The Conversation

Gaza, il giornalismo di guerra solleva nuove questioni etiche

La copertura giornalistica del conflitto israelo-palestinese implica, per reporter e fotografi, un enorme rischio per l’incolumità e anche l’attuazione di scelte etiche. Se ormai da tempo la cosidetta aggregazione dei giornalisti alle truppe costituisce una tradizione consolidata per la comunicazione rapida delle notizie dal fronte, in questo momento storico le cose sono diverse. Anche le maggiori agenzie di stampa non impiegano più giornalisti come dipendenti, ma assumono freelance di cui spesso non conoscono a fondo le attività e i contatti, che possono poi rivelarsi discutibili se non pericolosi.

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Israele-Hamas, la differenza tra pausa umanitaria e cessate il fuoco

La comunità internazionale sta invocando a gran voce un’interruzione delle ostilità tra Hamas e Israele, che potrebbe assumere due forme diverse a seconda delle finalità e dei risultati auspicati. Anche se una pausa umanitaria potrebbe sembrare un obiettivo più facilmente raggiungibile per dare sollievo alla popolazione, viene in realtà ritenuta dagli esperti una soluzione più rischiosa perché meno chiara in termini di applicazione. Il cessate il fuoco, invece, appare come l’unica possibilità di una reale tregua ma sulla quale le parti in causa continuano a sfidarsi, sprezzanti della vita dei civili.

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Crisi climatica, quando le risposte generano più danni che soluzioni

La Nuova Zelanda, e alcune sue aree in particolare, è soggetta a inondazioni dovute a fenomeni climatici estremi e all’aumento del livello del mare. Problemi di tal genere spesso vedono l’implementazione di progetti di adattamento climatico che risolvono la questione a livello tecnico ma espongono le comunità a una vulnerabilità sempre maggiore nel tempo. Un recente studio realizzato da un gruppo di studiosi Maori, Pasifika, Pākehā e tauiwi ha evidenziato come il maladattamento possa aggravare situazioni ambientali e sociali già delicate e ha proposto un nuovo strumento di valutazione dei rischi.

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Gaza, perché l’ordine di evacuazione viola il diritto internazionale

In seguito agli attacchi lanciati da Hamas il 7 ottobre scorso, Israele ha avviato una durissima controffensiva dichiarando lo stato di guerra per la prima volta dal 1973. Nel bel mezzo di una serie implacabile di bombardamenti, ha ordinato a 1,1 milione di civili residenti nella zona Nord della Striscia di Gaza di spostarsi a Sud in soli due giorni. E non soltanto, ha richiesto anche lo spostamento dei pazienti di numerosi ospedali. Un ordine impossibile da mettere in pratica, considerata la totale assenza di tutela dei civili e delle loro vite. Si delinea quindi chiaramente la violazione del diritto internazionale.

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Ambiente, la carbon border tax voluta dall’UE danneggia l’Africa

Il prossimo ottobre entrerà in vigore una nuova legge europea che impone la prima tassa al mondo sul carbonio alla frontiera. Si tratta di un’imposta sulle emissioni di gas a effetto serra e mira a incoraggiare le aziende verso metodi di produzione ecologici. Eppure, non tutti i Paesi del mondo l’hanno accolta all’unanimità. Ad esempio, nel Sud globale viene vista come una misura di protezione dell’industria che avrà ripercussioni negative sul Continente africano. Attraverso la differenziazione dei mercati, insieme a finanziamenti idonei, i Paesi africani riuscirebbero in parte ad arginare il problema.

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Africani scrittori di resoconti di viaggi attraverso il loro Continente

In Sudafrica il viaggio è un argomento delicato. Durante gli anni dell’apartheid vigevano leggi che limitavano fortemente o addirittura bloccavano gli spostamenti delle persone nere; quella del viaggio di piacere era un’idea applicabile soltanto ai bianchi. Anche se quelle norme non esistono più, hanno lasciato un retaggio che i giovani sudafricani stanno cercando di scrollarsi di dosso. Numerose sono, infatti, le pubblicazioni che raccontano di viaggi alla scoperta del Paese e di se stessi, dello spostarsi liberamente senza il timore di incorrere in situazioni spiacevoli per il colore della pelle.

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Zimbabwe, la traduzione in shona de “La fattoria degli animali”

Nello Stato dell’Africa meridionale, nonostante le crisi economico-politiche che continuano a investire la società, si fa spazio la creatività collettiva grazie all’operato di una comunità artistica e letteraria composta da autori giovani e coraggiosi. Una decina di scrittori hanno collaborato per la traduzione in shona del classico orwelliano, un progetto durato 5 anni che si propone di avvicinare la grande letteratura internazionale agli zimbabwiani tramite l’uso della lingua più parlata nel Paese. Inoltre, la storia locale si presta particolarmente all’allegoria sul dispotismo rappresentata da “Animal Farm“.

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Migrazioni, Stati africani fanno resistenza ai rimpatri dall’UE

Il rientro forzato dei migranti dall’UE viene, in maniera più o meno esplicita, ostacolato dai Paesi d’origine, soprattutto quelli dell’area occidentale del Continente, che in modalità e per ragioni diverse rallentano o bloccano i tentativi di cooperazione sulle espulsioni. Già molto esigui, i tassi di rimpatrio in Africa dai Paesi europei sono persino diminuiti. Uno studio spiega i motivi alla base dell’insuccesso degli attuali partenariati per la migrazione, illustra le strategie adottate dai Governi di Nigeria, Senegal e Gambia rispetto al rientro dei cittadini espulsi e propone una soluzione per il miglioramento della cooperazione sul tema.

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Cina e calo demografico, in gioco opportunità e rischi per l’Africa

Se fino ad oggi la Terra del Dragone ha detenuto il record della Nazione più popolosa del globo, da quest’anno non sarà più così. Sarà infatti superata dall’India con una popolazione stimata a 1,42 miliardi. Nel frattempo, il Continente africano si conferma quello con una popolazione in più rapida crescita. Tuttavia, questo cambiamento porterà con sé anche molti rischi: infatti un rallentamento dell’economia cinese potrebbe mettere a dura prova gli esportatori africani di materie prime provocando conseguenze piuttosto serie in tutto il resto del pianeta nell’ambito del commercio e degli investimenti.

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Francia, più repressiva e brutale la risposta dello Stato alle proteste

Nel corso delle manifestazioni contro la riforma delle pensioni si è vista una reazione particolarmente dura da parte delle forze dell’ordine. Questo sembra derivare dall’assunzione di un modello molto più rigido di mantenimento dell’ordine pubblico, volto a impedire le proteste piuttosto che a facilitarne il regolare svolgimento. Alla luce dell’attuale momento storico in cui è messa in discussione la forma stessa della democrazia rappresentativa, appare fondamentale ripensare a come gestire il mantenimento dell’ordine pubblico bilanciando l’uso della forza col rispetto delle libertà individuali.

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