Il 2016 segna il nuovo record nel numero di migranti morti durante la traversata del Mediterraneo: l’Agenzia Onu per i rifugiati (UNHCR), nella persona del suo portavoce William Spindler, ha comunicato ieri che sono circa 3800 le persone morte o disperse da inizio anno, cifra già superiore al record toccato nel 2015 con una stima di 3.771 persone.
We're receiving more reports of deaths in the Med. We can now confirm that at least 3,800 people have died, making 2016 the deadliest ever.
— William Spindler (@SpindlerWilliam) October 26, 2016
Questo nonostante il forte calo del numero di traversate in termini assoluti, sinora circa un terzo rispetto all’anno scorso, in quanto è aumentato il rischio: sul sito dell’Agenzia si legge che il tasso delle morti in mare è cresciuto da 1 su 269 persone che hanno tentato la traversata l’anno scorso a 1 su 88 nel corso di quest’anno, a causa dell’elevato numero di partenze dalla pericolosa Libia, del maltempo, dell’utilizzo di imbarcazioni sempre più inadatte e del cambiamento nelle tattiche dei trafficanti, che hanno a volte organizzato partenze di massa nel convincimento che la ripresa del sistema Frontex possa ridurre i rischi legati alla traversata.
Tutto questo mentre un’Italia provata dagli afflussi non riesce ancora a dotarsi di una struttura che riesca a superare la logica dell’accoglienza straordinaria, come ha dimostrato il recente report della campagna LasciateCIEntrare condotta il 20 giugno scorso in 65 centri di prima accoglienza, dove si denuncia la
situazione di crollo imminente del sistema di accoglienza che denunciamo come prossimo non perché connesso all’arrivo di troppi richiedenti asilo, ma perché strutturato in maniera disomogenea, priva di programmazione, affidata alla buona o cattiva volontà dei prefetti, condizionata dalla volontà di non applicare scelte politiche intelligenti.
Qualche buona notizia sembra in realtà arrivare attraverso alcune nuove circolari recentemente emanate dal Ministero degli Interni: la prima riguarda la ripartizione sostenibile di richiedenti asilo e rifugiati tra i Comuni che decidono di aderire al circuito Sprar, ottenendo in cambio una progressiva diminuzione della presenza di Cas, Centri di accoglienza straordinaria, sul proprio territorio.
Sta inoltre per essere introdotto il sistema di quote di persone accolte a livello comunale (sinora le quote erano previste a livello regionale e provinciale), pari a 2,5 ogni mille abitanti per la maggior parte dei Comuni, a fronte di ulteriori incentivi quali ad esempio lo sblocco del turnover amministrativo.
Una terza misura, annunciata, riguarda un’incentivazione monetaria ai Comuni “virtuosi”, che dovrebbe essere inserita nella legge di Stabilità.
Nonostante le novità, ad oggi i tentativi di strutturare meglio l’accoglienza sono spesso condotti da – spesso osteggiate – associazioni e comunità.
L’impegno è forte anche nella realizzazione di strumenti online messi a disposizione dei migranti per trovare assistenza: si veda ad esempio RefugeesMap, mappa solidale online ad oggi in sei lingue (inglese, francese, somalo, arabo, farsi e urdu) realizzata principalmente da rifugiati con lo scopo di aiutarne altri a trovare sostegno in tutta Europa, sia che essi si trovino già nel Paese di accoglienza sia che debbano ancora arrivarci. Nella mappa si possono trovare indirizzi e riferimenti pratici delle organizzazioni che forniscono servizi di emergenza, supporto legale o medico, ospitalità, cibo, trasporti, corsi di lingue e così via.
Utile invece per chi voglia approfondire la propria comprensione dei flussi di rifugiati è il progetto online realizzato su dati ONU e UNHCR The Refugee project, mappa interattiva che descrive l’evoluzione del fenomeno attraverso una timeline che va dal 1975 ad oggi, in grado di dare un’immediata percezione di quali siano state, e siano oggi, le aree più vulnerabili del pianeta, in una fase in cui appare drammaticamente crescente la necessità di emigrare per sempre più persone.