“Until the lion has his or her own storyteller, the hunter will always have the best part of the story.”
Fino a che il leone non ha il suo storyteller, il cacciatore avrà sempre la parte migliore nella storia.
È un vecchio proverbio africano, che motiva assai bene il cambio epocale nel settore della informazione e dei mass media nel continente.
Non c’è bisogno di scomodare Al Jazeera — che pure ha sdoganato certe aree del mondo dimenticate o coperte male dall’informazione mainstream.
Da tempo l’Africa ha i suoi storyteller che raccontano assai meglio di molti media occidentali cosa accade nel continente, perché non seguono i metodi di un giornalismo che, affidandosi spesso a helicopter-journalist, giornalisti inviati dalle loro testate per un tempo brevissimo, ha reso l’informazione sull’Africa approssimativa, appiattita, spesso scorretta.
Tra questi storyteller ci sono una serie di start-up come Talking Heads, Quartz Africa che debutterà a giugno, o Voices of Africa con un suo già vastissimo pubblico. Che ci si soffermi sulla cultura africana — quella contemporanea — o sulla finanza e l’impresa o, ancora, sulla vita di quotidiana nei singoli Paesi, lo scopo è lo stesso: parlare di eventi, situazioni e storie che è praticamente impossibile trovare sui mainstream occidentali. E farlo inside the countries, grazie a giornalisti, scrittori, videomaker o fotografi africani o che vivono in Africa.
Di testate dirette da africani e con una redazione di corrispondenti in loco ce ne sono tante e grazie a Internet la loro diffusione va oggi ben oltre i numeri della carta stampata. Alcune hanno alle spalle grossi investimenti e fanno parte di gruppi editoriali in espansione. Dall’area dell’Africa occidentale The Africa Report, per esempio, del Gruppo Jeune Afrique – che ha cominciato ad operare dal 1960 – ha ricevuto una serie di premi di giornalismo e vanta uno staff di talento pari — se non superiore — a quello delle migliori testate internazionali. Dall’area dell’Africa orientale, invece, The Vision Group ha iniziato a operare nel 1986, e conta ora 9 testate cartacee e online, a cui si aggiungono canali radio e televisivi.
Ma tanti sono anche i giornali sotto forma di blog che ogni giorno parlano — con acume e accuratezza — dell’altra Africa. Basti pensare a Africa is a country, ironico e rivoluzionario, che ogni giorno sfida e destabilizza i luoghi comuni sul continente.
A parte i numerosi blog, tutte le testate ormai sono anche online e il numero dei giornalisti africani, ma anche di giovani, studenti e professionisti che usano i social, è aumentato in modo considerevole. Una ricerca di Portland Communications ha recentemente illustrato la presenza africana su Twitter, segnalando tra le città più attive Johannesburg, Nairobi e Accra.
Eppure, l’Africa continua ad apparire nel modo in cui viene raccontata dai media occidentali — un luogo di povertà, guerra, disperazione. Perché?
Se ne discute in contesti professionali e di ampio spettro come il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia 2015, dove quest’anno sono stati due gli incontri che hanno affrontato l’argomento.
A uno dei panel—organizzato da Voci Globali — era presente Tolu Ogunlesi, giornalista nigeriano, editorialista di The Africa Report, due volte insignito del premio della CNN per il miglior giornalista africano.
In questa intervista, Ogunlesi sintetizza alcuni dei temi affrontati nel panel:
Anche se il modo di rappresentare l’Africa è ancora segnato dai luoghi comuni le cose stanno cominciando a cambiare e i media, sia quelli internazionali che locali, guardano sempre più anche ad altri aspetti del continente e si parla anche molto di Africa rising. La classe media sta crescendo, i colpi di Stato non sono più il modo consueto di cambiare governo… [questi] sono solo alcuni esempi del cambiamento su cui anche i media occidentali stanno puntando.
Il giornalista nigeriano sottolinea il ruolo che Internet sta avendo nel modo di raccontare i fatti del continente:
Internet dà voce alla gente. I giovani, soprattutto, possono raccontare la propria storia e versione della storia attraverso Twitter o Facebook. E da qualunque parte dell’Africa possono condividere le loro storie con tutto il mondo. Mentre in passato la conversazione era dominata dai media tradizionali, ora sono in tantissimi quelli che postano sui social media. Giornalisti e non.
Nel suo intervento al panel, Ogunlesi ha sottolineato la necessità che i giornalisti africani siano consci e fiduciosi del loro ruolo e capacità. Self confidence è un termine che ha usato spesso, riferendosi però non solo ai giornalisti ma anche ai politici:
Nonostante in Nigeria ci siano molte testate locali e di buon livello, la prima intervista che il neopresidente eletto ha concesso alla stampa è stata ai canali BBC, Al Jazeera e CNN.
C’è poi anche un altro aspetto che rende talvolta difficile il rapporto tra la stampa locale e il mondo politico, secondo Ogunlesi. È la questione economica e l’influenza sui media dovuta ai finanziamenti di Stato o alla pubblicità:
Molti media in Nigeria dipendono ancora dai politici. Il Governo è ancora il più grosso finanziatore, la relazione tra stampa e mondo politico è quindi naturalmente sbilanciata e spesso, in questa situazione, i giornali non sono nella posizione di chiedere conto o giudicare il Governo a causa della dipendanza economica da quest’ultimo.
Di seguito l’intervista completa:
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=ID0dSm-IGTg[/youtube]
Fatou Bensouda , procuratrice capo della Corte Penale Internazionale, nel suo intervento al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia dal tema “Rebooting the Africa narrative: whose Africa are we talking about?“ ha parlato da giurista, ma anche da africana che conosce e non nasconde i drammi del continente, ma ne vorrebbe una rappresentazione più accurata. Per fare un esempio della narrazione giornalistica sull’Africa, spesso viziata da un pregiudizio di base, ha affermato:
L’Africa non è diversa da altre regioni del mondo, ma c’è un modo semplicistico che associa il nostro continente a guerre e conflitti. Questa idea deve essere respinta. L’Europa non è stata sconvolta da guerre per secoli? Non sono recenti, alcuni in corso, i conflitti nella ex Yugoslavia, Georgia o Ucraina? Possiamo dire che a causa di questi conflitti l’Europa non stia continuando a fare passi avanti nei diritti dei suoi cittadini?
Secondo lei, dare una nuova versione del continente africano è quanto devono fare non solo i giornalisti, ma gli stessi abitanti del continente africano, ad ogni livello:
Le sfide dell’Africa devono essere affrontate e risolte prima di tutto dagli africani.
Post pubblicato in cross-posting con Global Voices in Italiano.