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USA e rifugiati: ecco gli obblighi giuridici per l’accettazione

[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di  pubblicato su The Conversation]

Nessun posto dove andare: rifugiati siriani in un campo del Libano orientale. Lucie Parseghian/EPA

Lo scorso 27 gennaio Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo con il quale viene impedito temporaneamente l’ingresso negli Stati Uniti alla maggior parte dei rifugiati e sospeso il rilascio dei visti per i cittadini che provengono da sette Paesi a maggioranza musulmana. The Conversation ha intervistato Liam Thornton, professore associato di diritto all’University College di Dublino, e gli ha chiesto se tali piani violino il diritto internazionale. 

Se una persona arriva sul territorio americano e chiede asilo, gli Stati Uniti devono esaminare la sua richiesta nel rispetto del diritto internazionale? 

Sì. Gli Stati Uniti non solo devono esaminarla rispettando un obbligo giuridico internazionale, basato sui requisiti di conformità con l’oggetto e l’obiettivo della Convenzione di Ginevra sui rifugiati (1951), e vegliando alla corretta attuazione degli obblighi legali ma hanno anche il dovere di farlo nel rispetto del proprio ordinamento legale interno.

L’ordine esecutivo firmato da Trump non può sostituirsi agli obblighi giuridici interni. Pertanto, le richieste di asilo di coloro che, con grande difficoltà, riescono a raggiungere gli Stati Uniti dovranno essere esaminate. Inoltre, la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura stabilisce l’obbligo assoluto di non rinvio di un individuo in un Paese in cui possa subìre torture o altri danni gravi. Gli USA hanno firmato e ratificato tale Convenzione.

Tuttavia, come conseguenza inevitabile di un precedente decreto di Trump, si assisterà alla probabile crescita nel numero di richiedenti asilo posti in detenzione temporanea tra coloro che attraversano il confine tra Stati Uniti e Messico; si può quindi prevedere che le decisioni per il riconoscimento dello status di rifugiato vengano prese in un arco di tempo estremamente breve. Più in generale, è possibile che tali decisioni vengano prese troppo velocemente senza verificare la corretta adesione ai termini di legge.

Secondo il diritto internazionale, gli Stati Uniti possono vietare l’ingresso ai richiedenti asilo provenienti da determinati Paesi? 

Secondo il diritto internazionale, non possono farlo: gli Stati Uniti hanno firmato e ratificato una serie di trattati internazionali che vietano la discriminazione razziale e religiosa nel funzionamento dei sistemi giuridici, e ciò vale anche per la gestione di un sistema di immigrazione in linea con le protezioni internazionali di non discriminazione.

Detto questo, un individuo non può chiedere asilo a meno che non si trovi sul territorio americano. In generale, nel quadro del programma di esenzione dal visto degli Stati Uniti, l’ordine esecutivo sospenderà il rilascio di visti per 90 giorni per i cittadini provenienti da sette Paesi musulmani quali: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. L’eccezione riservata alle “minoranze religiose” – come le comunità cristiane provenienti da questi territori – ha svelato il malcelato tentativo di impedire ai musulmani provenienti da questi Paesi di raggiungere il suolo americano.

Queste misure preventive destinate a rendere le rotte d’ingresso sicure, legali e accessibili non riguardano tuttavia solamente gli Stati Uniti. All’interno dell’Unione Europea, infatti, l’imposizione di norme sui visti per i Paesi che contano il maggior numero di rifugiati, è esattamente ciò che sta spingendo migliaia di migranti e rifugiati a intraprendere la pericolosa traversata nel Mediterraneo. Così, sebbene ogni individuo abbia il diritto di lasciare la propria terra, troppo spesso il diritto di chiedere asilo in un altro Paese può essere ignorato dagli Stati attraverso l’imposizione di norme severe sui visti. Queste restrizioni, a loro volta, impediscono ai potenziali rifugiati di arrivare in un certo Paese e presentare una richiesta di asilo. Ad esempio, un rifugiato siriano che vive in Turchia e che non ha alcuna probabilità di ottenere un visto per entrare in uno dei Paesi europei dello spazio di Schengen, può scegliere di ricorrere alla traversata nel Mar Mediterraneo a bordo di un barcone.

Perché il Programma di Ammissione per i Rifugiati è stato sospeso?

Il Programma di Ammissione degli Stati Uniti per i Rifugiati (USRAP) si occupa degli individui che si rivolgono a organismi quali l’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), un’ambasciata americana, le organizzazioni non governative incaricate, oppure attraverso un programma limitato di richiesta d’asilo diretto. Quest’ultimo è aperto a persone che hanno già lo status di rifugiato (o hanno la probabilità di ottenerlo), che si trovano al di fuori del territorio americano, ma che potrebbero essere riconsiderati dagli USA ed entrare come rifugiati “reinsediati”. Secondo l’USRAP, nel 2017 gli Stati Uniti hanno dovuto accogliere 110.000 rifugiati, ma con il suo ordine esecutivo Trump mostra di voler vedere questa cifra più che dimezzata fino ad arrivare a un massimo di 50.000. Nel decreto, il neo presidente richiede anche la sospensione per un periodo di 120 giorni del Programma di Ammissione per i Rifugiati con riferimento a tutti i richiedenti asilo. La ragione di questa sospensione risiede nel fatto di voler garantire il rafforzamento dei già complessi processi di controllo.

Secondo i dati del Programma di Reinsediamento dell’UNHCR, gli Stati Uniti sono il Paese più impegnato in questo senso. In effetti, se si considera il diritto internazionale, non vi è alcun obbligo giuridico che stabilisca l’adozione di un programma di reinsediamento.

Tuttavia l’ordine esecutivo presenta un aspetto particolarmente preoccupante ovvero l’esclusione dei rifugiati siriani dal programma di reinsediamento USRAP. Questa decisione è destinata a rimanere tale fino a quando Trump non giudicherà che l’ingresso dei rifugiati siriani sia tornata in linea “con l’interesse nazionale”. A seguito dell’esclusione dei cittadini siriani dal Programma di Ammissione, il Presidente ha peraltro proposto la creazione di “safe zones” [zone di sicurezza] all’interno della Siria.

Di quanti richiedenti asilo parliamo? 

Dal 2013 al 2015, soltanto 1823 rifugiati siriani sono stati accolti secondo il Programma di Ammissione. Questi ultimi costituivano pertanto un numero estremamente limitato rispetto ai quasi 210.000 profughi accolti nello stesso periodo,  allo scopo di essere reinsediati negli Stati Uniti. Invece, al di fuori dell’USRAP, tra il 2013 e il 2015, il numero dei singoli richiedenti asilo siriani sul territorio americano è stato particolarmente basso. Questo perché le norme già in vigore sui visti possono impedire alla maggior parte dei richiedenti asilo siriani di raggiungere gli Stati Uniti. Così, il divieto proposto sul rilascio dei visti si tradurrà in un ulteriore calo del numero di richiedenti asilo dalla Siria ai confini americani.

Di quali mezzi dispone la comunità internazionale per punire gli Stati Uniti qualora violino il diritto internazionale in materia di rifugiati o richiedenti asilo? 

Questo rappresenta il problema più significativo nel campo degli obblighi giuridici internazionali e della loro applicazione all’interno delle nazioni. Il diritto internazionale in materia di rifugiati e di diritti dell’uomo si appoggia infatti molto ai tentativi di enforcement sugli Stati per forzarli ad adempiere agli obblighi giuridici internazionali. Ciò può avere alcuni effetti sugli Stati più piccoli – ad esempio l’Irlanda, in cui il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha appoggiato i movimenti degli attivisti per cambiare la legge misogina sull’aborto.

Un Paese potente come gli Stati Uniti può tuttavia facilmente trascurare gli obblighi giuridici internazionali a cui aveva precedentemente aderito. Sarei pertanto sorpreso nel vedere la comunità internazionale applicare qualunque tipo di “sanzione”. Se la comunità internazionale è davvero intenzionata a contrastare queste decisioni, è necessario che altri Paesi comincino a pianificare lo sviluppo dei propri programmi di reinsediamento per i rifugiati, insieme allo studio di un’operazione che renda le rotte d’ingresso sicure, legali e accessibili per i richiedenti asilo. Ma, dato l’attuale clima politico che si respira in Europa, Australia e altrove, mi aspetterei una risposta piuttosto flebile all’ordine esecutivo di Trump.

Quest’articolo è aggiornato al 28 gennaio, a seguito della firma dell’ordine esecutivo, la cui bozza è stata largamente diffusa. 

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