[Traduzione a cura di Davide Galati dell’articolo originale di Catherine Early pubblicato su The Ecologist]
Negli ultimi dieci anni, oltre 1.700 persone sono state uccise per proteggere la loro terra e le loro comunità dalla distruzione ambientale, attesta il nuovo rapporto di Global Witness (qui il rapporto completo).
Global Witness documenta le morti di difensori ambientali dal 2012. Il suo ultimo report, pubblicato il 29 settembre scorso, descrive in dettaglio gli ultimi dati dal 2021 e riassume tutto ciò che ha appreso negli ultimi dieci anni, che definisce “il decennio mortale“.
Dal 2012 più della metà degli attacchi ha avuto luogo in Brasile, Colombia e Filippine. Nel 2021 in particolare, il Messico è stato il Paese con il maggior numero di omicidi registrati. Oltre tre quarti degli attacchi di cui si è a conoscenza, lo scorso anno sono avvenuti in America Latina.
Presi di mira
Cinquanta delle persone uccise nel 2021 erano piccoli agricoltori che, secondo Global Witness, avevano denunciato accordi fondiari che ignoravano i diritti di proprietà locali, e il fatto che l’agricoltura familiare, da cui dipende la maggior parte delle zone rurali povere del mondo, fosse messa a rischio dall’ingresso di piantagioni su larga scala, dall’agricoltura guidata dalle esportazioni e dalla preferenza data alla produzione di merci piuttosto che al cibo. Nel 2021 sono avvenuti 12 omicidi di massa, di cui tre in India e quattro in Messico.
Le comunità indigene in particolare hanno dovuto affrontare un livello sproporzionato di attacchi – quasi il 40 per cento – nonostante costituiscano solo il 5 per cento della popolazione mondiale. Le loro morti rappresentano non solo una perdita di vite umane ma anche di culture, lingue e conoscenze tradizionali, afferma Global Witness.
Laddove è stato possibile identificare uno specifico settore industriale, poco più di un quarto degli attacchi letali è stato collegato allo sfruttamento delle risorse, come il disboscamento, l’estrazione mineraria e l’agrobusiness su larga scala, con le dighe idroelettriche e altre infrastrutture al secondo posto.
Global Witness ha tuttavia anche segnalato che probabilmente le cifre sono sottostimate, dal momento che gli attacchi spesso non vengono denunciati. In alcuni Paesi, la situazione dei difensori è difficile da valutare a causa delle restrizioni imposte ai media e per la mancanza di un monitoraggio indipendente. Le controversie sulla terra e i danni ambientali possono essere difficili da monitorare anche in quelle parti del mondo colpite da conflitti. Secondo il rapporto,
La morte di ciascuno di questi difensori è un segno che il nostro sistema economico è guasto. Alimentata dalla ricerca del profitto e del potere, è in corso una guerra contro la natura, e le prime linee sono le rimanenti regioni di biodiversità sulla Terra.
L’integrità di questi sistemi è minacciata dalla criminalità organizzata e dai Governi corrotti che vogliono sfruttare legname, acqua e minerali per profitti a breve termine, spesso illegali.
Assassinati
Esempi di recenti omicidi hanno incluso quello di José Santos Isaac Chávez, un leader indigeno e avvocato assassinato nell’aprile del 2021. Si era opposto alle operazioni di sfruttamento della miniera di ferro di Peña Colorado. È stato trovato morto nella sua auto, che era stata spinta da un dirupo, con il suo corpo che mostrava prove di tortura.
In India, nel 2018 dieci persone sono state uccise e più di 100 ferite durante le manifestazioni nello Stato meridionale indiano del Tamil Nadu contro la fonderia di rame della Sterlite Copper. Dopo quattro anni e diverse inchieste sugli omicidi, né lo Stato né la compagnia sono stati ritenuti colpevoli.
Da allora, coloro che si battono per la giustizia hanno invece subito abusi dei diritti umani, incluse la criminalizzazione, la sorveglianza, la prevenzione del loro diritto di riunirsi, minacce e violenze.
Pochissimi autori di omicidi vengono assicurati alla giustizia a causa dell’incapacità dei Governi di indagare adeguatamente sui crimini, sostiene Global Witness. Molte autorità ignorano o ostacolano attivamente le indagini su questi omicidi, che secondo l’organuzzazione sono spesso dovuti alla collusione tra interessi aziendali e governativi. Questo ha effettivamente dato il via libera agli autori dei crimini, si sostiene nel rapporto.
Progressi
Il report riconosce alcuni progressi da parte di Governi e imprese in termini di protezione dei difensori negli ultimi dieci anni, come lo sviluppo di regolamenti che impongono la due diligence sui diritti umani per le aziende, o l’accordo Escazú tra America Latina e Caraibi che introduce protezioni per i diritti umani dei difensori ambientali nella regione.
Avvertendo al contempo che il progresso delle aziende è risultato però superficiale, basandosi principalmente su impegni volontari in materia di diritti umani che sono stati attuati in modo incoerente. La collusione tra corporation e Governi è responsabile per la mancanza di indagini adeguate su molti omicidi, con il conseguente via libera agli autori dei crimini, si afferma.
Anche la violenza, la criminalizzazione e le molestie contro i difensori sono risultate comuni in molti Paesi, afferma Global Witness.
Parlando a un evento poco prima della pubblicazione del rapporto, Jon Bonifacio, coordinatore nazionale di Youth Advocates for Climate Action Filippine (YACAP), ha citato un attivista che conosceva e che l’anno scorso è stato arrestato da più agenti di polizia in completo equipaggiamento da combattimento, trascinato in strada e accusato di ribellione per aver fatto campagna contro una centrale idroelettrica proposta nella sua comunità.
“Queste situazioni sono sfortunatamente solo la punta dell’iceberg quando si tratta della quantità di molestie che i difensori ambientali devono affrontare nelle Filippine“, ha affermato.
Buone notizie
In Colombia, l’attivista Oscar Sampayo ha parlato delle minacce e intimidazioni da parte dell’estrema destra, del traffico di droga e delle organizzazioni paramilitari intervenute contro l’attività di difesa dei diritti umani e della natura in relazione all’estrazione di petrolio nella regione del Magdalena Medio. Un’attivista che conosceva è stata costretta a fuggire in Francia quest’anno. Sempre quest’anno tre suoi amici e colleghi attivisti sono stati assassinati, ha affermato.
Global Witness teme futuri accaparramenti di terre a causa della crescita del mercato volontario del carbonio poiché gran parte della terra destinata a progetti di carbonio come l’energia rinnovabile e la silvicoltura si sovrappone alle aree tradizionalmente detenute da popolazioni indigene, locali e afrodiscendenti. Sono già emerse denunce di violazioni dei diritti umani per progetti legati ai mercati del carbonio, ad esempio in Honduras e Uganda.
Nel rapporto c’è anche una buona notizia. Nel luglio 2021, cinque anni dopo l’omicidio dell’attivista per l’ambiente e gli indigeni Berta Cáceres, un tribunale dell’Honduras ha ritenuto Robert David Castillo colpevole di cospirazione nel suo omicidio quando era a capo della società idroelettrica Desarrollos Energéticos. Castillo è stato condannato a 22 anni per il suo ruolo di mandante nell’omicidio eseguito da sicari.
In Indonesia, l’agricoltore e difensore della terra Franz Hemsi ha ricevuto quest’anno il riconoscimento dei suoi diritti su 20 ettari di terra sottrattigli con la forza nel 2005 da PT Mamuang, una sussidiaria di Astra Agro Lestari, la seconda compagnia di olio di palma del Paese. La vittoria è arrivata dopo tre incarcerazioni e regolari minacce alla sua famiglia.
Ali Hines, attivista senior di Global Witness, ha dichiarato: “Global Witness chiede che le aziende e i Governi siano chiamati a rispondere quando risultano responsabili di violenze contro i difensori della terra e dell’ambiente. È chiaro dalle nostre statistiche che è necessaria un’azione urgente a tutti i livelli – regionale, nazionale e internazionale – per porre fine alla violenza e all’ingiustizia che queste persone devono affrontare“.