Israele è sull’orlo dell’autoritarismo, tra devastazioni e impunità

Le ultime settimane nello Stato Ebraico sono state le più convulse e tese della sua storia recente. Centinaia di migliaia di manifestanti hanno paralizzato il Paese portando allo stop della riforma promossa dall’esecutivo di Netanyahu. Al contempo, nei Territori Palestinesi continua l’espansione delle colonie illegali. Protetti dal Governo, i coloni stanno portando avanti una campagna di terrore e violenze a danno della popolazione palestinese. Spinti da una politica xenofoba ed estremista e sostenuti dall’esercito, danneggiano proprietà e risorse senza il rischio di incorrere in sanzioni.

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Israele, il nuovo Governo di Netanyahu minaccia la democrazia

Dopo aver ricevuto la fiducia della Knesset, il 29 dicembre scorso ha prestato giuramento il nuovo Governo israeliano guidato dalla coalizione dei partiti più di estrema destra e di orientamento religioso ultra-ortodosso della storia del Paese. Le dichiarazioni dei neo ministri sono molto chiare e non lasciano spazio a dubbi sulla volontà del Governo di percorrere la strada della discriminazione, dell’apartheid e dello spregio delle Leggi Fondamentali e dei diritti umani pur di consolidare il proprio potere e affermare la supremazia ebraica in ogni ambito della vita politica e sociale.

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Giovani che resistono: palestinesi e israeliani contro l’apartheid

Le recenti tensioni nella Cisgiordania hanno riportato la questione palestinese al centro dei dibattiti sulla stampa internazionale. A partire dagli anni Novanta, l’espansione delle colonie israeliane e l’aumento della pressione militare hanno causato l’aggravarsi delle condizioni di vita per i palestinesi. Per contro, la risposta della popolazione e delle nuove generazioni offre spunti di analisi rilevanti. Attraverso l’intervista all’attivista palestinese Sami Hussein Huraini dell’associazione Youth of Sumud, Voci Globali riporta uno spaccato della realtà quotidiana nei territori sotto occupazione israeliana.

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Il Melting Pot israeliano in crisi per la voglia di uniformità culturale

All’indomani della sua creazione, lo Stato d’Israele raccolse diverse comunità ebraiche con retroterra culturali differenti. La risposta dell’élite politica sionista fu una politica migratoria di assimilazione e uniformità culturale. Le criticità emersero negli anni Ottanta con l’insediamento nel Paese degli ebrei etiopi. Il modello di assimilazione non raggiunse gli obiettivi prefissati. Al contrario, la marginalizzazione e l’isolamento sperimentati ancora oggi dalla comunità etiope pongono degli interrogativi non trascurabili sull’effettiva riuscita del cosiddetto Mizug Galuyot.

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Territori occupati, quell’apartheid che distrugge l’ambiente

Acqua sempre più scarsa e inquinata, rifiuti non trattati gettati in mare, suolo impoverito e tossico, agricoltura devastata: queste sono alcune delle palesi conseguenze della politica di insediamenti e controllo da parte di Israele su Gaza e Cisgiordania. C’è una vera emergenza ambientale, oltre che umanitaria, in questa regione del mondo sempre più lacerata da conflitto e odio. Lo sproporzionato utilizzo di risorse naturali da parte di Tel Aviv per alimentare le sue colonie, spesso illegali, si sta trasformando anche in un’azione contro l’ecosistema.

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Repubblica Ceca, saranno risarcite le rom sterilizzate forzatamente

Il Senato ceco ha approvato una legge per compensare le rom sottoposte a sterilizzazioni illegali tra il 1996 e il 2012. Israele ha “riconquistato” lo status di osservatore all’interno dell’Unione Africana con grande disappunto del Sudafrica. In Tanzania, il leader dell’opposizione Freeman Mbowe è stato incriminato per terrorismo: per la comunità internazionale è un mero tentativo di reprimere il dissenso politico. Cresce la vulnerabilità delle persone con albinismo per la crisi economica generata dalla pandemia. Greenpeace France accusa Parigi di inerzia sul tema della deforestazione importata.

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Moschea al-Aqsa, testimonianza dalla Gerusalemme divisa in due

L’autore di questo articolo, ricercatore presso la Lancaster University, si è recato a Gerusalemme per osservare i rapporti tra israeliani e palestinesi in città. Si è trovato a essere testimone diretto dei recenti episodi che sono poi rimbalzati sui media e sui social di tutto il mondo. Nel suo resoconto, sono evidenti da un lato le pressioni e provocazioni delle autorità israeliane durante il mese del Ramadan, dall’altro le proteste pacifiche e creative dei giovani attivisti palestinesi durate fino al cessate il fuoco tra Israele e Hamas, dichiarato il 21 maggio e compromesso poche ore dopo.

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Israele, l’apartheid digitale che controlla e silenzia i palestinesi

Si fa sempre più urgente, a livello globale, l’istituzione di standard internazionali che proteggano gli individui sia dall’usurpazione dei diritti umani da parte di Governi autoritari e repressivi, che dalle politiche digitali di colossi capitalistici orientati al profitto. Sono anni che Israele, deumanizzando costantemente i palestinesi, ne confina la libertà di espressione online, attentando a quelli che dovrebbero essere diritti inalienabili di ciascun cittadino nell’era del web. Al di là delle politiche digitali segregazioniste adottate da Israele, l’aspetto più allarmante rimane la tacita collaborazione tra il regime mediorientale e i colossi dei social media.

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Israele e Hamas: quei soliti e strategici cessate il fuoco temporanei

L’articolo, scritto pochi giorni prima dell’ennesimo cessate il fuoco, analizza il conflitto concentrandosi sull’alternanza tra fasi più o meno lunghe di violenza e periodi di tregua, che sembra protrarsi ormai all’infinito. Da un lato, però, Hamas sta acquisendo la capacità di colpire zone più ampie di Israele e per periodi di tempo più lunghi e, parallelamente, le rappresaglie israeliane si fanno più feroci e intense. Il motivo di questa costante escalation sembra risiedere nella volontà di entrambe le parti di restituire un’immagine vittoriosa al proprio popolo, piuttosto che di raggiungere obiettivi concreti rispetto sia al conflitto sia ai negoziati di pace.

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L’ONU riafferma la sovranità di Damasco sulle Alture del Golan

L’Assemblea Generale delle Nazioni conferma la sovranità della Siria sul conteso altopiano dichiarando nulla l’annessione de facto israeliana. MasterCard e Visa bloccano i pagamenti su Pornhub, accusato di permettere la pubblicazione di video contenenti abusi sessuali. I Paesi MIRPS adottano la Dichiarazione di San Salvador per fronteggiare la crisi degli sfollati interni in America Centrale. L’UNEP proclama i vincitori del premio “Campioni della Terra” 2020. Mentre, il premier sudanese inasprisce le sue critiche contro il ruolo dominante dell’esercito nell’economia nazionale.

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