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Ciad, ritratti in chiaroscuro da una terra ricca e martoriata

Foto di Angelo Calianno

Foto di Angelo Calianno

Una bambina porta sulla schiena il fratello più piccolo a Bol, villaggio sulle sponde del Lago Ciad

Il sottosuolo del Ciad è fra i più ricchi dell’Africa grazie ai giacimenti di petrolio, oro e uranio. Ciononostante, il Paese è tra i più poveri al mondo: il 43% dei bambini sotto i 5 anni è malnutrito, il 66% vive sotto la soglia di povertà.

La presenza di risorse naturali porta giovamento solo ad una ristretta élite: uomini di affari, multinazionali, politici e le loro famiglie. Ai lavoratori locali degli impianti di raffineria non è permesso nemmeno dormire all’interno dei campi, dedicati solo al personale straniero. Le multinazionali che oggi controllano il petrolio sono: Glencore (anglo-svizzera), CNPC (cinese), Exxon Mobil (statunitense).

Mohammed, commissario di polizia nella città di Bol, regione del Lago Ciad

Il Ciad è stato annoverato tra i 17 Paesi più pericolosi al mondo. Il motivo è la presenza di Boko Haram nella regione del Lago Ciad. 
Mohammed, commissario a Bol – principale punto di confine sulla sponda ciadiana del Lago Ciad – ci racconta:

Per conquistare territorio, soprattutto quello dove si pesca di più, Boko Haram è arrivato nei villaggi costringendo la popolazione a fuggire. Chi si ribellava, veniva ucciso. Molti, pur di mangiare e con la promessa di tre pasti al giorno, si sono uniti al gruppo. A causa loro, questo luogo non è più lo stesso. Il lago si è ridotto più della metà, sta morendo ogni giorno che passa

Sono 260mila le persone che hanno dovuto abbandonare le proprie case per la presenza di Boko Haram. Nei 10 anni di attività, il gruppo terroristico ha provocato 35mila vittime tra Ciad, Niger e Nigeria.

Cambiamenti climatici, inquinamento, costruzioni di dighe e deviazioni in Niger e Nigeria, hanno ridotto il lago a un ventesimo della sua superficie orginaria.

Arun, uno dei capi locali Fulani, ha in viso i tatuaggi tipici del suo clan di appartenenza

I Fulani sono una tribù nomade dell’Africa subsahariana, sono circa 5 milioni presenti in 8 Stati africani. Vengono considerati il più grande gruppo nomade esistente al mondo. In Ciad, sono circa 300mila.

Oggi – in seguito all’aumento di oleodotti, raffinerie, miniere – hanno sempre meno territorio dove portare i pascoli. I nomadi in questa zona rappresentano un’importantissima fonte di sussistenza. L’eventuale perdita delle tribù e del loro bestiame porterà ulteriori problemi a una situazione economica già molto precaria.

Gruppo di bambini in una scuola gestita da volontari, zona rurale di NDjamena

Molte famiglie non riescono a mantenere i loro figli. I più piccoli vengono abbandonati fuori dalle scuole coraniche, dove vengono accolti da insegnanti volontari.  Per mantenere queste strutture, semplici casupole, i bambini sono mandati a chiedere l’elemosina per strada.

Una ragazzina della tribù dei Fulani, con i tatuaggi del suo clan di appartenenza in volto, con sua sorella tra le braccia

Una maggiore scolarizzazione del Paese potrebbe rappresentare una chance per il futuro. Solo il 40% della popolazione sa leggere e scrivere. E per andare a lezione, i bambini devono percorrere molti chilometri a piedi. Diverse organizzazioni internazionali si stanno interessando alla situazione ciadiana, tra le più disastrose del Pianeta. Il Ciad è uno degli esempi di quello che sta accadendo in molti Stati africani, dove classe politica e multinazionali tendono a favorire un certo livello di “ignoranza” per poter sfruttare a proprio beneficio le risorse naturali.

Il turismo potrebbe essere un’ottima fonte di sviluppo economico. Il Paese ha incantevoli scenari naturali: uno dei deserti più belli del mondo e numerosi insediamenti risalenti al neolitico. Al momento però, l’attività turistica – estremamente cara per gli elevati costi della sicurezza interna – è limitata solo ad alcune zone. Ovviamente il contesto attuale scoraggia molti viaggiatori a recarsi in questo splendido territorio. Troppo complicato, troppo martoriato.

Un bambino trasporta alcuni vasi fatti di argilla cotta in una zona rurale del Ciad centrale

[Tutte le foto sono dell’autore del reportage]

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