[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Joseph Chamie pubblicato su Inter Press Service]
Quanti migranti ci saranno in futuro? La risposta a questa domanda cruciale è una: molti di meno rispetto al numero di individui che vogliono emigrare e tanti di più in confronto a quelli che i Paesi desiderano ospitare. Il divario tra questi due opposti “desideri” sull’emigrazione è alla base dell’attuale e controversa crisi migratoria, che sta investendo l’intero pianeta.
Gli studi indicano che il 15% della popolazione mondiale, ovvero più di un miliardo di persone, emigrerebbe in un altro Paese se potesse. Le percentuali di individui che desiderano spostarsi in un’altra nazione sono notevolmente più elevate in alcune regioni in via di sviluppo, quali l’Africa sub sahariana (33%), l’America Latina (27%), il Medio Oriente e il Nord Africa (24 %).
Anche in alcune aree sviluppate ci sono Paesi con percentuali piuttosto alte se si parla di persone che vogliono emigrare: la Russia, con il 20%, ne è un esempio.
Eppure, l’attuale numero di migranti annuali, circa 5 milioni, rappresenta solo una minima parte di quel miliardo e più di persone con il desiderio di espatriare. Anche a livello mondiale, il totale dei migranti è relativamente basso, circa 275 milioni, meno di un quarto di coloro che vogliono lasciare il loro Paese. (Grafico 1).
I partiti populisti e quelli di destra, così come i gruppi nazionalisti, stanno di fatto mettendo sempre più pressione sui Governi in ogni regione del mondo affinché si oppongano con forza alle richieste di accoglienza dei migranti, soprattutto di coloro provenienti da culture molto diverse. Gli stessi partiti e gruppi esortano le autorità a espellere chi risiede nel Paese illegalmente.
I sondaggi d’opinione condotti in diversi Stati di accoglienza dimostrano come il fenomeno dell’emigrazione sia la principale preoccupazione degli elettori, in quanto la maggior parte di loro è poco propensa a un aumento dei flussi migratori, soprattutto quelli clandestini.
Nell’Unione Europea, la maggioranza della popolazione in Grecia (82%), Ungheria (72%), Italia (71%) e Germania (58%) ritiene che pochi migranti, o nessuno, dovrebbero essere autorizzati a trasferirsi nei loro Paesi. Opinioni simili si trovano anche in Israele (73%), in Russia (67%), in Sudafrica (65%) e in Argentina (61%).
I sentimenti anti-migranti si sono diffusi fino a includere rifugiati e richiedenti asilo. Le politiche di Governo messe in atto per fermare l’ondata di migranti clandestini stanno minando i diritti acquisiti e le tutele loro concesse. Sebbene, infatti, rifugiati e richiedenti asilo godano del diritto di attraversare i confini in cerca di accoglienza, in realtà le nazioni stanno tentando di impedire loro di entrare nei loro confini.
Di recente, la Grecia, la Bulgaria e altri Paesi membri dell’Unione Europea hanno espresso timori sulla strategia della Turchia, Nazione con il maggior numero di rifugiati (quasi 4,1 milioni), che non sta impedendo a centinaia di migliaia di richiedenti asilo sul suo territorio di raggiungere l’Europa.
Oltre a molti Stati dell’UE, numerose altre nazioni, tra cui Australia, Bangladesh, Canada, India, Israele, Arabia Saudita, Sudafrica, Regno Unito e Stati Uniti, dispongono di politiche che limitano gli accessi di rifugiati e richiedenti asilo.
Nel 2019, il numero di rifugiati nel mondo è più che raddoppiato, raggiungendo circa 26 milioni. Secondo le stime dell’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), inoltre, si contano più di 3 milioni di richiedenti asilo, 4 milioni di apolidi e 41 milioni di sfollati interni.
Pur consentendo ai Paesi di mantenere il controllo sulle proprie frontiere, le leggi internazionali, i trattati e le Convenzioni mirano anche a proteggere e assistere i rifugiati e i richiedenti asilo. Tuttavia, le definizioni di queste categorie di migranti restano aperte all’interpretazione politica. Nelle capitali dei vari Paesi, ciò si traduce in continui scontri per capire per chi valgono e per chi no.
Oltre a coloro che fuggono dalle persecuzioni, sono sempre di più le persone che diventano rifugiati a causa delle violazioni dei diritti umani e dei conflitti armati. Le emergenze umanitarie, la povertà dilagante e i cambiamenti climatici stanno generando disperati con scarse possibilità di emigrare in un altro Paese, se non quelle di arrivare alle frontiere e chiedere asilo.
Di recente, una sentenza storica emanata dal Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha stabilito che costituisce una violazione per i Governi rimandare qualcuno in un Paese in cui la sua vita potrebbe essere minacciata dai cambiamenti climatici.
Sulla base di questo verdetto, decine di milioni di persone potrebbero essere costrette a lasciare la propria terra e diventare rifugiati a causa dei cambiamenti ambientali e di un clima diventato pericoloso per la propria sussistenza. Per i Governi e le organizzazioni internazionali, comunque, la definizione di “rifugiato climatico” resta una questione aperta.
Anticipare i futuri flussi migratori a livello internazionale è un’impresa ardua, influenzata da fattori economici, politici, sociali e ambientali nei Paesi di origine, transito e destinazione.
Ad ogni modo, ci sono utili proiezioni demografiche con ipotesi esplicite sul numero netto di migranti previsto in futuro. Esse ci permettono di capire meglio gli effetti dei flussi migratori sulla dimensione, l’età e la composizione di una data popolazione.
Le statistiche demografiche delle Nazioni Unite, ad esempio, forniscono due scenari circa il numero netto di migranti che ci potrà essere in futuro in ogni Paese e regione: la variante di migrazione media e quella a zero. In sostanza, si presume che i numeri netti futuri di migranti nella variante media restino invariati agli attuali livelli per tutto il resto del XXI secolo (Grafico 2).
Secondo gli esperti, forse, la risposta politicamente più sicura è quella di presumere che i futuri livelli di emigrazione rimangano più o meno gli stessi di oggi. Tale approccio sembra riscontrarsi nella maggior parte delle proiezioni demografiche. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’ipotesi principale formulata dal Census Bureau (NdT Ufficio censimenti americano) è che i livelli netti di emigrazione continueranno a crescere di poco più di un milione all’anno fino al 2060.
Eppure, la risposta politicamente più sicura non sembra essere quella maggiormente probabile. In un mondo che sfiora 8 miliardi di abitanti con ricchezze, risorse e tendenze demografiche sproporzionate e aggravate dal cambiamento climatico, pare molto verosimile che nei prossimi decenni i livelli di emigrazione si alzeranno notevolmente.
Oggi più che mai le persone diventano migranti, rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni. Man mano che nei Paesi in via di Sviluppo si continua a combattere contro conflitti armati, corruzione, criminalità, fame, povertà, disoccupazione, cambiamento climatico e fragilità dei Governi, i migranti aumentano invece di diminuire.
È dunque comprensibile che un gran numero di persone residente nelle regioni in via di sviluppo voglia trasferirsi in un altro Paese, generalmente più ricco e avanzato.
Se, quindi, in futuro ci saranno più migranti, rifugiati e richiedenti asilo, come risponderanno i Paesi di accoglienza? Le loro attuali politiche sono tese, in pratica, a costruire muri e barriere, rafforzare i confini, introdurre divieti di viaggio, limitare l’ingresso dei rifugiati e richiedenti asilo ed espellere i migranti residenti illegalmente. Dato il numero record di migranti, rifugiati, richiedenti asilo e di altre persone in fuga, però, queste politiche non sembrano raggiungere gli obiettivi prefissati.
Secondo alcuni Governi, infatti, bisogna adottare misure ancora più severe contro i migranti, come rifiutare di farli sbarcare nei propri porti, creare degli ambienti ostili, fare ricorso a gas lacrimogeni e cannoni ad acqua, preparare campi minati lungo i confini e sparare ai cosiddetti “infiltrati”.
Si sostiene, inoltre, che se non si ferma l’invasione dei migranti e si prende il controllo delle proprie frontiere, i Paesi saranno sommersi e perderanno le loro culture e stili di vita, così come è successo in passato e sta accadendo ancora oggi in alcune nazioni.
Altri esperti hanno dedotto che una nuova ondata di migranti, rifugiati e richiedenti asilo sarà un fenomeno inevitabile in futuro. Pertanto, anziché negarlo, suggeriscono ai Paesi di elaborare piani adeguati per far fronte agli aumenti dei flussi previsti.
Sebbene il problema migratorio sia oggetto di accesi dibattiti, quasi tutti concordano su un punto: il fenomeno delle persone in fuga, siano essi migranti, rifugiati o richiedenti asilo, resterà una questione politica controversa del prossimo avvenire.