[Traduzione a cura di Gaia Resta dall’articolo originale di Damola Adejumo-Ayibiowu pubblicato su Open Democracy]
Non è esattamente una coincidenza che l’origine del concetto di “buona governance” come strategia di sviluppo si collochi successivamente alla caduta del Muro di Berlino nel 1989.
Nel suo celebre articolo The End of History, il politologo americano Francis Fukuyama dichiarava che la fine della Guerra fredda fosse “il punto d’arrivo dell’evoluzione ideologica dell’umanità e la diffusione della democrazia liberale occidentale fosse la forma finale del governo degli uomini”. Tali dichiarazioni dimostrano chiaramente come gli esponenti del liberalismo fossero pronti ad opporsi a qualsiasi ideologia contraria alla propria.
Non è una sorpresa, dunque, che sin dagli anni ’90 la buona governance sia diventata la ricetta della Banca Mondiale per tutte le problematiche legate allo sviluppo affrontate dagli Stati africani. Notoriamente, l’agenda della buona governance è al momento di tipo democratico all’interno di una cornice neoliberale.
I dibattiti sugli Stati africani che riguardano la democrazia possono essere piuttosto accesi, molti di questi Stati, infatti, hanno alle spalle una lunga storia fatta di regimi militari, elezioni illegittime, leader inaffidabili, forniture di servizi inadeguate e corruzione diffusa. Molti studiosi sostengono in particolare che l’assenza di democrazia sia la causa principale della povertà in Africa.
Eppure, nonostante l’implementazione di riforme di buona governance da parte dei donatori, in Africa continuano ad esistere problemi legati alla corruzione, povertà e altri ancora. Inoltre, l’ondata di democratizzazione che ha interessato l’Africa negli anni ’90, ha per la maggior parte spianato la strada alle elezioni multipartitiche che non hanno migliorato le condizioni di vita delle masse di poveri che aspettano in fila per ore per poter votare. L’attuazione della democrazia liberale occidentale in Africa è stata caratterizzata anche da violenze ed elezioni truccate.
C’è chi definisce questo caotico sistema elettorale di governance corrotta molto semplicemente come “democrazia in stile africano“, mentre alcuni studiosi attribuiscono i fallimenti della governance africana ai valori culturali africani che – così sostengono – sono inconciliabili con la democrazia.
Sfortunatamente, chi conclude che la governance corrotta sia culturalmente insita nell’Africa ignora gli impatti distruttivi e inibitori di oltre mezzo millennio di assoggettamento dell’Africa all’Occidente; una situazione che ha portato alla distorsione di vari aspetti della vita africana, inclusi i sistemi di governance.
In realtà, la democrazia è un elemento intrinseco alla cultura africana. Gli europei che invasero l’Africa conobbero regni democratici che dovettero come prima cosa distruggere perché il loro progetto di colonizzazione potesse avere successo. Ad ogni modo, l’eurocentrismo nega la storia politica democratica dell’Africa e mostra la cultura africana come totalmente autocratica e reticente allo sviluppo.
L’imposizione dell’ethos occidentale in Africa, incluso il suo stile di democrazia, ha provocato solo distorsioni in quanto la cultura, la storia e i valori del territorio hanno una propria importanza in ogni struttura di sviluppo e governance.
A questi fallimenti della democrazia contribuiscono anche i donors occidentali che sostengono sempre qualsiasi Stato africano in cui si svolgano elezioni definite democratiche, anche quando vincono leader che democratici non lo sono affatto.
Possiamo quindi dire che la democrazia è stata assimilata alle elezioni multipartitiche anche quando il voto popolare non ha mai inciso.
Ancora peggio, la promozione della democrazia da parte della Banca Mondiale e di altri donors occidentali non cambia il loro stesso rapporto autocratico con gli Stati africani poveri. La loro insistenza su riforme neoliberali contribuisce alla povertà dell’Africa e ha continuato a consentire ai Paesi sviluppati di sfruttare il continente.
Nonostante la retorica sulla democrazia da parte dei donors, il valore delle elezioni in Africa spesso non va oltre il dare alle persone una sensazione di coinvolgimento, anche quando le loro opinioni non hanno un peso e quando soffrono per le spine delle riforme neoliberali occidentali.
È interessante che, nonostante questi fallimenti gli Stati africani continuino a soddisfare pienamente le finalità di sfruttamento per le quali sono stati fondati dagli europei durante la Conferenza di Berlino del 1884.
La democrazia liberale occidentale nel contesto africano può essere definita come un’organizzazione politica che garantisce gli interessi dell’imperialismo capitalista delle nazioni, in particolare il loro libero accesso alle risorse e ai mercati africani.
La democrazia non è estranea alla cultura africana
Per coloro che pensano che l’Africa sia del tutto estranea alla democrazia, vale la pena chiarire il termine “democrazia”. Deriva da due parole greche, “demos” che significa popolo e “kratos“, governo. Traducendo alla lettera, la democrazia è una forma di governo in cui il popolo è al potere.
Dunque, la democrazia riguarda principalmente la capacità delle persone di scegliere da chi e con quali leggi essere governati e anche di far sì che i governanti rispettino la volontà popolare. In breve, una democrazia è un governo rappresentativo ed efficiente.
In base a questa definizione, molti sistemi di governance tradizionali africani sono da considerare democratici. I sistemi tradizionali di governance degli Yoruba e degli Akan in Ghana costituiscono democrazie esemplari in quanto, nonostante si tratti di monarchie, sono rappresentative, partecipative e dispongono di adeguati meccanismi di controllo ed equilibrio. Per distinguere la democrazia di queste istituzioni tradizionali dalla democrazia di tipo occidentale, la chiameremo democrazia culturale.
Sfortunatamente, la democrazia occidentale si è diffusa a causa dell’imperialismo internazionale dell’Europa che ha sottomesso altre forme di cultura, in particolare quella indigena in Africa.
Sebbene le elezioni multipartitiche siano una caratteristica importante della democrazia occidentale, la loro assenza nei governi rappresentativi ed efficienti di altre culture non li rende meno democratici. Probabilmente, l’ordinamento delle istituzioni che conduce alla rappresentatività e all’efficacia può variare in ogni società.
Che la democrazia culturale dell’Africa sia diversa da quella occidentale non la rende priva di validità. Diverso non deve significare inferiore. Tuttora, le istituzioni indigene vengono preferite dai popoli rurali africani in quanto risultano essere, in confronto, più trasparenti ed efficienti. La democrazia culturale africana ha delle caratteristiche che la rendono adatta al popolo africano.
Democrazia occidentale vs democrazia culturale africana
Le democrazie di tipo occidentale sono state patriarcali per molto tempo. Infatti, le donne britanniche non hanno avuto diritto di voto fino al 1928 quando le donne africane, in particolare le donne Yoruba dell’Africa occidentale, già partecipavano senza alcun impedimento al processo decisionale collettivo.
La regola della maggioranza propria della democrazia occidentale è anche un sistema con “vincitore unico” che può risultare repressivo in quelle comunità con minoranze al loro interno.
Ad ogni modo, nelle società precoloniali africane come quelle degli Igbo, degli Yoruba e degli Ashanti in Ghana, il processo decisionale era basato soprattutto sul consenso, che assicura che ogni interesse venga rappresentato con conseguente riduzioni delle dispute.
Aspetto più importante, le democrazie culturali africane sono fondate sulla filosofia africana della comunanza dei beni e della morale. Invece, la democrazia di tipo occidentale si basa sul liberalismo, sui principi di libero mercato e perseguimento del proprio interesse la cui attuazione ha rovinato le condizioni di vita dei meno abbienti in Africa.
In modo simile, le Costituzioni alla base della democrazia di tipo occidentale in Africa sono più che altro variazioni delle leggi coloniali e a volte divergono dalla cultura locale.
La morale pubblica africana si basa su un forte senso di vergogna per l’individuo che si comporti contrariamente al bene comune; questi può dover subire una punizione severa come l’esilio.
Gli studiosi hanno osservato che la divergenza tra leggi coloniali e valori africani ha creato una cultura moderna che sostiene spudoratamente la corruzione nel settore pubblico. Inoltre, nelle democrazie culturali africane l’aspettativa che i governanti rispettino la morale e supportino lo sviluppo sociale è alta e deve essere corrisposta.
Vale la pena sottolineare che, ciò nonostante, nelle democrazie africane non sempre emergono dei buoni governanti. Ad ogni modo, in molte società sussistono dei meccanismi per far adeguare i governanti alla volontà popolare, pena la deposizione.
Una mia recente analisi della governance tradizionale degli Yoruba ha rilevato una democrazia culturale degna di lode.
Insolitamente, i risultati mostrano come tra gli Yoruba le strategie che assicurano efficacia, partecipazione e affidabilità includano la decentralizzazione del governo in sottounità autonome, il coinvolgimento della popolazione, la rappresentazione della famiglia nel governo, le consultazioni, un alto grado di morale tra i leader, la non-monetizzazione dei ruoli politici, la supremazia della cultura, la preparazione alla leadership, il giuramento tradizionale, provvedimenti semplici per la deposizione di leader inadempienti, impegno comune per raggiungere lo sviluppo, strutture amministrative a basso costo, dedizione e parità di accesso alla risorse. Aspetto più importante, queste caratteristiche cozzano con l’organizzazione di tipo democratico-occidentale attuata in Nigeria, la terra degli Yoruba.
È straordinario come la democrazia culturale africana abbia in sé quegli elementi culturali che obbligano la popolazione e i suoi governanti a rispettare le leggi culturali. L’assenza di elementi culturali costituisce la motivazione per cui la democrazia di tipo occidentale ha portato in Africa a distorsioni piuttosto che al progresso.
Piuttosto che replicare le democrazie liberali dell’Occidente e le loro riforme neoliberali, l’Africa dovrebbe imparare dalla sua stessa cultura. Prendere in prestito una democrazia o una qualsiasi ideologia significa rischiare che, oltre ad interessanti qualità, vi siano anche elementi non-culturali in grado di danneggiare la società.
Chi prende decisioni politiche in Africa ha di fronte una sfida: studiare con consapevolezza e continuità le varie società indigene africane per individuare principi preziosi e pratiche democratiche che possano essere adattati alle attuali situazioni presenti in Africa, per una governance e uno sviluppo migliori.