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Sudan, calamità umanitaria ormai sparita dai radar internazionali

Sono ormai oltre 200 i giorni di sangue nel Sudan che non fa più notizia. Mentre altri, altrettanto drammatici teatri di guerra s’impongono al centro dell’attenzione mediatica (e quindi politica) globale, nel cuore del continente africano “una catastrofica crisi dei diritti umani” va in scena a riflettori spenti. Almeno 10 mila morti e quella che per Unicef è la più grave crisi di sfollamento infantile del Pianeta sono il risultato di sette mesi di un conflitto brutale che si combatte senza quartiere e senza regole. Nel Darfur, a vent’anni dal genocidio, infuria la violenza etnica. L’UNHCR: “il mondo deve prestare attenzione”.

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Giornata della pace, ma nel mondo impazzano guerre e conflitti

Dal 2001, il 21 settembre è un’occasione per tirare le somme riguardo l’eradicazione della violenza e il rispetto (anzi il mancato rispetto) dei diritti umani. Il 2023 segna un bilancio disastroso con un numero di situazioni di ostilità e scontri violenti mai raggiunto dal 1945. Nessun Continente è escluso da questo fenomeno. Voci Globali fa il punto su alcune delle aree maggiormente interessate dalla violenza. La realtà emersa mostra anche forti criticità quando si va riflettere sul ruolo della comunità internazionale in materia di peace-building e peace-keeping nelle aree di maggiore crisi.

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Bambini in guerra, abusi oltre ogni limite su minori usati in conflitti

L’Onu non aveva mai registrato tante gravi violazioni contro i minori nei conflitti armati di tutto il mondo in un solo anno come nel 2022. Sono stati uccisi, mutilati, arruolati, rapiti, stuprati, arrestati. Le loro scuole e gli ospedali in cui cercavano cure sono stati bombardati, gli è stato persino negato l’accesso umanitario. RD Congo, Somalia, Israele e Palestina sono ancora i peggiori inferni per i bambini. Per la prima volta nella “lista della vergogna” del Segretario generale entra la Russia; il grande assente, di nuovo e nonostante le numerose gravi violazioni verificate, è Israele.

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Migranti siriani bloccati in Sudan, unica via d’uscita le rotte illegali

Dall’inizio dei combattimenti sono quasi 90.000 i siriani bloccati nel Paese dal conflitto armato. Come testimoniano gli intervistati, è risultato quasi impossibile usufruire dei voli di rimpatrio promessi dal Governo a proprie spese. La società aerea di bandiera – già accusata di pratiche illegali – pare abbia imposto il pagamento di grosse tangenti per l’inserimento nella lista passeggeri. Ma, se da un lato molti fanno di tutto per tornare a casa, tanti altri hanno paura di rientrare per timore di essere arruolati nel servizio militare che in Siria può durare anche diversi anni.

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Sudan, si allontana la speranza di una transizione democratica

Nello Stato arabo-africano è in corso una spirale di violenza che vede i soldati dell’esercito regolare guidati dal generale Abdel Fattah al-Burhan contro le Forze di Sostegno Rapido guidate dal generale Hemeti. Dal 2019 il Paese ha conosciuto due colpi di stato in pochi anni. Nonostante ciò, la sua società civile si è battuta in prima linea per un futuro migliore e una società libera. Le proteste del 2019 sono passate alla storia come la Rivoluzione Sudanese. Oggi, l’eredità delle piazze e la voglia di libertà delle nuove generazioni rischiano di soccombere sotto i colpi dell’autoritarismo.

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In Africa torna il tempo degli “uomini forti”, la risposta dei giovani

La politica africana è dominata da personaggi che non rispecchiano la demografia delle rispettive nazioni. È raro trovare leader con meno di 50 anni e così il Continente con l’età media più bassa si ritrova ad essere guidato da politici spesso over 60. La gioventù africana reclama una maggiore inclusione nello sviluppo politico e nel futuro dei suoi Paesi. Negli ultimi due anni, tuttavia, una nuova serie di colpi di Stato sembra aver riportato a galla vecchi spettri e dinamiche del passato. In Guinea e Sudan i giovani hanno risposto a questi eventi in modi diversi, esprimendo tuttavia un malessere condiviso.

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Parlano le donne migranti, quei viaggi segnati da violenze e abusi

Un elevatissimo numero di giovani donne ogni anno migrano, dall’Africa o dall’Asia, verso l’Europa o altri luoghi considerati più sicuri. Lo studio riportato nell’articolo mette in luce, attraverso racconti e dati, le violenze psicologiche e fisiche che queste persone – persino in tenera età – sono costrette a subire, oltre che nei loro Paesi di origine, anche durante i viaggi di migrazione e nei luoghi di destinazione. Diventa quindi sempre più necessaria l’implementazione di servizi di prevenzione e protezione che possano tutelare le donne migranti e affiancarle nei loro percorsi di reintegrazione e resilienza.

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Sud Sudan, laddove i crimini internazionali rimangono impuniti

A gennaio scorso, il Governo del Paese africano ha approvato l’istituzione di una Corte ibrida competente a giudicare i crimini commessi dalle parti in conflitto a partire da dicembre 2013. L’annuncio – accolto con cauto ottimismo dalla comunità internazionale visti i precedenti – non è stato però seguito dai fatti. Ad oggi, della Hybrid Court for South Sudan (HCSS) non vi è ancora la benché minima traccia. E le conseguenze della sua mancata creazione risultano assai rilevanti sia sotto il profilo nazionale che regionale. E le atrocità commesse in Sud Sudan rischiano di non avere colpevoli.

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Etiopia, Tigrè travolto dalla frattura politica e dalla crisi umanitaria

A quasi un anno dall’inizio del conflitto la situazione nell’estremo Nord dell’Etiopia rimane critica. Una gravissima crisi umanitaria è attualmente in corso in Tigrè, mentre la guerra si espande nelle regioni confinanti. Il Governo etiope sotto la guida del premio Nobel per la pace Adiy Ahmed è ora accusato di violazione dei diritti umani e di impiegare l’inedia come arma di guerra. Le ultime stime indicano che almeno 5,2 milioni di persone stanno soffrendo la fame e subiscono violenze e discriminazioni solo a casua della loro appartenenza etnica.

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Asia Pacifica, 2 miliardi di persone affamate dal coronavirus

Lo scoppio della pandemia e la conseguente perdita di posti di lavoro hanno spinto i meno abbienti a rinunciare a diete sane in un crescendo di diseguaglianza sociale. Si aggrava l’instabilità in Darfur mentre Khartum vieta l’accesso ai giornalisti nell’intera area. Cresce il numero di contenziosi climatici in ogni parte del mondo, Europa compresa. Una ONG siriana denuncia alla Corte Penale Internazionale gli abusi commessi dalla Greci contro i profughi, ritenendo si tratti di crimini contro l’umanità. Il nascente connubio economico tra Cina e Israele desta forti preoccupazioni a Washington.

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