[Traduzione a cura di Davide Galati dall’articolo originale di Thomas Sealy pubblicato su openDemocracy]
Nei primi giorni dell’epidemia di coronavirus, avvisi anonimi sono stati lasciati negli ascensori degli edifici residenziali in Brasile, per offrire aiuto e riparo alle donne che stavano entrando nel lockdown insieme ai loro molestatori. Alcuni includevano anche messaggi rivolti a questi ultimi: “Non puoi nasconderti dietro il Covid-19! Stiamo controllando, e chiameremo la polizia“, si leggeva in uno di questi messaggi.
Nei quartieri più svantaggiati di Rio de Janeiro, gli attivisti di base stanno usando anche WhatsApp per diffondere informazioni vitali sull’evoluzione della pandemia e sulle misure igieniche per evitare l’infezione. Tramite messaggi di testo, memo vocali, meme accattivanti e infografiche, condividono suggerimenti su come accedere agli aiuti finanziari e su come ottenere aiuto in caso di abusi domestici.
“Da bambini impariamo ad aiutarci a vicenda, a pensare in termini comunitari, perché comprendiamo che la sopravvivenza di un’altra donna è la nostra stessa sopravvivenza“, afferma Aline Maia Nascimento dell’Osservatório de Favelas, il gruppo di base a Rio de Janeiro che coordina questi messaggi WhatsApp.
Il Brasile è ora l’epicentro del Covid-19 in Sud America e, mentre nessuno era preparato alla pandemia, i loro anni di attivismo le hanno aiutate a entrare in azione. Nascimento ci ha detto che la loro campagna “si sta rivelando un successo, con molte donne che ci contattano per ricevere aiuto anche da aree che non avevamo indirizzato direttamente, il che dimostra che le nostre informazioni sono state ampiamente condivise“. Ma queste attiviste sentono anche il peso che grava sulle loro spalle.
“In questo momento, stiamo intraprendendo azioni palliative perché lo Stato non si fa vedere“, afferma Nascimento. Da quando il Governo di estrema destra di Jair Bolsonaro ha preso il potere dopo le contestate elezioni del 2018, le politiche sociali critiche sono state prese di mira, e i budget per rispondere alla violenza contro le donne sono stati tagliati. I movimenti degli attivisti stanno surrogando il lavoro di istituzioni fallite o smantellate.
Insieme alle campagne di informazione pubblica, i gruppi di base stanno anche distribuendo cibo e altri beni essenziali alle famiglie senza reddito durante la pandemia. Helena Silvestre, un’attivista presso l’Escola Feminista Abya Yala, un’organizzazione di protezione delle donne nere di São Paolo, descrive come queste consegne di cibo siano servite anche a identificare le donne a rischio di abusi.
“Troviamo ogni tipo di situazione: donne che hanno bisogno di aiuto per sé stesse o che conoscono altre donne in pericolo. Attraverso questo primo contatto e il legame che stabiliamo, possiamo adattare la nostra risposta” afferma Silvestre, spiegando che questo va da semplici accordi per rimanere in contatto al sostegno morale, fino alla creazione di parole in codice che le donne possono usare se minacciate e hanno bisogno di aiuto.
Le parole in codice consentono a queste donne di rivolgersi agli attivisti anche se i telefoni cellulari sono monitorati dai loro molestatori. Grazie a queste tattiche, Silvestre racconta che il suo gruppo ha recentemente aiutato una donna e il suo giovane figlio a lasciare una situazione di abuso domestico. Attraverso la loro rete, hanno rapidamente trovato una famiglia disposta a fornire loro riparo, e hanno anche raccolto donazioni di cibo e un letto.
“Per alcune donne, sapere di poter contattare qualcuno è già un grande sollievo, mentre altre hanno bisogno di un supporto psicologico più specializzato“, afferma Silvestre. Questo è il motivo per cui la sua organizzazione ha anche mobilitato una serie di psicologi volontari che utilizzano varie piattaforme online per connettersi con le donne più bisognose e aiutarle durante i giorni di lockdown.
Donna di colore e attivista dall’età di tredici anni con molte lotte alle spalle, Silvestre ammette di sentirsi particolarmente sfidata dalla crisi Covid-19 e da quello che deve ancora arrivare. Ciò che le dà speranza è “vedere tante donne, spesso loro stesse vulnerabili, che lavorano per aiutarsi l’un l’altra“.
Una “pandemia ombra” globale
A livello internazionale, la violenza contro donne e ragazze è in aumento, mentre la pandemia di coronavirus ha costretto un numero senza precedenti di persone a restare a casa. Le linee di supporto telefonico in tutto il mondo hanno registrato un numero record di chiamate e le Nazioni Unite hanno segnalato una crescente “pandemia ombra“, sollecitando i governi a fare di più per proteggere le donne durante la crisi.
Da quando a metà marzo alcune autorità statali e municipali brasiliane hanno imposto restrizioni ai movimenti, i giudici specializzati nella violenza di genere stimano che tali casi siano raddoppiati. Ma le attiviste per i diritti delle donne credono che queste cifre allarmanti siano solo una frazione del numero effettivo, dati i numerosi ostacoli subiti dalle donne che hanno bisogno di aiuto.
“Molte non possono telefonare, uscire di casa o prendere i mezzi pubblici per raggiungere un centro di assistenza, semplicemente perché non hanno i soldi“, afferma Nascimento, presso il gruppo dell’Observatorio de Favelas di Rio de Janeiro. “E questo è particolarmente vero per le donne che vivono nelle favelas, per lo più povere e costrette a fare affidamento su piccoli salari giornalieri che ora non hanno più“.
Le infezioni da coronavirus si stanno diffondendo rapidamente nelle favelas del Brasile. Circa 13 milioni di persone vivono in queste baraccopoli sovraffollate, con scarsa igiene e accesso limitato ai servizi sociali pubblici, tra questi la legge e l’ordine. “Come luoghi razzializzati, le favelas sono stigmatizzate come violente e insicure“, racconta Nascimento denunciando la mancanza di sostegno dello Stato per le donne a rischio.
Prima della pandemia, la polizia è rimasta lontana da questi quartieri tranne che per intraprendere violente incursioni che, dice Nascimento, hanno spaventato le donne e impedito loro di chiedere aiuto agli enti governativi quando venivano aggredite. “L’attuale pandemia sta facendo luce su una crisi cronica già esistente“, afferma, facendo eco ad avvertimenti simili degli attivisti per i diritti di tutto il mondo.
Anche in tempi “normali”, il Brasile è uno dei Paesi più violenti al mondo per le donne. Nel 2018, quasi il 70% delle donne uccise nel Paese erano nere, secondo i dati ufficiali. Nascimento incolpa il razzismo strutturale e gli stereotipi razziali di genere per l’esacerbazione di questa violenza, insieme alla povertà e alla discriminazione che hanno anch’esse un impatto sproporzionato sulle donne di colore.
In Brasile anche la gestione della pandemia da parte del presidente Bolsonaro sta causando una tempesta politica. È stato accusato di aver diffuso informazioni fuorvianti sul virus; di sabotare gli sforzi di preparazione; di attenuare le misure di lockdown troppo presto, anche se il bilancio delle vittime sta crescendo.
Respingere i diritti delle donne è stato un segno distintivo della presidenza di Bolsonaro, il quale ha anche sfruttato l’attuale emergenza per rafforzare la sua retorica anti-genere e sessista. Per convincere i brasiliani a tornare al lavoro, ha rilasciato dichiarazioni come: “Le donne vengono picchiate a casa. Perché? In una casa in cui manca il pane, tutti combattono e nessuno ha ragione“.
Le attiviste per i diritti delle donne temono che questa retorica incendiaria, peraltro familiare in una società profondamente patriarcale e razzista, non solo normalizzi l’ondata di violenza contro le donne, ma sottoponga le donne brasiliane a un rischio ancora maggiore.
Per contrastare tutto questo, il gruppo Odara – Instituto da Mulher Negra con base a Salvador, capitale dello Stato brasiliano nord-orientale di Bahia, sta raddoppiando gli sforzi per respingere le prospettive sessiste. Il suo portavoce afferma: “Dobbiamo prendere di mira gli uomini con messaggi decisi ed esortarli ad agire in solidarietà con le donne, il che significa soprattutto trattarle con rispetto“.
Nonostante tutte le incertezze sul futuro del mondo dopo il coronavirus, almeno questo è molto chiaro: la crisi sanitaria sta già approfondendo le disuguaglianze preesistenti e le donne – in Brasile e in tutto il mondo – stanno sopportando gran parte delle conseguenze.
In vista delle elezioni del 2018, che portarono al potere Bolsonaro, 2 milioni e mezzo di donne si mobilitarono online in pochi giorni per avviare una campagna contro di lui. Anche l’epidemia di coronavirus ha innescato una risposta immediata da parte delle attiviste consapevoli dei rischi indotti dalle misure di isolamento per le persone che affrontano la violenza domestica.
Le risposte di base sono state rapide, e creative. Ma per quanto tempo la protezione delle donne può dipendere dalla forza e dal potere delle donne stesse?
Aline Maia Nascimento a Rio de Janeiro insiste sul fatto che, in definitiva, “per affrontare i problemi cronici e profondamente radicati che le donne di colore devono affrontare, sarà necessaria un’azione coraggiosa, non solo da parte dalla società civile ma anche da parte dallo Stato“.