26 Aprile 2024

rifugiati

Africa, le aree di crisi che segneranno la stabilità del continente

Se lo Yemen, la Siria, l’Afghanistan sono i Paesi i cui ormai lunghi anni di guerra stanno contribuendo a devastare il sempre precario equilibrio geopolitico in Medio Oriente, è l’Africa che continua ad alimentare il numero di conflitti nel mondo. E il 2019 si annuncia come un periodo alquanto complesso. Sul fronte della sicurezza molti i Paesi in aperto conflitto o che manifestano forte tensioni. Riuscire a ristabilire la pace, che parte soprattutto dallo stato di diritto e dalla giustizia sociale, è la sfida del continente per questo nuovo anno. In questo articolo i Paesi e le situazioni da tenere sotto osservazione.

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Siria, esodi forzati e una legge per confiscare le proprietà

Approvata recentemente dal Governo di Assad una normativa che mette in seria difficoltà la possibilità degli sfollati di tornare nelle proprie case. Chi possiede immobili e proprietà nelle zone sotto il controllo del regime deve comunicarlo entro 30 giorni. Come faranno i rifugiati, obbligati spesso a lasciare le abitazioni dopo gli attacchi? E così si dice che la legge sia stata fatta per impossessarsi di beni privati. La Siria è sempre più nel caos, tra città distrutte, esodi forzati e politiche aggressive, ora anche dagli USA.

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Migranti, con Liberi Nantes l’inclusione è nello sport

Il campo XXV aprile, a Pietralata, periferia est di Roma, ospita gli allenamenti della squadra di rifugiati e richiedenti asilo di Liberi Nantes. Siamo andati a trovare i giocatori e a conoscere i volontari dell’Associazione, nata dieci anni fa. Tante le cose fatte e ancora da fare, con rinnovato entusiasmo e voglia di stare insieme. Le video interviste al presidente, Alberto Urbinati, all’allenatore Toti e ad alcuni amici dell’Associazione. Un esempio di integrazione e dialogo attraverso l’amicizia e le attività sportive.

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La logica del rifiuto e la forza di chi si oppone

È cominciato con una serie di rifiuti questo 2018. No ai migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo e di approdare in Italia, in Europa. Possibilmente vivi. No del Governo israeliano ai migranti che già sono sul suo territorio – ma definiti “infiltrati”. Si rifiutano le persone, ma si rifiuta anche la realtà, la conoscenza. Si chiudono gli occhi su dati di fatto. Sulle ragioni del fenomeno migratorio, ma anche su un tema che dovrebbe affliggerci e preoccuparci ogni singolo momento, come le crisi ambientali. Ma c’è anche anche il rifiuto dei piloti israeliani alla deportazione dei migranti, quello di migliaia di donne che hanno marciato contro la politica di Trump, il rifiuto di cedere al potere travestito da democrazia, al neo-liberismo che vuol dire sfruttamento e arricchimento, alla distruzione dell’ambiente, alla violenza di qualunque genere, all’ignoranza e ai fascismi che ci stanno circondando. Questi NO sono anche i nostri.

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Dimenticare per sopravvivere: i traumi silenti dei migranti

Cristiano Draghi, psicologo e giornalista, racconta a Voci Globali la ricerca realizzata per Psicologo di strada sulle condizioni psicologiche di richiedenti asilo e rifugiati: 1 su 10 ha, fin da subito, bisogno di un tipo di sostegno psicologico personalizzato, la metà degli intervistati accusa sintomi fisici connessi a condizioni di stress, il 60% è considerato a rischio di Disturbo post-traumatico da stress. Esistono delle linee guida ministeriali per far fronte a questo tipo di necessità all’interno del sistema di accoglienza, ma l’emergenzialità dell’intera gestione fa sì che vengano applicate in maniera residuale.

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Immigrazione, il ritorno dei tunisini che “bruciano la frontiera”

Dopo un’estate quasi a “zero sbarchi”, riprendono le partenze dei migranti dal Nord Africa e cresce anche il numero di morti nei naufragi. Per alcune associazioni e attivisti è la prova del fallimento della strategia del ministro dell’Interno Minniti fondata sul Codice di condotta per le ONG e e sugli accordi con la Libia. Nel frattempo, tra il mese di settembre e quello di ottobre si è riaperta una rotta per arrivare alle coste della Sicilia che era rimasta a lungo silente: quella da Tunisi. Sono i giovani a provare a lasciare il Paese illegalmente, in risposta ad una crescente tensione sociale e alla crescita del tasso di disoccupazione.

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Venti di secessione in Africa, il caso Camerun e l’Ambazonia

Anche il continente africano ha le sue tensioni separatiste. Una di queste riguarda la Repubblica del Camerun. Anglofoni contro francofoni. Opposizione che è naturalmente molto più che una questione puramente linguistica e affonda le sue radici nelle spartizioni coloniali. I separatisti hanno un sito web una bandiera, un inno nazionale, un leader e già il nome di quello che dovrebbe nelle loro intenzioni essere uno Stato indipendente o federato. Una protesta per dire basta alla marginalizzazione e allo strapotere della parte francofona del Paese e del presidente Paul Biya, al potere da 35 anni. Ma i problemi del Paese riguardano anche Boko Haram e la difficile gestione dei rifugiati.

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L’Africa accoglie i suoi rifugiati, l’Europa fa accordi con i dittatori

Mentre l’Europa e altre nazioni ricche vorrebbero voltare le spalle all’emergenza dei migranti, l’Uganda, ma non solo, si presenta come Paese esemplare che ne accoglie moltissimi. Poiché sono sempre di più i profughi che cercano una sistemazione, i suoi campi stanno tuttavia raggiungendo il limite di sopportazione. Quale sarebbe la cosa giusta da fare affinché tutti si facciano carico di questo problema? L’autore di questo articolo dà alcune risposte, dal punto di vista di un’Africa che condanna i suoi dittatori ma anche gli accordi che l’Europa fa con questi ultimi.

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Profughi e rifugiati, è l’Africa che ne accoglie il numero più alto

Più dell’80% dei rifugiati nel mondo vive in Paesi in via di sviluppo. In particolare, molti Paesi africani come Etiopia, Kenya, Uganda, Ciad e Repubblica Democratica del Congo accolgono milioni di persone in enormi campi profughi ormai trasformati in vere e proprie città dove, però, molti diritti non sono garantiti, a partire dall’accesso al cibo. I problemi sono anche ambientali: da un lato, carestie e siccità stimolano nuovi flussi migratori, dall’altro i campi stessi hanno un violento impatto sugli spazi e territori dove vengono collocati rendendo ancora più difficile la vita dei rifugiati.

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Ghayath Almadhoun, quando il dolore diventa poesia

“Sono una macchina che genera poesia e la mia poesia non è nient’altro che l’espressione, il risultato della mia vita”. Quelle di Ghayath Almadhoun sono esperienze tali da cambiartela la vita, rivoltarla, farla in mille pezzi. Madre siriana, padre palestinese, Ghayath, ha vissuto per tutta la sua vita come figlio di una diaspora forzata. Come rifugiato, esiliato, o – lasciando da parte le etichette – semplicemente come un viaggiatore. Lo abbiamo intervistato nel corso di un suo reading in Italia.

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