“Lasciati guidare dal bambino che sei stato”, suggeriva Josè Saramago.
E, se l’infanzia rappresenta da sempre il campo d’indagine per ritrovare sé stessi, è proprio quella la fase di vita in cui si gettano le fondamenta identitarie di ciascun individuo.
Purtroppo, però, le statistiche oggi in Italia fotografano un’infanzia sempre più periferica, e sempre più esposta al rischio di indigenza.
Nel IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” di Save the Children i dati parlano chiaro: la povertà assoluta riguarda il 12,1% di bambini e adolescenti, e condiziona il quotidiano di 702.000 famiglie con minori (10,9%). E la povertà relativa riguarda 1 minore su 5.
Nella sola Campania, a vivere in condizioni di povertà relativa è ben il 32,3% di bambini e adolescenti; in Sicilia, la percentuale sale al 42%. Più di un milione e mezzo di bambini – pari al 16,1% dei minori italiani, vive “dispersa” nel 70,3% dei comuni italiani, e il restante 84% vive invece in 2.400 centri di dimensioni maggiori.
E ancora: 94 bambini su 100 tra i 3 e i 10 anni non hanno modo di giocare in strada, solo 1 su 4 “elegge” il cortile a luogo di svago, e poco più di 1 su 3 ha un parco o un giardino vicino alla propria abitazione.
Complessivamente, sono quasi 3,6 milioni i bambini e adolescenti che vivono nelle 14 principali aree metropolitane del Paese, e che si formano in zone periferiche, e non soltanto perché distanti dal centro.
Si tratta di vere e proprie periferie sociali, spesso del tutto o in parte prive di servizi e opportunità per sopperire a condizioni educative ed economiche non favorevoli. A mancare sono cose come educazione, lavoro, o anche l’accesso a Internet.
Se guardiamo soltanto a quest’ultimo aspetto, per esempio, i minori che non possono navigare in rete nel Mezzogiorno sono concentrati nei capoluoghi delle grandi aree metropolitane (36,6%), e vivono spesso in famiglie che presentano condizioni economiche svantaggiate (38,8%).
Pur nella difficoltà dei contesti periferici, diverse sono però le iniziative messe in campo, da Nord a Sud, per arginare il disagio di bambini e adolescenti.
E la tecnologia, ovviamente, dà il suo valido contributo.
A vincere, per esempio, la prima edizione del bando periferiAIntelligente indetto da un’iniziativa della Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane e del ministero dei Beni Culturali, è stato il duo artistico AOS – Art is Open Source formato da Salvatore Iaconesi e Oriana Persico e dalla piattaforma di creativi Sineglossa creative ground di Ancona.
Ci saranno 50 mila euro messi a disposizione per IAQOS, un “bambino artificiale” in grado di raccogliere informazioni e capire la necessità del quartiere.
“Essenzialmente” – ha detto Federica Galloni, Direttore della DGAAP – “questo programma dimostra come la collaborazione tra arte, scienza e tecnologia possa costituire un connubio innovativo e strategico per la riqualificazione delle periferie urbane. L’implementazione artistica e il design rendono più accessibili l’elemento scientifico”.
Più che fantascienza si tratta di un uso intelligente della tecnologia applicata al sociale.
“L’ideazione di IAQOS” – hanno aggiunto Salvatore Iaconesi e Oriana Persico – “è stata ispirata da Angel_F (Autonomous Non Generative E-volitive Life_Form), una giovane Intelligenza Artificiale che abbiamo realizzato nel 2007 e che è arrivata fino all’Internet Governance Forum delle Nazioni Unite nella difesa dei diritti digitali delle persone”.
A Milano, intanto, 26 progetti per cambiare la città si sono aggiudicati il Bando alle Periferie edizione 2018.
Si tratta di un bando che viene lanciato ogni anno con un finanziamento disponibile di un milione di euro.
I progetti vincitori, tutti consultabili online sul sito del bando, vanno da laboratori creativi sulla pratica sonora per bambini e ragazzi a performance artistiche nello spazio pubblico all’attivazione di lezioni di tai chi, kung fu e judo o alla costruzione di una squadra di volley e una squadra di rugby composte da ragazzi del quartiere, fino a incontri e laboratori di teatro e narrazione per bambini e disabili.
Tutto all’insegna dell’inclusione e dell’incentivo alla creazione di spazi di socialità e di condivisione di esperienze formative.
Naturalmente, oltre ai bandi pubblici da tenere sempre d’occhio, c’è anche, anzi, sopratutto, il lavoro quotidiano delle diverse Onlus che operano sul territorio per contrastare i fenomeni di emarginazione minorile: si va dal progetto “Servizi 0-6: passaporto per il futuro” di Mission Bambini per offrire un posto al nido o alla scuola materna a 1.500 bambini provenienti da famiglie in difficoltà al progetto ForGood di Sport Senza Frontiere Onlus, iniziativa di inclusione sociale e prevenzione sanitaria che ha avviato allo sport 504 bambini delle periferie di Napoli, Roma, Milano e Buenos Aires, per 2 anni sotto controllo medico e psicologico.
“Lo sport contribuisce a contrastare l’emarginazione – ha commentato la responsabile del progetto ForGood Sara Di Michele – perché quando si parla di disagio socio-economico si parla anche di deprivazione di stimoli e isolamento. La famiglia che non può permettersi l’attività sportiva è la stessa famiglia che fa fatica ad uscire, che resta spesso chiusa in casa, i bambini spesso rimangono davanti alla televisione. Lo sport è quello che tira fuori il bambino e insieme tira fuori anche la famiglia”.
Solo due esempi di iniziative concrete sul campo per valorizzare le giovanissime risorse disperse nei territori del Belpaese, ancora lasciati troppo isolati rispetto alle loro necessità sociali ed educative.
Serve però anche lo sguardo più lungimirante delle Istituzioni, per non sprecare un potenziale patrimonio di nuovi talenti in un contesto caratterizzato, come sappiamo bene, da bassissima natalità, abbandono scolastico, e – purtroppo – preoccupanti fenomeni di analfabetismo di ritorno, ormai sempre più diffusi.