crimini di guerra

Sudan, calamità umanitaria ormai sparita dai radar internazionali

Sono ormai oltre 200 i giorni di sangue nel Sudan che non fa più notizia. Mentre altri, altrettanto drammatici teatri di guerra s’impongono al centro dell’attenzione mediatica (e quindi politica) globale, nel cuore del continente africano “una catastrofica crisi dei diritti umani” va in scena a riflettori spenti. Almeno 10 mila morti e quella che per Unicef è la più grave crisi di sfollamento infantile del Pianeta sono il risultato di sette mesi di un conflitto brutale che si combatte senza quartiere e senza regole. Nel Darfur, a vent’anni dal genocidio, infuria la violenza etnica. L’UNHCR: “il mondo deve prestare attenzione”.

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Israele-Hamas, la differenza tra pausa umanitaria e cessate il fuoco

La comunità internazionale sta invocando a gran voce un’interruzione delle ostilità tra Hamas e Israele, che potrebbe assumere due forme diverse a seconda delle finalità e dei risultati auspicati. Anche se una pausa umanitaria potrebbe sembrare un obiettivo più facilmente raggiungibile per dare sollievo alla popolazione, viene in realtà ritenuta dagli esperti una soluzione più rischiosa perché meno chiara in termini di applicazione. Il cessate il fuoco, invece, appare come l’unica possibilità di una reale tregua ma sulla quale le parti in causa continuano a sfidarsi, sprezzanti della vita dei civili.

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Bambini in guerra, abusi oltre ogni limite su minori usati in conflitti

L’Onu non aveva mai registrato tante gravi violazioni contro i minori nei conflitti armati di tutto il mondo in un solo anno come nel 2022. Sono stati uccisi, mutilati, arruolati, rapiti, stuprati, arrestati. Le loro scuole e gli ospedali in cui cercavano cure sono stati bombardati, gli è stato persino negato l’accesso umanitario. RD Congo, Somalia, Israele e Palestina sono ancora i peggiori inferni per i bambini. Per la prima volta nella “lista della vergogna” del Segretario generale entra la Russia; il grande assente, di nuovo e nonostante le numerose gravi violazioni verificate, è Israele.

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Stupro nei conflitti, le donne come territorio nemico da assediare

La violenza sessuale è ancora usata come arma, strategica e devastante, nelle guerre moderne. Sono milioni le vittime, ignorate dalle comunità, dai media, dalla giustizia. In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti, di questo che tra i crimini di guerra e contro l’umanità è il più ignobile e nascosto abbiamo parlato con Desanges Kabuo, che ne è sopravvissuta e oggi coordina la sezione provinciale del Mouvement national des survivantes en RDCongo nel Sud Kivu ed è assistente psicosociale per la Fondazione Panzi a Minova.

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Uganda, oppositori scomparsi, torturati nei centri detentivi illegali

Tra le notizie di questo mese: la CPI avvia un’indagine sui crimini di guerra perpetrati in Ucraina. Quindicesimo vertice militare sino-indiano sui confini contesi in Himalaya: nessun accordo raggiunto. Il Somaliland – unico Stato fantasma al mondo – chiede il riconoscimento internazionale. Appello di 17 Associazioni ambientaliste italiane al Governo per la sicurezza alimentare. Svolta rivoluzionaria nella prevenzione dell’HIV grazie alla versione iniettabile della PrEP. La Russia ferma i negoziati di pace sulle Isole Curili dopo le sanzioni del Giappone per la situazione ucraina.

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Guerra Russia-Ucraina, debolezza e crisi del diritto internazionale

Mentre l’Ucraina comincia a ricevere i primi aiuti militari da parte di alcuni Stati europei, le norme per il mantenimento della pace internazionale vengono gravemente messe in crisi dalla situazione in corso. L’aggressione perpetrata dalla Russia al territorio ucraino è una chiara e preoccupante minaccia alla pace e come tale è perseguibile per legge. Ma il ruolo della Federazione Russa come membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fa sì che una reazione sul piano legale da parte degli altri Paesi sia estremamente complessa. Anche se non impossibile.

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Mali, la cultura dell’impunità che umilia i diritti e la dignità umana

A 10 anni dall’inizio del conflitto e a quasi 7 dall’Accordo di Algeri, il Paese africano è tutt’altro che pacificato. Anzi, l’instabilità politica e l’insicurezza cronica hanno aggravato la crisi umanitaria, che rischia ormai di trasformarsi in una vera e propria catastrofe. Mentre si assiste a continue violazioni dei diritti umani – soprattutto in alcune regioni del Nord – l’impunità sembra regnare sovrana. La comunità internazionale “accusa” le istituzioni statali maliane di tollerare o addirittura incoraggiare certe gravi pratiche illecite, impedendo così la riconciliazione nazionale.

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Myanmar, un regime che sparge sangue grazie al traffico dei rubini

Il regime che dal golpe dello scorso febbraio insanguina il Myanmar sarebbe legato a doppio filo allo sfruttamento delle miniere di rubini. L’attentato alla democrazia, la repressione violenta delle manifestazioni civili e le atrocità contro le minoranze etniche. Tutto sarebbe finanziato dal “racket militare corrotto” costruito attorno alle pietre preziose. Un’indagine di Global Witness mette a fuoco il legame tra l’estrazione delle gemme rosse, i conflitti armati e la catastrofe dei diritti umani che si sta consumando nel Paese. L’appello ai grandi nomi della gioielleria mondiale: boicottaggio.

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In Guatemala l’omotransfobia è promossa dalle istituzioni

Tra le notizie di questo mese: nuove specie invasive minacciano l’Antartide. L’ex presidente sovietico, Mikhail Gorbaciov, è stato citato in giudizio per crimini di guerra da 6 cittadini lituani. In Nigeria, si svolgerà il primo censimento digitale della popolazione. L’ONU chiede maggiore partecipazione dei giovani nei tavoli di pace”. Mentre continua l’ambizioso progetto di eliminare il cancro della cervice uterina, le 5 Potenze nucleari si impegnano a prevenire la guerra atomica e a promuovere il disarmo nucleare.

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Sud Sudan, laddove i crimini internazionali rimangono impuniti

A gennaio scorso, il Governo del Paese africano ha approvato l’istituzione di una Corte ibrida competente a giudicare i crimini commessi dalle parti in conflitto a partire da dicembre 2013. L’annuncio – accolto con cauto ottimismo dalla comunità internazionale visti i precedenti – non è stato però seguito dai fatti. Ad oggi, della Hybrid Court for South Sudan (HCSS) non vi è ancora la benché minima traccia. E le conseguenze della sua mancata creazione risultano assai rilevanti sia sotto il profilo nazionale che regionale. E le atrocità commesse in Sud Sudan rischiano di non avere colpevoli.

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