[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall’articolo originale di Amira Al Hussaini pubblicato su GlobalVoices Advox]
L’Arabia Saudita ha revocato l’esecuzione capitale a cui era stato condannato il poeta di origine palestinese Ashraf Fayadh in seguito alle accuse di apostasia e altri reati legati alla blasfemia, che Fayadh nega di aver commesso, riducendo la condanna a otto anni di prigione e ottocento frustate, così come è stato annunciato su Twitter dal suo avvocato.
In un tweet accompagnato da un comunicato stampa in arabo, il suo difensore Abdulrahman Al-Lahim ha dichiarato infatti che la Corte ha revocato la condanna a morte del poeta sostituendola con una pena detentiva e ottocento frustate pubbliche, con una media di cinquanta frustate alla settimana, così da costringere Fayadh a dichiarare pubblicamente la sua rinuncia all’attività poetica sui media sauditi:
L’avvocato ha sostenuto l’innocenza del suo assistito e ne ha chiesto l’immediata scarcerazione.
Fayadh, che è nato e vive in Arabia Saudita, ha curato mostre d’arte a Jeddah e alla Biennale di Venezia ed è stato uno dei principali leader di Edge of Arabia, un collettivo di artisti anglo-sauditi. Fayadh era stato arrestato per la prima volta nell’agosto del 2013 ad Abha, nel sud ovest del Paese, dalla polizia religiosa, nota anche come Comitato per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio.
Il trentacinquenne fu poi rilasciato su cauzione solo per essere arrestato di nuovo il 1 gennaio 2014, quando fu condannato a quattro anni di prigione e ottocento frustate. Dopo che i suoi avvocati hanno presentato ricorso per l’appello, le autorità giudiziarie hanno deciso di riaprire il suo caso davanti a un nuovo collegio di giudici, i quali lo scorso novembre hanno chiesto la sua condanna a morte, con l’accusa di promuovere l’ateismo nella sua raccolta di poesie del 2008 Instructions Within.
Secondo quanto scrive Human Rights Watch:
Il Pubblico Ministero lo ha accusato di una serie di reati legati alla blasfemia tra cui: offesa a Dio e al profeta Maometto, diffusione dell’ateismo e sua promozione tra i giovani nei luoghi pubblici, derisione dei versi su Dio e sui profeti, confutazione del Corano, negazione del giorno della resurrezione, contestazione del destino e del decreto divino e relazioni illecite con donne, salvando le loro foto sul suo cellulare.
Su Twitter, molti continuano a criticare l’Arabia Saudita e il suo record spaventoso in materia di diritti umani, nonostante la riduzione di pena di Fayadh. L’utente Zena scrive in un tweet :
E’ stato un sollievo sapere che la condanna a morte di #AshrafFayadh sia stata revocata. Ma otto anni e 800 frustate per non aver commesso alcun crimine non è sinonimo di giustizia.
Bandar Almogtrb aggiunge :
Giustizia è l’immediata scarcerazione di Ashraf Fayadh e il suo risarcimento per ciò che è accaduto a lui e alla sua famiglia.
Naser Al-marshdi sostiene che è giunto il momento per l’Arabia Saudita di dotarsi di una legge scritta per evitare quelle che lui descrive come decisioni arbitrarie da parte dei giudici:
Il caso di Ashraf Fayadh è la prova evidente del bisogno per il Paese di dotarsi di leggi scritte che vengano rispettate dai giudici cosicché quest’ultimi non baseranno più le loro decisioni su sentimenti, impressioni o interpretazioni personali.
Shatha Nour si dichiara invece scioccata da chiunque celebri questa decisione come una vittoria per la giustizia saudita e afferma:
Sono scioccata da coloro che celebrano la giustizia saudita. Lo stanno condannando solo ad otto anni di prigione? O sono solo 800 frustate? Di che giustizia state parlando?