Alla domanda “Chi accoglie e chi no?” Jonathan Ferramola, giornalista radiofonico, ha voluto rispondere riportando alla mente del pubblico quattro fotografie.
La prima
è quella di Proactiva Open Arms – un migrante aggrappato a un salvagente gettato da una delle navi della ONG. “Poi quelle stesse ONG da angeli del mare in sei mesi si sono trasformate in un problema, nel nemico, nei complici degli scafisti. E questo grazie alle dichiarazioni improvvide del procuratore di Catania e di qualcuno che vuol diventare presidente del Consiglio e soffia sul fuoco“.
La seconda foto
è quella di Riace, un paesino della Locride che stava morendo ma che il sindaco ha permesso che si riempisse di immigrati. L’ospitalità ha significato riportare alla vita il paesino calabrese, ridare speranza al futuro – non solo dei migranti – mostrare che un altro modello di accoglienza è possibile.
La terza immagine – molto differente, opposta alla precedente – viene da Goro e Gorino, piccoli centri ai confini della Pianura Padana. Da dove pochi mesi fa partì una feroce protesta degli abitanti alla notizia che poche decine di migranti sarebbero arrivati di lì a poco.”Manifestazioni di avarizia, di arroganza” dice Ferramola che ricorda anche quanto abbia significato per le strutture ricettive di alcune città o piccoli centri essere entrati in piani di accoglienza: rimettere in moto l’economia e l’indotto laddove il turismo aveva invece mostrato evidenti segnali di crisi.
Infine, la quarta fotografia arriva da alcuni Paesi europei e mostra barricate e fili spinati. Scelte che comunque non potranno fermare la migrazione. “Nel 2016” – sottolinea il giornalista – “ci sono stati più migranti che dopo la Seconda guerra mondiale“. E, a chiusura dell’intervento, una considerazione: “Ci consideriamo un popolo generoso, accogliente, questo non è altro che uno stereotipo che ci piace tenerci appiccicato addosso, ma questo paradigma va ormai rimesso in discussione“.