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Ghana, un Paese al buio senza ragionevoli spiegazioni

[ Antonella Sinopoli, direttore responsabile di Voci Globali, risiede attualmente in Ghana, nella Regione del Volta. Oltre che partecipare da lì alla vita della nostra redazione, contribuisce alla pagina con articoli e aggiornamenti sulla realtà del Paese in cui vive e sul continente africano.]

Un Paese al buio per circa 24 ore. Grandi aziende e piccole imprese costrette ad usare generatori e fiumi di benzina, commercianti locali e famiglie affannati, alla ricerca di un modo per gestire l’emergenza. Ma magari si trattasse di emergenza. Sono ormai circa tre anni che il Ghana fa esperienza di tagli di energia elettrica. All’inizio era per poche ore al giorno, limitato ad alcune aree del Paese più che ad altre e con una sorta di rotazione. Ma da qualche mese a questa parte i blackout sembrano non avere alcuna regola, né previsione. E possono durare da poche ore a 17 o addirittura 24 ore.

I motivi spiegati – o mezzo raccontati – alla stampa, non sono poi così chiari e danno l’impressione dello scaricabarile. Ai danni dei cittadini, ma anche di quei tanti imprenditori locali e stranieri che hanno creduto nel “miracolo Ghana” che negli anni scorsi ha attratto nel Paese migliaia di investitori. Solo un paio di anni fa il Ghana mostrava migliori performance dei Paesi del Brics e, tra quelli africani, era sicuramente un Paese emergente, con un Pil stimato all’8,5% circa. Oggi si registra il livello di inflazione – 14.7% –  più alto dal febbraio 2010 e i prezzi, da sette mesi a questa parte, continuano a registrare aumenti, mentre il valore del Cedi, la moneta nazionale, sta scendendo a valori storici. Per tornare ai blackout, la cosa più drammatica è che non se ne riesce a capire con esattezza la ragione.

Ascoltando i notiziari e le interviste a questo o quel ministro, a questa o quella autorità, emergono risposte diverse e contraddittorie. C’è chi sottolinea che il problema sia dovuto alla manutenzione di due grandi impianti, Asogli Power Plant e Mines Reserve Plant; chi ritiene che il Paese – che tra l’altro ha grandi riserve off shore – abbia bisogno di importare petrolio grezzo per alimentare gli impianti; c’è chi invece fa notare che il Governo non è in grado di finanziare, per la parte che gli competerebbe, la gestione delle attrezzature. E c’è poi la questione Nigeria: il Paese ha ridotto da tempo la fornitura di gas al Ghana, aggiungendo un altro problema alla crisi già in corso.

 

Asogli Power Plant, foto tratta dal web.

Intanto tra tutte le ipotesi, scuse e balbettii, rimane la realtà del load-shedding che sta diventando sempre più insostenibile. La scarsità di kilowatt costringe a rotazioni e tagli nella fornitura della corrente elettrica sempre più lunghi e incontrollati. Il blackout coglie all’improvviso perché le autorità competenti non rilasciano alcun calendario che potrebbe, almeno, aiutare i consumatori a organizzarsi. Il dumsor dumsor (così viene qui definito lì improvvisa mancanza di corrente) è diventato un problema nazionale, al di là di ogni controllo. E mentre le imprese, gli investitori e gli affari cominciano a risentire seriamente del load-shadding alle rassicurazioni del presidente John Mahama e alle sue promesse, non ci crede più nessuno. E questa non è certo l’immagine di un Paese proiettato nel futuro.

 

Centrale idroelettrica e diga di Akosombo, Wikimedia Commons.

Pensare che in Ghana una delle “attrazioni” più interessanti è la colossale e maestosa diga di Akosombo, costruita negli anni Sessanta con l’importante apporto di ingegneri e tecnici italiani. La diga ha dato vita al più vasto lago artificiale del mondo, il lago Volta, bacino idroelettrico capace – fino a poco tempo fa almeno – di fornire energia elettrica non solo al Ghana ma ai vicini Togo e Benin. Altri tempi, i tempi dell’indipendenza, dell’azione, della speranza, I tempi di Kwame Nkrumah. Tutta un’altra storia.

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