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Cambiamento climatico: prevenzione, la chiave per affrontarlo

Siccittà in Kenya - Flickr Creative Commons - Oxfam

siccità in kenya - Flickr Creative commons - Oxfam

[Traduzione a cura di Massimo Testa dall’articolo originale di Esther Ngumbi pubblicato su Inter Press Service]

Persone in attesa di poter entrare in un centro di distribuzione di alimenti a Dabaab in Kenya. Riyaad Minty/Creative Commons

Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha recentemente pubblicato il Rapporto Globale 2020 sulle Aree di Crisi. Secondo il documento, nella prima metà del 2020 saranno milioni i cittadini dei Paesi dell’Africa sub-sahariana a soffrire la fame per diverse ragioni, tra le quali conflitti, instabilità politica ed eventi legati al clima come precipitazioni sotto la media o inondazioni.

Con riferimento a questi ultimi, si stima che già 52 milioni di persone in tutta l’Africa soffrano la fame a causa di eventi eccezionali legati al clima e oltre 1 milione di persone sono state sfollate a seguito di inondazioni. Naturalmente, i Paesi africani non sono i soli in questa emergenza e l’Italiala California meridionale, e la Francia meridionale sono stati recentemente colpiti da eventi alluvionali legati ai mutamenti climatici. L’Australia è stata presa di mira da estesi incendi boschivi anch’essi riconducibili ai mutamenti climatici.

È ormai chiaro che non sarà affatto un compito facile affrontare le sfide persistenti e ricorrenti poste dall’insicurezza alimentare causata da eventi estremi legati al clima. Ma allora, come potranno i Paesi fare rotta verso un futuro in cui saranno sistematicamente minacciati da questo tipo di disastri? Come potranno migliorare le loro attuali strategie e modalità d’intervento per mitigare il cambiamento climatico?

Per affrontare eventi imprevedibili e catastrofici legati al clima e assicurare alle popolazioni gli alimenti di cui cibarsi, i Paesi dovranno innanzitutto potenziare i loro sistemi di previsione. La chiave di tutto è la prevenzione.

Molti Paesi africani stanno potenziando le loro capacità predittive. Per esempio, ci sono diversi centri che forniscono servizi di monitoraggio e previsione climatica, idrica e agro-meteorologica tra cui AGRHYMET in Africa occidentale, il Centro IGAD per le Previsioni e le Applicazioni Climatiche in Africa orientale, il centro SADC per il monitoraggio della siccità nell’Africa meridionale.

Inoltre, nel 2019, tre Paesi dell’Africa sudorientale, il Malawi, il Mozambico e lo Zimbabwe, insieme a quattro Stati dell’Oceano indiano sud-occidentale hanno avviato una Piattaforma per la gestione e la riduzione del rischio da disastro, con l’obiettivo di condividere informazioni per la prevenzione dei disastri.

Anche i singoli Stati stanno investendo molto per realizzare sistemi di previsione. Il Kenya, per esempio, ha un sistema predittivo per il bestiame che segnala l’allerta in modo rapido, a supporto delle comunità di pastori. In Uganda esiste una Politica Nazionale per il Cambiamento Climatico. Il Paese, inoltre, continua a intensificare gli sforzi per lotta al climate change. Il Ghana ha una strategia nazionale di adattamento e, nel 2018, l’UNEP ha collaborato con il Paese per attivare un sistema di allerta rapido per la siccità.

Oltre all’Africa, la comunità internazionale sta aiutando i Paesi in via di sviluppo per migliorarne la capacità di previsione. Recentemente, dodici organizzazioni internazionali hanno lanciato un’iniziativa per l’Alleanza per lo sviluppo idrometeorologico, con l’impegno di intensificare nei Paesi in via di sviluppo le misure di potenziamento della capacità di produrre previsioni meteorologiche molto accurate e, tra gli altri servizi, sistemi di allerta rapida.

Tuttavia, nonostante tutte queste iniziative, il continente africano non è ancora in grado di proteggere la sua popolazione da disastri climatici. È evidente che i sistemi di previsione da soli non sono sufficienti.

I Paesi africani devono pertanto moltiplicare gli sforzi e adottare molte altre misure complementari per mitigare il cambiamento climatico e aiutare gli agricoltori e le popolazioni a superare le difficoltà. Dopo tutto, ammesso che i processi previsionali funzionino, gli agricoltori non sono ancora in condizione di prevenire gli effetti disastrosi del cambiamento come la siccità.

Dopo la semina, per esempio, gli agricoltori possono fare ancora poco per proteggere le loro colture in fase di crescita da eventi estremi quali siccità e inondazioni.

La base per un’agricoltura resiliente è un terreno sano. Terreni sani, dotati di sostanza organica, migliorano l’attività dei microrganismi che vivono nel suolo, che a loro volta aiutano le piante a utilizzare le sostanze nutritive e ad adattarsi agli stress climatici come la siccità e le inondazioni e, allo stesso tempo, a difendersi da parassiti e malattie.

Naturalmente, molto dipende dalle varietà di colture piantate dall’agricoltore. Per questo, c’è bisogno di maggiori investimenti in ricerca scientifica applicata allo sviluppo di tipologie colturali resistenti alla siccità e alle inondazioni.

Occorre più che mai dare sostegno a iniziative quali il mais tollerante agli stress, il grano resistente alla ruggine o quelle per la selezione di piante di cassava resistenti alle malattie e di maggiore qualità, ed è necessario che le varietà ottenute con questi progetti siano adottate dagli agricoltori. Ma di base, soltanto con terreni sani tutte le misure complementari potranno confermare in pieno le aspettative.

Altrettanto importanti sono gli investimenti e i fondi messi a disposizione dai Governi africani e da altre istituzioni quali la Fondazione Rockefeller e la Banca Africana per lo Sviluppo, fortemente impegnate ad aiutare il continente africano ad affrontare il cambiamento climatico.

Questi fondi possono essere destinati allo sviluppo di innovazioni che promettono di essere molto utili. Possono inoltre servire a finanziare le grandi sfide per la ricerca di soluzioni per coloro che sono più esposti agli effetti del cambiamento climatico.

È incoraggiante assistere all’avvio di iniziative quali il Laboratorio Globale per l’Innovazione finanziaria per il Clima, un progetto che vede oltre 60 investitori e istituzioni pubbliche e private continuamente impegnate nella ricerca di strumenti d’intervento. Tra questi ci sono alcune misure di finanziamento per l’assicurazione dei raccolti e la fornitura di assistenza tecnica e di prestiti garantiti o a tasso agevolato per piccoli coltivatori dell’Africa occidentale.

Infine, devono continuare gli investimenti a sostegno della cosiddetta agricoltura intelligente, un approccio integrato che affronta entrambe le sfide della sicurezza alimentare e del cambiamento climatico, con l’obiettivo di accrescere la resilienza, incrementare la produttività e ridurre le emissioni.

La Banca Mondiale sta attualmente collaborando con diversi Paesi africani tra cui il Kenya, il Malawi, il Mozambico, il Ruanda, lo Zimbabwe, per individuare azioni concrete che questi Paesi possono intraprendere per promuovere e diffondere l’agricoltura intelligente.

Le storie di successo di agricoltura intelligente nei Paesi africani dimostrano in effetti che l’adozione di queste pratiche può aiutare le popolazioni a gestire la nuova e dura realtà che accompagna il cambiamento climatico.

È evidente che i disastri legati al clima e all’insicurezza alimentare continueranno a minacciare molti Paesi dell’Africa sub-sahariana nel 2020. Grazie al potenziamento dei processi di previsione e all’intensificazione degli interventi, con la coltivazione di varietà colturali resistenti alla siccità e alle inondazioni, e anche attraverso i continui investimenti in agricoltura intelligente, i Governi e le popolazioni potranno affrontare queste sfide. E dotarsi, intanto, della necessaria resilienza per ripartire dopo essere stati colpiti da una calamità.

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