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Seychelles, quando un paradiso tropicale nasconde l’inferno

Sono circa 350.000 i turisti d’élite che ogni anno atterrano a Mahé – perlopiù francesi, tedeschi, italiani e russi – pronti a crogiolarsi nel torpore tropicale. L’articolo porta il lettore in un viaggio oltre le mura dei resort, a scoprire come vivono gli abitanti delle isole, facendo emergere le verità scomode che non si leggono di certo sui dépliant. Tra bancarelle, spiagge, mercati e strade, i Seychellois si raccontano con semplicità, rivelando una realtà tutt’altro che rosea: eroina, furti e apatia generale sembrano immobilizzare il Paese, impedendogli di sviluppare le proprie risorse e capacità.

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Yemen, accordi in corso ma nessuno si aspetta ancora la pace

Lo scorso dicembre è stato raggiunto un accordo, seguito poi da una Risoluzione dell’ONU, sulla situazione nel Paese, da anni lacerato da un sanguinoso conflitto. L’accordo, seppur debole, rappresenta un barlume di speranza per i milioni di yemeniti che stanno affrontando le devastanti conseguenze, a breve e lungo termine, di una guerra apparentemente senza fine. In particolare, la malnutrizione e la quasi totale mancanza di istruzione stanno creando una nuova generazione di traumatizzati e analfabeti, persone quindi che difficilmente saranno in grado di ricostruire il Paese, almeno in tempi brevi.

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Afghanistan, Maryam Sama: dalla politica in tv al Parlamento

Emersi i risultati elettorali del voto parlamentare in Afghanistan dove i cittadini sono andati al voto per eleggere i candidati della Wolesi Jirga, la Camera bassa del Parlamento. Tra loro anche una donna, la più giovane che siederà sugli scranni dell’istituzione del Paese. Si chiama Maryam Sama, è una giornalista e conduce le tribune elettorali di un’emittente televisiva. Il suo messaggio all’Occidente: “Non soffermatevi sulla questione velo. Qui i problemi veri sono evitare gli stupri, evitare le violenze, non essere declassate o discriminate sul lavoro solo per il fatto di essere una donna”.

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Africa, le aree di crisi che segneranno la stabilità del continente

Se lo Yemen, la Siria, l’Afghanistan sono i Paesi i cui ormai lunghi anni di guerra stanno contribuendo a devastare il sempre precario equilibrio geopolitico in Medio Oriente, è l’Africa che continua ad alimentare il numero di conflitti nel mondo. E il 2019 si annuncia come un periodo alquanto complesso. Sul fronte della sicurezza molti i Paesi in aperto conflitto o che manifestano forte tensioni. Riuscire a ristabilire la pace, che parte soprattutto dallo stato di diritto e dalla giustizia sociale, è la sfida del continente per questo nuovo anno. In questo articolo i Paesi e le situazioni da tenere sotto osservazione.

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Isis, opere d’arte, marketing del terrore e consenso sui social

La distruzione di opere d’arte e siti storici rappresenta una delle tattiche di guerra da sempre utilizzate per annientare ulteriormente l’identità e la cultura di un popolo. In un recente studio sono state esaminate le reazioni agli attacchi contro il sito archeologico di Palmira, in Siria. Il metodo usato è quello dell’analisi del sentiment, ovvero lo studio computazionale di sentimenti e opinioni espressi sulle varie piattaforme social (Twitter in questo caso) lungo un arco temporale predefinito. In nove mesi sono stati analizzati un milione e e mezzo di tweet in lingua araba. I risultati sono stati sorprendenti.

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Femminicidi, una donna in Messico mappa e ricostruisce i casi

Secondo gli ultimi dati pubblicati dalle Nazioni Unite, nel Paese centroamericano ogni giorno in media vengono uccise 9 donne. Sono tante però le lacune: dai dati ufficiali non efficienti alla diffusa impunità dei responsabili di questi crimini. A colmare alcuni vuoti ci sta pensando María Salguero, che ha creato una mappa interattiva in cui registra tutti i casi segnalati e la maggior quantità di informazioni possibili sulle vittime e sui luoghi dell’omicidio. Un progetto che non solo sta servendo a migliorare la disponibilità di dati, ma rappresenta una presa di coscienza visiva di questa piaga dilagante. Dal 2011 uccise 6.000 donne.

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Sud Sudan, scaduti termini accordo di pace. Speranza in bilico

Costruire la strada verso la stabilità non è affatto semplice per il più giovane Stato africano, un territorio distrutto da una guerra etnica violenta e lunga. L’intesa raggiunta con l’ultimo accordo tra le parti prevede il ripristino di un equilibrio istituzionale, territoriale ed economico su base etnica e la fine di ogni violenza. Scontri e aggressioni, però, non si placano e il Paese resta impantanato in una grave emergenza umanitaria. Circa 400.000 sono le persone rimaste uccise l 2013, anno di inizio del conflitto. Più di 4 milioni gli sfollati. Sette milioni di persone necessitano di aiuti umanitari urgenti e l’80% vive al di sotto della soglia di povertà assoluta.

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L’umanità dilapidata, la speranza sta nei “giusti”

Nel 2018 si sono celebrati i 70 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ma il verbo celebrare non è adeguato. Questa parola dovrebbe esprimere non solo l’ufficialità di un evento ma anche la gioia e partecipazione che dovrebbe accompagnarlo. E, invece, non c’è molto da gioire. L’erosione dei diritti è costante e sempre più rapida. Se c’è una cosa che accomuna molti Stati, Governi, Istituzioni è oggi la degenerazione della giustizia sociale. È proprio di questi tempi che bisogna alzare la testa. Diventare protagonisti di un cambiamento. Lo hanno fatto i premi Nobel per la Pace Denis Mukwege e Nadia Murad, ma anche uno sconosciuto, Omar Abdel Jabar.

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Infanzia “periferica”, povertà e sfide per riqualificare i territori

Nell’ultimo report di Save The Children sulle condizioni dei minori sul territorio italiano, sempre più numerosi risultano i bambini e gli adolescenti che vivono in periferia, non soltanto in senso fisico. C’è una grande differenza di stimoli, opportunità e prospettive a seconda del contesto in cui si nasce. Le disuguaglianze sono dunque il frutto di uno scarso investimento sui giovanissimi in un’epoca in cui l’ascensore sociale sembra essersi bloccato in maniera irreversibile. Per fortuna si può contare ancora sul lavoro di diverse Onlus e Associazioni che vanno controcorrente. Ma sono sufficienti queste iniziative della società civile?

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Il naufragio fantasma che anticipò la tragedia dei migranti

Era la notte tra il 25 e il 26 dicembre 1996. Quella notte sarebbero morte annegate 283 persone. Clandestini, secondo una dicitura che rende a priori i migranti dei criminali. Gente che cercava di raggiungere l’Italia, l’Europa. Ognuno disperato a suo modo. Ognuno con la sua storia. Pakistani, indiani, cingalesi. Molti i ragazzi giovanissimi, dei bambini. Fu la più grande tragedia del Mediterraneo e ne avrebbe anticipato altre analoghe e anche più terribili, come quella di Lampedusa. Ma i trafficanti di uomini continuano ad agire e si nutrono di questo: chiusura delle frontiere, povertà, malaccoglienza, marginalità…

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