[Traduzione a cura di Benedetta Monti, dall’articolo originale di Neil Payne pubblicato su Think Africa Press]
Da quando il meme Africa Rising ha cominciato ad acquisire notorietà, negli ultimi anni, ha provocato un’innumerevole serie di dibattiti interessanti. Tuttavia, mentre la maggior parte delle discussioni sono centrate su questioni importanti come la crescita del PIL, i problemi infrastrutturali o il grado di apertura della politica, un argomento che ha ricevuto minore attenzione è stato quello della cultura. Inoltre, mentre i dibattiti sulle prime questioni hanno la tendenza a impantanarsi soprattutto con riguardo alla domanda se l’Africa stia veramente emergendo, le evidenze riguardo alla questione culturale puntano in una direzione più chiara.
Dalla crescente popolarità di nuovi generi musicali come l’Afrobeat tra le musiche più diffuse a livello globale, alla crescita enorme della cosiddetta Nollywood, alla proliferazione di mostre sull’arte africana, la cultura dell’Africa è in ascesa. Le opere creative del Continente si stanno diffondendo in tutto il mondo, e sembra che si stia verificando una riaffermazione culturale nelle stesse comunità africane. Questo sta accadendo in molti ambiti e a livelli diversi, incluso l’elemento fondamentale per costruire una cultura, il simbolo vivente della civilizzazione, l’elemento portante della storia, del significato e della tradizione: il linguaggio.
In gran parte dell’Africa le lingue locali sono protette, recuperate e valorizzate, attraverso dinamiche che vanno sia dall’alto verso il basso che viceversa.
Parli inglese?
Guardando ai livelli alti della società, sembrano esistere prove di un crescente interesse governativo nel consolidare, sottolineare e conservare le lingue locali. Nei mesi recenti, per esempio, sono state prese molte misure politiche relativamente alla posizione delle lingue indigene.
In marzo, il presidente del Gambia Yahya Jammeh ha annunciato che la lingua inglese non sarebbe più stata la lingua ufficiale della nazione. Non è stato chiarito quale lingua dovrebbe rimpiazzare l’inglese, e probabilmente questo cambiamento è dovuto anche al peggioramento dei rapporti tra il Gambia e il Regno Unito, ma Jammeh ha motivato tale cambiamento affermando: “Non sosteniamo più l’idea che un governo debba parlare inglese. Parleremo la nostra lingua.”
All’inizio di quest’anno, nello Zambia, il governo ha invece attuato una misura per cui la lingua dell’istruzione nelle scuole primarie è stata cambiata dall’inglese alla lingua locale. Il cambiamento non è avvenuto senza critiche – specialmente nei luoghi in cui le persone credono che le scuole stiano insegnando la lingua locale “sbagliata” – ma il governo ha giustificato il cambiamento spiegando che, “La politica del PF [il Fronte Patriottico al governo] è quella di ripristinare le lingue locali perché è il linguaggio a darci un’identità.”
Inoltre, pochi giorni fa, un membro dell’Assemblea Legislativa dell’Africa Orientale (East African Legislative Assembly) ha fatto una dichiarazione simile quando ha rinnovato la richiesta che il Kiswahili sia reso una delle lingue ufficiali della Comunità dell’Africa Orientale (EAC). “Per noi non è un problema che la lingua inglese sia una delle lingue ufficiali” ha affermato, “ma il Kiswahili, dato che è una lingua parlata in tutte le comunità dei cinque Stati membri… dovrebbe avere credito nelle relazioni dell’EAC.”
Queste tendenze però non si manifestano in tutta l’Africa – ad esempio in alcune scuole del Sud Africa si stanno rimuovendo le lingue Zulu e Xhosa dai corsi di studi scolastici a favore dell’inglese. Ed è vero che i cambiamenti di lingua per motivi politici hanno spesso un carattere più economico e politico che culturale – l’abbandono del francese in Ruanda e Gabon a favore dell’inglese può essere visto in questa luce. Ma mentre le economie africane crescono e il mondo prosegue nel percorso di globalizzazione, sembra esserci un chiaro significato nel fatto che i governi e le persone al potere stiano riconoscendo l’importanza delle migliaia di lingue locali africane.
La comunicazione nei social media
Mentre i funzionari, in particolare coloro che si occupano dei sistemi educativi, sembrano ripensare all’importanza delle lingue locali, le stesse stanno ricevendo sostegno anche dalle basi della società. Questo fenomeno è stato reso più semplice dalla diffusione della telefonia mobile e di Internet.
Sempre più persone in Africa si collegano per comunicare tra di loro e le conversazioni spesso non sono in Inglese, Francese o Portoghese, ma in Wolof, Tswana, Luganda o in molte altre lingue locali.
Molte di queste lingue facevano prima parte solamente della lingua parlata, ma la loro nuova forma scritta sui social media ha costretto i giganti di Internet a recepire l’importanza del fenomeno. Per esempio, Facebook gestisce ora delle versioni in lingua Swahili, Somali, Xhosa, Afrikaans e Zulu, mentre Google Translate ha aggiunto ai suoi elenchi lingue come Zulu, Yoruba, Somali, Igbo e Hausa. Anche la BBC di recente si è unita a Blackberry per aiutare a fornire aggiornamenti in lingua Hausa per i loro lettori in Nigeria. Allo stesso tempo, molti utenti in Rete hanno richiesto attivamente una maggiore rappresentazione. La campagna #TweetYoruba, per esempio, è stata avviata nel 2012 come un modo per fare pressioni a Twitter al fine di far includere la lingua Yoruba nel suo progetto di traduzioni.
Attraverso la diffusione di Internet e dei social media, alle lingue indigene dell’Africa è stato dato più spazio in cui crescere e respirare. E mentre vengono prodotti sempre più contenuti in queste lingue, probabilmente si diffonderanno ed estenderanno le loro radici nella cultura africane e nella vita quotidiana.
Il linguaggio è il nostro collegamento alla cultura – ai nostri avi, alle storie e alle comunità – e dall’alto delle politiche dei governi al basso dei tweet e delle conversazioni in chat tra cittadini, sembra che le migliaia di lingue locali africane beneficino di nuove ed eccitanti prospettive.