 aprile), nel Paese sono scoppiate le proteste contro il CMT.Non vogliamo che il nostro Paese diventi una monarchia”, ha detto un manifestante, “i militari devono tornare in caserma per far posto a una transizione civile”.

Exit mobile version