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L’arte che abbatte i muri, la Balkan Route dell’accoglienza

Integrazione, accoglienza, dialogo, sono questi i pilastri dell’azione di decine di migliaia di persone che dedicano, ogni giorno, parte del proprio tempo e delle proprie energie per fare in modo che quella percepita come crisi dei migranti si risolva in un’opportunità di crescita e sviluppo e non nella tomba di essere umani e dignità.
L’incontro è un percorso lungo, un viaggio, che ha bisogno dei giusti strumenti linguistici affinché ci sia una via per comprendersi a vicenda. Se la babele delle lingue rischia di creare soltanto confusione, è possibile utilizzare canali e linguaggi alternativi. Tra questi, probabilmente nessuno meglio dell’arte, in tutte le sue forme, può permettere quella comunicazione universale necessaria per incontrarsi.

Dal Nord Est dell’Italia sono partiti, in questi mesi, alcuni progetti che vedono proprio nell’arte il veicolo più adatto a compiere un viaggio non solo metaforico insieme a migranti e richiedenti asilo. È significativo che esperienze così ricche provengano proprio da quella stessa area dove, in questi giorni, un sindaco ha deciso di interrompere il servizio di wifi pubblico per contrastare il degrado legato alla presenza dei migranti in strade e piazze, quella stessa area dove gli episodi di hate speech non si limitano alla sfera privata, ma – spesso – si esprimono commentando gli articoli dei giornali locali su Facebook dove tutti possono leggerli. Quella stessa terra rigurgita e si ribella al clima d’odio e dimostra, passo dopo passo, che un’alternativa è possibile ed è a portata di mano.

La Carovana artistica Udine / Idomeni

“Ospiti in arrivo” è una delle associazioni che sul territorio udinese si occupano di primissima accoglienza e sostegno ai migranti, inoltre parte della sua attività è concentrata sulla sensibilizzazione della popolazione locale al tema e alla promozione di reti, connessioni, legami tese a rafforzare il tessuto sociale. Proprio da “Ospiti” è nata l’idea di realizzare una carovana artistica che ripercorresse al contrario la rotta balcanica, per l’appunto da Udine sino ad Idomeni, in Grecia.
Pensata per coinvolgere bambini, ragazzi e adulti, la carovana è partita lo scorso 29 maggio, ha fatto tappa in sei campi formali e informali e ha coinvolto 1500 persone dai tre anni in su. Micol Sperandio, esperta di arti pittoriche e figurative e organizzatrice di laboratori didattici con bambini e adolescenti, racconta la ricchezza umana dell’esperienza: “Le persone che abbiamo incontrato hanno manifestato sempre un misto di curiosità e gratitudine: curiosità rispetto al fatto che venissimo da lontano e portassimo, a differenza della maggior parte degli altri volontari, qualcosa di esperienziale, di effimero e non materiale; gratitudine per il semplice fatto che fossimo li, a restituire loro la consapevolezza di essere persone, umani con desideri, sogni e speranze.

Musica, teatro, installazioni visual: le attività della carovana

Un'immagine del laboratorio di teatro in uno dei campi in Grecia

Pittura con Micol Sperando e Virginia di Lazzaro, cinema con Yassine Marroccu e Cinéma du Desert, teatro, burattini con Michele Polo e poi musica e visual design. Sono state molte le attività sulla strada, difficile sceglierne una più efficace, in generale esse volevano stimolare elementi differenti nei partecipanti, coinvolgendoli in una dimensione di scambio.

Ecco allora che anche il teatro abbandona la parola per prediligere un approccio alternativo. Serena Di Blasio, che ha curato i laboratori, spiega: “Abbiamo preferito forme di teatro più legate al corpo e alle figure. Raccontando storie semplici e universali. In alcuni casi utilizzando una specie di gramelot in cui a una lingua ‘inventata’, mischiavamo italiano, arabo, inglese e farsi.” Strumenti fondamentali sono stati burattini, musica, maschere, oggetti capaci di avere una presa emotiva sullo spettatore.

Paolo Paron, che ha curato la parte musicale, sottolinea come il viaggio della carovana sia partito, nello spirito, già in Friuli grazie alla scelta di mettere in comune esperienze e idee per proporre qualcosa di originale. “Sapevo che la sensibilità musicale in quell’area geografica è molto diversa dalla nostra – spiega – per cui non ho voluto concentrarmi troppo su attività puramente musicali. Mi sono riservato di scoprire sul posto se ci sarebbe stata la possibilità di proporre dei laboratori utilizzando materiali recuperati sul posto.

Molto è nato dal rapporto instaurato in maniera istintiva nei campi: bastava tirar fuori una fisarmonica. La musica è servita come primissima occasione di contatto e incontro, quasi un passaggio preliminare per costruire la fiducia per completare il programma di laboratori: “Uno dei momenti più intensi – aggiunge il musicista – è stato con dei bambini molto piccoli e particolarmente vivaci: ho provato, con una campana tibetana e il canto a creare un’atmosfera rilassante e di distensione per permettere un laboratorio di pittura. In qualche modo ha funzionato!

Visual art nei campi.

Tra le attività più originali proposte c’era quella realizzata da Federico Petrei che si occupa di visual mapping. Come portare la tecnologia e questa tipologia di espressione artistica contemporanea in Slovenia, Croazia, Grecia? “La mia attività – spiega Petrei – assieme a quella di Fay e di Filippo Genesini è rendere ‘vive’ le superfici sulle quali proiettiamo. Lavoriamo trasversalmente, cercando di sfruttare edifici, alberi, persone, strutture e sculture create ad hoc.” Lo scopo? “Portare spettacoli e illusioni ottiche che trasformano, mutano il paesaggio visivo fino al punto di astrarlo dalla realtà stessa dei campi, e regalare della magia per far sorridere e divertire.” Molti sono stati i problemi, dalla carenza di tempo alla difficoltà di far combaciare l’idea artistica con i luoghi, ma ciò si è rivelata anche un’opportunità: “Ci ha dato la possibilità di metterci a confronto con la nostra capacità di superare gli ostacoli. L’obiettivo era quello di superare queste barriere con l’immaginazione.”

Alcuni bambini partecipano alle attività della carovana artistica

Il progetto – racconta Micol Sperandio tracciando un bilancio ad un mese da ritorno a Udine – aveva delle criticità forti fin dall’inizio. Credo però che a tenerci uniti sia stata la capacità di tutti di tenere sempre a mente il fatto che fossimo li non per noi ma per la gente che incontravamo. Abbiamo la sensazione di aver fatto qualcosa di giusto, di importante: le persone che sono nei campi della Grecia hanno diritto a tutto ciò, a vivere la leggerezza di un momento di evasione e a godere di esperienze artistiche appaganti che restituiscano loro la gioia di vivere. Chiunque si senta di fare altrettanto va sostenuto e facilitato.

Le fa eco Serena Di Blasio: “Le soddisfazioni sono molte. La più grande è forse quella dei grandi che alla fine dei laboratori ci hanno ringraziato, era tempo che non vedevano i loro bambini felici.” Le attività hanno creato una zona franca di incontro dove si parlava tutti la stessa lingua, quella fatta di sorrisi, gesti, sguardi che l’arte, la musica, il teatro sanno tradurre in qualcosa di concreto. Il viaggio della carovana artistica è tornato alla base, ma chissà che non si ripeta per esprimere e raccontare quell’umanità istintiva e solidale che, spesso, viene dimenticata.

Zaino e pennelli in spalla: tre ragazzi sulla rotta balcanica

I protagonisti del progetto in viaggio

Sarà qualcosa nell’aria, quell’intrecciarsi di tradizioni e storie, la sensazione di vivere in una terra crocevia di popoli, oppure una semplice coincidenza. Tuttavia è proprio dal Nord Est, dal Friuli Venezia Giulia, che parte quello che potremmo definire un movimento spontaneo di accoglienza e dialogo che sceglie di utilizzare l’arte come linguaggio principe.

Alessandro, Paolo e Tommaso sono tre giovani friulani, hanno scelto di partire, lo scorso inverno, percorrendo tremila chilometri in autobus, a piedi, in treno tra Slovenia e Croazia con l’obiettivo di raggiungere uno degli snodi principali per migranti e richiedenti asilo che sognano di raggiungere l’Europa: la Turchia. Il loro non è un semplice viaggio-reportage o di volontariato. Nel loro bagaglio ha trovato spazio un rotolo di carta, lungo 30 metri, liberato ad ogni tappa affinché le persone di passaggio potessero lasciare un loro segno, che raccontasse senza filtri le proprie sensazioni. Il progetto, denominato MigrArt Action, nasce dall’esperienza locale dell’associazione Menti Libere, di cui i tre ragazzi fanno parte.

Un bambino partecipa alle attività del MigrArt project.

Qual è stato lo stimolo per partire in questo viaggio e quali sono state le tappe?

Lo stimolo è nato e cresciuto durante l’esperienza maturata in un progetto di cittadinanza attiva svoltosi dalla nostra associazione con i richiedenti asilo presenti nel 2015 a Lignano, provincia di Udine. Ascoltando i loro racconti è nata l’idea di partire a ritroso per scoprire ciò che stava accadendo. Basandoci sulle loro tappe abbiamo dunque delineato un percorso ideale che nei fatti ci ha portato in Austria, Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia, Serbia, Macedonia, Grecia, Turchia fino al confine con la Siria.

Perché avete scelto l’arte come elemento caratterizzante il viaggio?

Menti Libere si contraddistingue nell’uso dell’arte come mezzo di espressione ed aggregazione. È quindi venuta spontanea l’idea di utilizzare l’arte, in questo caso rappresentata da un rotolo di trenta metri e pennarelli, come mezzo di interazione lungo la rotta. È stato sorprendente il modo in cui l’arte abbattesse ogni muro e portasse un tocco di sollievo anche nelle situazioni più drammatiche.

C’è stata qualche differenza, nei vari luoghi dove vi siete fermati, nel modo in cui migranti e richiedenti asilo si sono interfacciati con voi?

La forza disarmante con cui l’arte ci permetteva di interagire e stringere legami con le persone incontrate era via via maggiore. Le situazioni cambiavano ma in ogni luogo c’era sempre il bisogno forte di sentirsi per qualche attimo in una condizione di vita e non più di sopravvivenza, e l’arte in questo ha sempre giocato un ruolo primario.

Una bimba partecipa all'attività di Menti aperte

Qual è il valore aggiunto di realizzare un viaggio del genere a differenza di un canonico reportage o di un’esperienza di volontariato tradizionale?

È il modo nuovo e allo stesso tempo atavico dell’approccio artistico a questa epopea. Dal punto di vista del volontariato, l’arte è forse l’unico linguaggio che mette le parti in gioco sullo stesso piano permettendo uno scambio equo e disinteressato. Dal punto di vista del reportage, si tratta di un nuovo modo di narrazione compiuta in prima persona con il linguaggio universale per eccellenza.

Quali sono gli obiettivi presenti e futuri?

L’obiettivo è quello di portare in giro la mostra la cui anteprima sarà il 1° agosto nella cornice della rassegna culturale Avostanis, a Villacacia di Lestizza (UD). Sarà una mostra interattiva in cui confluiranno racconti, video, situazioni performative e, chiaramente, il rotolo. Un altro progetto è quello di portare il nostro racconto nelle scuole medie e superiori del Friuli. Poi sarà il momento di ripartire con un altro progetto tra Balcani e Medio Oriente.

Alaa Arsheed, Isaac De Martin e Alpha Art Project: “Ne sentirete parlare!”

Alaa Arsheed è un violinista siriano, rifugiato in Italia. Isaac De Martin è un musicista veneto. La musica li accomuna, un fortuito incontro in una jam session ha permesso ai due di incontrarsi e trovarsi. Dall’energia che condividono è nata l’idea di riportare alla luce in veste nuova la galleria d’arte Alpha Art, una piattaforma e un progetto artistico che si pone l’obiettivo di dare risposte creative alle sfide del mondo contemporaneo. La famiglia Arsheed, a Swaida, gestiva una galleria d’arte presa di mira, nel 2011, da un gruppo di violenti che ha distrutto tutto quello che ha trovato.

Alaa arsheed con Adovabadan e Endi - Foto di Fabio Fuser

Oltre a un tour di concerti in tutta Italia e alla creazione di uno spazio di condivisione artistico-culturale, la sinergia tra i due musicisti ha portato all’organizzazione di un vero e proprio viaggio a ritroso sulla rotta balcanica, lungo le tappe che – per fortuna – Alaa non ha passato, ma molti suoi connazionali hanno percorso incessantemente per mesi.

Il nostro sogno, che diventerà realtà durante l’estate, è un tour verso il sud del mediterraneo – spiega Alaa Arsheed – dove i muri sono molti e dove ci sono migliaia  di persone in fuga dalle loro case, dai lori affetti, dai loro riferimenti. Con un bus-studio, partiremo dall’Italia per attraversare i Balcani e raggiungere i campi in Grecia. La nostra idea è di portare bellezza e un messaggio di speranza a tutte queste persone, e questo nostro messaggio lo portiamo in musica”.

Il programma prevedere performance artistiche, concerti e workshop di fotografia con lo scopo di fornire a migranti e richiedenti asilo strumenti propri per esprimersi e portare bellezza anche in luoghi di passaggio. “Durante il nostro tour – spiega De Martin – ci fermeremo in città e luoghi dove ci sono migranti, persone obbligate a mettersi in viaggio, di ogni provenienza, e con loro faremo dell’arte, registreremo della musica, faremo del body painting assieme all’artista Lela Perez, abilissima artista del camouflage che ha voluto salire a bordo di questo tour. Porteremo musica e colore dove ce n’é più bisogno“.

Proprio bellezza è la parola che più ricorre nel racconto di Isaac e Alaa, bellezza come cifra costitutiva dell’arte che, come nient’altro, può abbattere e superare i confini. Alla musica e all’arte viene riconosciuto un potente ruolo sociale di connessione: portare la musica dove si ergono i muri è voler dare un segnale molto forte. La bellezza accomuna tutti, lo hanno capito gli artisti della Carovana artistica, di Menti Libere e di Alpha Art che hanno scelto di rendere concreta questa loro aspirazione, mettendosi in viaggio e dando un effetto tangibile all’idea che l’arte possa abbattere muri e differente per trasformarle in momenti di sorriso e dialogo.

[Tutte le fotografie sono state gentilmente condivise dagli intervistati e sono tratte dalle rispettive pagine Facebook]

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