L’ultima settimana di Trump è stata caratterizzata da due imprevisti interventi bellici all’estero. Una dimostrazione di forza ai danni della Siria (e della Russia) e poi dell’Isis in Afghanistan. Nel primo caso, dopo aver accusato la Russia di fare da scudo al governo siriano per l’attacco chimico di martedì 4 aprile, c’è stato l’attacco a sorpresa contro le basi siriane con l’arsenale chimico. E ora i rapporti con Putin sarebbero ai minimi storici, manca la fiducia reciproca. Nel secondo caso, è stata sganciata “la madre di tutte le bombe”, l’ordigno più potente a disposizione, se si esclude quello nucleare. Obiettivo una rete di tunnel usati dai jihadisti nella provincia di Nangahar, al confine con il Pakistan (che sembra siano stati finanziati dalla Cia negli anni ’80 contro l’occupazione sovietica).
Forse a preoccupare anche di più sono gli imprevedibili ripensamenti dell’Amministrazione repubblicana. Dopo l’attacco in Siria che ha frantumato il presunto idillio con Putin, analogo il dietro-front nei confronti della Cina, fino all’altro giorno definita “manipolatrice di valuta”. Di tutto pur di ottenere l’aiuto del presidente cinese Xi nel bloccare il programma nucleare nord-coreano. E improvvisamente la Nato non è più “obsoleta”, come dichiarato a gran voce nelle settimane scorse, e anzi potrà contare sul pieno sostegno degli Usa. Sarà basato su queste schizofrenie il futuro internazionale di Trump?
Intanto il fronte d’opposizione non esita a rilanciare gli appelli per ricompattare il movimento pacifista, pur se il compito è tutt’altro che facile. Secondo un’analisi del settimanale The Nation, punto chiave è “l’integrazione tra l’attivismo per la giustizia sociale e quello contro la guerra“:
Proseguendo nei tagli ai programmi sociali di base, arriva poi una risoluzione appena firmata dal presidente che consente ai singoli Stati di negare i fondi per Planned Parenthood e altre cliniche che offrono servizi sanitari per le donne a basso costo, pillola e aborto inclusi. Viene così ribaltata la norma a sostegno degli Health and Human Services stabilita da Obama lo scorso anno. Decisione controversa e che non mancherà di suscitare reazioni a tutto campo: pur se al momento se ne parla poco sui media, proprio per via delle manovre belliche, secondo recenti sondaggi 3 su 4 elettori appoggiano i finanziamenti pubblici per Planned Parenthood.
Fervono infine gli ultimi preparativi per la #TaxMarch di sabato 15 aprile: previsti migliaia di manifestanti nell’evento nazionale a Washington, oltre a tanti altri sparsi a livello locale. Utile anche il digital supporter toolkit appositamente realizzato: consigli e indicazioni per dare massimo risalto all’attivismo online. Vi si trovano fra l’altro siti e risorse per saperne di più, tweet già pronti da rilanciare e post da piazzare su Facebook.
Obiettivi primari dell’evento sono ovviamente la trasparenza sui conflitti d’interessi di Trump e la diffusione della sua dichiarazione dei redditi – come vorrebbe quasi l’80 per cento degli americani, secondo un recente sondaggio. E tra le varie petizioni in circolazione online, ce n’è anche una che chiede di premere sui parlamentari perché approvino un apposito un disegno di legge fermo in Congresso. Vista la situazione, sembra però impossibile raggiungere questi risultati immediati, ma si tratta