guerra

Tigray, a un anno dall’accordo di Pretoria pace tutt’altro che certa

La guerra civile che ha insanguinato il Nord dell’Etiopia tra il 2020 e il 2022 ha trovato una risoluzione nel cessate il fuoco firmato nel novembre dello scorso anno. Grazie alle soluzioni concordate, la regione sembra aver trovato un’intesa con la federazione, ma la situazione risulta ancora estremamente fragile: dopo gravi massacri e violenze di ogni genere, il Paese pare sull’orlo di una nuova crisi, potenzialmente sostenuta dalle tensioni presenti tra le varie etnie della nazione. Secondo l’analista William Davison, da noi intervistato, solo il dialogo può portare a una vera e duratura stabilità.

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Israele-Gaza, il dramma dei profughi in un contesto così disperato

Dopo l’attacco di Hamas, Tel Aviv ha risposto con pesanti bombardamenti sulla Striscia: le vittime della guerra sono migliaia, sia da parte palestinese che israeliana, ma a ciò si aggiunge il dramma degli sfollati in un’area tra le più complesse e povere al mondo. Al già altissimo numero di rifugiati presenti nella Striscia si aggiungono anche coloro che scappano dalle bombe ma non riescono a trovare un passaggio che li porti lontano dalla guerra. Intanto, salgono le tensioni anche in Cisgiordania, area in cui gli scontri tra palestinesi e coloni avevano toccato un picco già nell’anno passato.

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Giornata della pace, ma nel mondo impazzano guerre e conflitti

Dal 2001, il 21 settembre è un’occasione per tirare le somme riguardo l’eradicazione della violenza e il rispetto (anzi il mancato rispetto) dei diritti umani. Il 2023 segna un bilancio disastroso con un numero di situazioni di ostilità e scontri violenti mai raggiunto dal 1945. Nessun Continente è escluso da questo fenomeno. Voci Globali fa il punto su alcune delle aree maggiormente interessate dalla violenza. La realtà emersa mostra anche forti criticità quando si va riflettere sul ruolo della comunità internazionale in materia di peace-building e peace-keeping nelle aree di maggiore crisi.

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La Natura della guerra, conseguenze sull’ambiente in Ucraina

Il conflitto che sta devastando l’Ucraina trascina con sé ripercussioni che affliggono l’ambiente, insieme alla distruzione della vita delle persone e di un intero Paese. Dall’inquinamento di suolo e acque alla fragilità del futuro degli accordi sul clima, molti degli effetti legati alla sostenibilità passano per il rischio radioattivo che coinvolgerebbe un intero Continente. E con la fine degli scontri e degli attacchi, ciò che appare più auspicabile è una visione diversa sulle attività belliche e sul ruolo che tutti i conflitti ricoprono nell’impatto su biodiversità e ambiente e sulla loro tutela.

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I media internazionali abusano dell’eroismo dei giornalisti ucraini

Alik Sardarian, produttore televisivo con esperienza in zone di conflitto, rivela l’irrispettoso trattamento riservato ai giornalisti ucraini da parte degli organi di stampa internazionali, i quali, a caccia di immagini sempre più forti e di impatto, non tutelano la sicurezza dei lavoratori locali, spesso inviati nelle zone di combattimento più pericolose. Quello dei reporter in loco è un lavoro necessario, ma poco riconosciuto dai colleghi stranieri. Esistono però delle norme precise a cui è indispensabile aderire per la sicurezza di tutte le persone coinvolte ed evitare ulteriori vittime.

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Migranti criminalizzati: cercano protezione ma finiscono in carcere

Detenzione preventiva ed ergastolo per chi scappa da guerre e persecuzioni. Con la crescente esternalizzazione delle frontiere in Europa, chi intenda fare richiesta di protezione internazionale non può che intraprendere pericolose vie illegali di migrazione. Costretti a guidare un gommone, i migranti sono arrestati al loro arrivo. L’accusa è di omicidio colposo. In Grecia, chi guida un’imbarcazione con a bordo passeggeri di Paesi terzi è accusato di traffico di esseri umani. E così, disperati richiedenti asilo si ritrovano spesso condannati a vita. Sentenze pronunciate in mancanza di prove e in violazione del principio dell’equo processo.

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Rifugiati, per una reale accoglienza educare i cittadini all’empatia

I programmi di integrazione e di inclusione vengono indirizzati principalmente ai migranti. Sarebbe invece necessario educare le popolazioni dei Paesi di accoglienza, fornendo loro un quadro storico e sociale che faccia comprendere le situazioni dalle quali i migranti sono costretti a fuggire. L’attività di ONG e gruppi di attivisti non basta, i Governi dei Paesi ospitanti dovrebbero implementare una comunicazione ufficiale per promuovere un’accoglienza consapevole e attiva, tramite iniziative concrete destinate ai cittadini fin dalle prime età, per prevenire l’indifferenza e l’odio sociale.

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Fuori la guerra dalla Storia, donne e movimenti per la pace globale

La guerra ci riguarda, nonostante una parte di mondo non sembri esserne toccata: la cultura militare plasma le strutture sociali e l’educazione, entra nelle spese nazionali e ne sostiene l’economia attraverso la produzione di armi e sistemi militari. I conflitti nel mondo sono ancora tanti e portano con sé violenza e distruzione. In occasione della Giornata Internazionale per la Pace – 21 settembre – Voci Globali ricorda i movimenti di resistenza contro la guerra e per una cultura di pace e solidarietà, condotti da donne nei territori bellici e in tutto il mondo.

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Ecocidio, violentare la natura può diventare crimine internazionale

A chi rispondono coloro – individui, aziende, fabbriche, multinazionali, Stati – che irresponsabilmente hanno causato disastri ambientali irreparabili, distruggendo ecosistemi e compromettendo l’esistenza degli esseri viventi? Si può continuare ad agire nell’impunità? Che ruolo può avere il diritto internazionale nella salvaguardia della Terra? L’Indipendent Expert Panel for the Legal Definition of Ecocide, comitato indipendente avviato nel novembre 2020, dopo svariati confronti pubblici ha redatto la definizione legale di ecocidio, con l’obiettivo di renderlo punibile dalla Corte Penale Internazionale.

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Mine anti-uomo, dai pappagalli verdi a quelle costruite in casa

“Ho visto intere famiglie distrutte dalle mine, rovinate da amputazioni di gambe e braccia operate al fine di salvare vite”. Con queste parole Emanuele Nannini – Director Emergency and Development Area di Emergency – ci ha introdotto alla sua lunga esperienza sul campo in Paesi martoriati dalle presenza di mine anti-uomo. Ordigni utilizzati ancora oggi in aree del mondo coinvolte in conflitti interminabili o disseminati in un passato di violenza. Esistono le armi – e le mine – perché esiste la guerra, la guerra va ripudiata come strumento di risoluzione delle controversie. Perché la guerra – per dirla con Erasmo da Rotterdam – “piace solo a chi non la conosce”.

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