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Adozioni internazionali, in crisi il rispetto delle regole

In Italia vige il fondamentale diritto del bambino di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. Fatta salva tale premessa, tuttavia, nel caso in cui il nucleo familiare di origine degradi nello stato d’abbandono morale e/o materiale, può essere necessaria l’adozione del minore.

Questo straordinario canale di tutela per i bambini soli e allontanati dalla famiglia non resta circoscritto all’interno dei confini nazionali, ma è possibile avanzare la richiesta per divenire genitore di un minore straniero residente all’estero.

Immagine ripresa dal blog “Inside the destination”.

Nel suo ultimo report statistico (fermo al 2015) la CAI (Commissione per le adozioni internazionali) denuncia tuttavia un vertiginoso calo delle procedure di adozione: dal 2004 e nell’arco di dieci anni, le adozioni sono calate in tutti i Paesi di accoglienza del 73,5%. Nonostante una diminuzione del 34%, l’Italia si conferma come primo Paese di accoglienza in Europa per numero di minori adottati e secondo al mondo dopo gli Stati Uniti.

Nell’ultimo decennio o poco più, sono state molte le incertezze che hanno adombrato l’adozione internazionale.

In Congo, nel settembre del 2013 le autorità decisero di congelare i permessi di uscita dei bambini adottati da stranieri, attribuendo la colpa del blocco alle stesse famiglie adottive. Alexis Thambwe Mwamba, ministro della Giustizia e dei diritti umani del Congo, all’epoca dichiarava:

Certi genitori adottivi, senza attendere l’esito delle procedure avviate, facevano uscire fraudolentemente i bambini dal territorio nazionale. Un comportamento che rasenta il rapimento.

Le irregolarità riscontrate in quegli anni all’interno dei dossier d’adozione aprirono molte incognite circa la reale adottabilità dei bambini che dal Congo confluivano nei vari Stati europei: molti di loro infatti sarebbero stati sottratti alle loro famiglie senza che queste li avessero effettivamente abbandonati. In prima battuta lo scandalo ha coinvolto prevalentemente la Francia ma in seguito i dubbi hanno attecchito anche in Italia. Di inizio anno le buone nuove circa l’arrivo di alcuni minori in Europa in seguito allo sblocco delle loro procedure.

Del 2014, invece, lo scandalo che ha coinvolto le adozioni in Etiopia: pare che nell’ambito dell’Onlus torinese Enzo B operante nelle adozioni, parte del personale (tre persone attualmente indagate con l’accusa di truffa) intascasse le quote versate dalle coppie per poi di fatto non avviare alcuna procedura, millantando esosi ritardi da parte degli enti etiopi, i quali invece non avevano avuto contatti e richieste dall’Italia. Vicende simili a questa e gli accesi dibattiti che hanno innescato in merito all’opportunità delle adozioni e alla reale tutela dei minori nel loro ambito, hanno portato il Parlamento etiope ad approvare un testo normativo che vieterebbe le adozioni internazionali.

Il fenomeno non coinvolge soltanto il continente africano ma sconfina altrove, è di marzo 2018 il report proveniente dall’associazione cambogiana Licadho che denuncia pratiche scorrette da parte degli enti della Cambogia. La madre, che riporta qui la propria testimonianza, racconta dell’inganno orchestrato ai suoi danni da alcuni operatori dell’ente locale per le adozioni, i quali, approfittando dell’indigenza e dell’assente livello di scolarizzazione della sua famiglia, le avevano promesso l’inserimento gratuito di quattro dei suoi figli in un’apposita struttura. Lì avrebbero goduto di vitto, alloggio e istruzione, per poi tornare a casa al compimento dei 18 anni. I ragazzi, stando invece a quanto asserito dalla madre, sono stati invece inseriti nel canale dell’adozione internazionale, senza più tornare in famiglia.

Più vicino a noi è degno di nota il regime di adozione optato dalla Polonia, la quale ha deciso di privilegiare la sola adozione nazionale, nella convinzione di riuscire a trovare una famiglia ad ogni orfano e bambino maltrattato servendosi soltanto delle risorse polacche.

Questi sono solo alcuni dei casi emblematici che hanno determinato la generale disillusione verso il sistema internazionale di adozione, che si manifesta in una sempre minore affluenza di richieste. Ciò che più preoccupa in merito è il vuoto di garanzie internazionali nel quale versano in tal modo i minori abbandonati, dei quali dovrebbe farsi carico la società allargata anche attraverso una maggior cooperazione tra nazioni, adoperandosi perché la loro infanzia non venga – di fatto – negata.

L’iter adottivo si snoda inoltre lungo un percorso di forte emotività e costellato di ostacoli che possono pesantemente minare anche la più salda determinazione. I futuri genitori, per diventarlo, dovranno sottoporsi a numerose valutazioni del servizio sociale e dell’autorità giudiziaria, nonché servirsi di enti autorizzati ad occuparsi delle procedure burocratiche. Essi rappresentano un necessario ponte tra coppia, autorità straniere e gli enti che operano in quello Stato.

Presupposti imprescindibili per creare un canale comunicativo tra famiglia, ente nazionale ed ente estero, nonché per assicurare il best interest del minore sono la fiducia e la legalità. Quando invece alle genuine speranze di futuri genitori e figli, si legano enti che operano in modo fraudolento, tradendo appunto una malriposta fiducia e violando la legalità, il sistema non può che collassare a discapito in primo luogo del minore e di una nuova famiglia in tal modo mai nata.

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