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Abusi e violenze sotto l’egida delle Nazioni Unite

Ancora costose missioni di pace sporcate da abusi sessuali. Un continuo aumento di vittime innocenti. Altre inchieste che non portano a nulla. Un’impunità che continua. Immobilità di un sistema ONU ormai a pezzi che non riesce a garantire diritti, protezione, assistenza. Dove i più indifesi vengono lasciati a se stessi. O peggio nelle mani di infami predatori. Criminali che aumentano a macchia d’olio sotto l’egida delle Nazioni Unite. Un crescendo d’orrore.

Le ultime rivelazioni parlano di altri abusi nella Repubblica Centrafricana da parte di peacekeeper ONU e di altre missioni internazionali. Il più rivoltante, la violenza subita da quattro ragazze, legate e forzate da un comandante francese dell’Operazione Sangaris ad avere rapporti sessuali con un cane. Una di loro è morta per una malattia non identificata.

All’inizio di marzo è stato pubblicato il nuovo rapporto annuale del Segretario Generale delle Nazioni Unite Misure speciali per la protezione dallo sfruttamento e l’abuso sessuale. La situazione è tutt’altro che migliorata dopo una serie di scandali seguiti da vane promesse di prendere seri provvedimenti per risolvere questa grave situazione. C’è un fallimento di leadership.

Il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon ha espresso “preoccupazione e vergogna”. Dicendo che la “preoccupazione è per le vittime e chi è a rischio”. Ha invocato “tolleranza zero”. Ma con quali risultati?

Foto: MONUSCO/Sylvain Liechti, pubblicata su Flickr con licenza CC

Nel 2015 le accuse di sfruttamento e abuso sessuale nei confronti del personale ONU sono passate da 80 dell’anno precedente a 99. Di queste ben 69 riguardano i peacekeeper, in aumento rispetto alle 52 del 2014. Vittime di chi dovrebbe essere lì unicamente per proteggere.

Non basta. Nei mesi di gennaio e febbraio di quest’anno ci sono già state 25 accuse di sfruttamento e abuso sessuale nei confronti dei peacekeeper. Così i numeri dello scorso anno potrebbero più che raddoppiare.

Cosa indicano davvero questi numeri? L’Assistente del Segretario Generale ONU per l’Aiuto sul Campo, lo statunitense Anthony Banbury, dice che ci vorrebbe troppo tempo per spiegarlo. Parla di “scienza e arte di contare le accuse”. In effetti la difficoltà è dovuta al fatto che si manipolano i dati ammucchiando i crimini. Quando si parla di un’accusa ci si può riferire a una o più vittime, a uno o più autori del crimine, oppure a uno o più crimini. Dipende. Le Nazioni Unite hanno interesse a confondere le acque per mostrare una situazione meno grave di quella che è in realtà. Illudendo sul progresso nella tolleranza zero.

Lo stesso Banbury, dopo essersi dimesso, a metà marzo pubblica una lettera (“Amo l’ONU, ma sta fallendo“). Un vero e proprio j’accuse. Cattiva amministrazione. Spreco di denaro pubblico. Burocrazia perversamente contorta e pertanto inutile, se non dannosa. Decisioni prese per opportunismo politico. Incompetenza. Trasparenza e responsabilità ridotte al minimo. Vari crimini e gravi violazioni dei diritti umani compiute dagli stessi peacekeeper.

L’anno scorso abbiamo denunciato, come altri, un deplorevole sistema di abusi e sfruttamento sessuale, insieme a omertà e un senso di impunità, all’interno di un’organizzazione nata per

salvare le future generazioni dal flagello della guerra … riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole … creare le condizioni in cui la giustizia ed il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altri fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti … (Carta dell’ONU, Preambolo)

Alla luce di quanto accade c’è da domandarsi di cosa in realtà si parli.

Opération Sangaris, foto di Idriss Fall (VOA) su Wikimedia Commons.

L’anno scorso, dopo lo scandalo nella Repubblica Centrafricana che in 11 mesi vide accusati di reati sessuali 16 peacekeeper da 16 vittime, Ban Ki-moon chiese le dimissioni del suo Rappresentante Speciale per quel Paese, il senegalese Babacar Gaye, al quale è succeduto il gabonese Parfait Onanga-Anyanga. La situazione è deteriorata. 46 peacekeeper sono stati denunciati da 34 vittime. Nonostante abbia dichiarato “tolleranza zero”, il Segretario Generale non ha chiesto altre dimissioni.

Peggio. Coloro che, sotto la sua direzione, sono stati posti a sistemare una situazione alla deriva sono proprio i colpevoli della cattiva gestione dello scandalo degli abusi sessuali da parte dei peacekeeper scoppiato l’anno scorso nella Repubblica Centrafricana.

Nel suddetto rapporto sulle Misure Speciali si nota che la crisi sugli abusi sessuali dei peacekeeper sarà gestita dal giordano Zeid Ra’ad Al Hussein (Alto Commissario per i Diritti Umani), dal francese Hervé Ladsous (Sottosegretario Generale per le Operazioni di Peacekeeping) e dallo statunitense Anthony Lake (Direttore Esecutivo dell’UNICEF). Tre persone che si sono distinte per negligenza, indifferenza, e insabbiamenti nella Repubblica Centrafricana.

Zeid ordinò alla sua Vice (l’italiana Flavia Pansieri), su istanza di Ladsous, di chiedere al funzionario svedese dell’ONU Anders Kompass di dimettersi e ordinò un’indagine su di lui, dopo che questi aveva segnalato alla Francia abusi da parte di suoi peacekeeper. Questo perché l’ONU cercava di nascondere questo e altro.

L’UNICEF, così come il personale ONU per i Diritti Umani nella Repubblica Centrafricana, “non sono stati capaci di assicurare ai bambini adeguate cure mediche e aiuto umanitario, o prendere iniziative per proteggere altre potenziali vittime identificate dai bambini che per primi avevano sollevato le accuse“. In più Lake, in quanto Direttore Esecutivo dell’UNICEF, non è mai stato chiamato a rispondere.

A quanto pare l’ONU non ha voglia di cambiare. Solo pseudo-operazioni di facciata. Solo desiderio di sopravvivere. A qualunque costo. E non importa sulla pelle di chi.

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