Territori occupati, quell’apartheid che distrugge l’ambiente

Acqua sempre più scarsa e inquinata, rifiuti non trattati gettati in mare, suolo impoverito e tossico, agricoltura devastata: queste sono alcune delle palesi conseguenze della politica di insediamenti e controllo da parte di Israele su Gaza e Cisgiordania. C’è una vera emergenza ambientale, oltre che umanitaria, in questa regione del mondo sempre più lacerata da conflitto e odio. Lo sproporzionato utilizzo di risorse naturali da parte di Tel Aviv per alimentare le sue colonie, spesso illegali, si sta trasformando anche in un’azione contro l’ecosistema.

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Israele e Hamas: quei soliti e strategici cessate il fuoco temporanei

L’articolo, scritto pochi giorni prima dell’ennesimo cessate il fuoco, analizza il conflitto concentrandosi sull’alternanza tra fasi più o meno lunghe di violenza e periodi di tregua, che sembra protrarsi ormai all’infinito. Da un lato, però, Hamas sta acquisendo la capacità di colpire zone più ampie di Israele e per periodi di tempo più lunghi e, parallelamente, le rappresaglie israeliane si fanno più feroci e intense. Il motivo di questa costante escalation sembra risiedere nella volontà di entrambe le parti di restituire un’immagine vittoriosa al proprio popolo, piuttosto che di raggiungere obiettivi concreti rispetto sia al conflitto sia ai negoziati di pace.

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Colombia, cocaleros e ambientalisti contro l’uso del glisofato

L’Asociación de Cocaleros annuncia una mobilitazione nazionale contro la decisione del Governo di riprendere le fumigazioni aeree per distruggere i campi di coca. Un nuovo report dell’UNEP rileva come milioni di donne non abbiano ancora diritto a disporre del proprio corpo. Israele torna a colpire la Striscia di Gaza, definendo gli attacchi “operazioni anti-terrorismo. La Danimarca revoca la “protezione temporanea” ai rifugiati siriani: Damasco ormai sarebbe un luogo sicuro. In Ciad, la Giunta golpista non intende negoziare con il gruppo ribelle FACT.

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Palestina, l’interminabile vicolo cieco delle nuove elezioni

A distanza di ben 15 anni dall’ultimo voto, lo scorso gennaio la Commissione Centrale Elettorale palestinese ha annunciato le elezioni legislative e presidenziali, entrambe fissate per quest’anno. In un contesto sociale, politico e geografico caratterizzato dalla polarizzazione fra Hamas e Fatah e da una profonda sfiducia nei confronti di un sistema istituzionale debole e corrotto, gli esiti appaiono più incerti che mai. E la fine dell’occupazione sembra ancora più lontana. Voci Globali ne ha parlato con due attivisti palestinesi rispettivamente residenti a Gaza e nella West Bank.

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Pesticidi, colosso della chimica rinuncia al velenoso Clorpirifos

La statunitense Corteva Inc. entro l’anno smetterà di produrre un insetticida tossico per l’ambiente e la salute umana. La Croazia, invece, apre alle “adozioni gay” grazie a una storica sentenza della Corte costituzionale. Intanto, l’Autorità Nazionale Palestinese boccia il cosiddetto “Deal of the Century” proposto dagli USA. E la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si pronuncia a favore della Spagna in un caso di “respingimento” di migranti verso il Marocco. In Camerun, massacro di civili nel corso di un’operazione antiterrorismo ad opera delle forze di sicurezza, che però parlano di “sfortunato incidente”.

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Vivere nella Striscia di Gaza, da 70 anni prigione a cielo aperto

Esiste un territorio nella regione palestinese che è considerato una sorta di prigione per i suoi circa 2 milioni di abitanti. È la Striscia di Gaza, lingua di terra incuneata tra Israele ed Egitto che ogni giorno deve fare i conti con le restrizioni alle libertà imposte nel 2007 dal Governo di Tel Aviv. Persone e beni di prima necessità riescono a transitare nella Striscia solo in base a quote stabilite da Israele. La conseguenza è l’aumento di povertà, frustrazione e violenza tra i suoi abitanti, ancora in cerca di libertà e giustizia. Ce lo racconta Ahmed Masoud, originario di Gaza e autore del romanzo “Scomparso”, edito in Italia da Legeb.

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Africa e Medio Oriente, la calda estate all’insegna della violenza

Il bilancio dei fatti accaduti durante l’estate è drammatico. Il terrorismo radicale jihadista ha fatto vittime in Egitto, Somalia, Nigeria, Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo. Le lunghe e violente guerre civili in Siria e Yemen hanno registrato nuovi attacchi e offensive distruttive, mentre nel territorio libico le truppe di Haftar hanno ripreso l’avanzata. Le proteste in Malawi contro l’irregolare elezione presidenziale e le tensioni mortali tra Israeliani e Palestinesi chiudono un quadro davvero preoccupante.

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Israele, la “patria degli ebrei” che scatena nuove tensioni

La tensione in Medio Oriente, nei territori della Palestina, è sempre accesa. La striscia di Gaza continua ad essere teatro di violenza e morte tra i Palestinesi, che rivendicano il diritto di tornare nelle proprie terre con la Marcia del Ritorno, e gli Israeliani che affermano di difendersi contro atti di terrorismo rivolti verso il loro territorio. Intanto la politica degli insediamenti israeliani, illegali secondo l’ONU, trova nuovo slancio. A rendere più difficile la pace anche la legge approvata dalla Knesset che riconosce Israele Stato-nazione degli ebrei. Un cerchio di morte e di guerra, quindi, che non riesce a rompersi.

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Gaza, il futuro frenato dall’indifferenza e dalle paure di Israele

Le immagini di uomini, donne, giovani e anziani palestinesi diretti verso il confine israeliano hanno creato una terribile angoscia nell’immaginario collettivo. Non c’è da affrontare solo il recente conflitto esploso sulla Striscia, ma anche far fronte alle sue cause, per dare agli abitanti di Gaza un qualche motivo per credere ancora nel loro avvenire. Ma Israele, in realtà, nutre forti preoccupazioni circa la sua sicurezza. Si preoccupa che il miglioramento delle condizioni, in particolare di quelle economiche, darebbe ad Hamas nuove opportunità per rafforzarsi.

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La “normalità” di Gaza raccontata da Shareef Sarhan

Intervista al fotografo e artista palestinese tra gli autori di “Windows from Gaza”, progetto che documenta la vita nell’assedio. Macerie, spiagge, donne tra le case bombardate, pescatori e poi sorrisi. Volti di bambini che giocano tra la polvere di un edificio crollato e una normalità senza filtri. Sono i principali soggetti degli scatti che hanno fatto il giro del mondo da quando si iniziò a pubblicare le foto sui social. “Ci mostriamo sorridenti, nonostante i bombardamenti a pochi metri. In questo modo, tutti insieme, riduciamo le sensazioni di paura e spavento. Queste foto ci hanno regalato piccoli attimi di spensieratezza e ci siamo sentiti al sicuro, anche se per poco.”

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