nazionalismo

Nagorno-Karabakh, resta alto rischio scontri. Civili ancora in fuga

Il 19 settembre, le truppe azere hanno lanciato un’operazione militare contro l’auto-proclamata Repubblica dell’Artsakh. Un numero ingente di rifugiati si sta muovendo verso l’Armenia. Il numero elevato di persone in fuga e la situazione critica sul campo rischiano di aggravare una situazione umanitaria già da tempo compromessa. Voci Globali ripercorre la spirale di violenza che dagli anni Novanta ha interessato i due Paesi. Legate da una storia di nazionalismo esasperato e azioni di pulizia etnica, Baku e Yerevan sembrano essere nuovamente sull’orlo di guerra allontanando le speranze di pace nel Caucaso.

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I 27 anni della Bosnia Erzegovina: tra recessione, corruzione, paure

A circa un mese dall’anniversario dell’Accordo di Dayton del 1995, l’ex-Repubblica yugoslava si è recata alle urne in un clima ricco di tensione e disillusione dei suoi cittadini. Scarsa affluenza e totale sfiducia nei confronti della politica sono trend che continuano a crescere nel Paese. Nonostante la sconfitta dei candidati nazionalisti, lo strappo tra la politica e la popolazione appare sempre più grande e difficile da ricucire. L’assenza di crescita economica e il clientelismo hanno prostrato la società bosniaca, che nel frattempo si prepara a un inverno rigido e in piena crisi energetica.

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Kirghizistan-Tagikistan, il conflitto frontaliero mette in crisi i media

Il confine tra i due Paesi dell’Asia centrale, vagamente delineato, si colloca in una remota zona montuosa ed è diventato oggetto di una disputa pluriennale. Gli scontri tra gli eserciti nelle zone di frontiera si verificano ben lontano dagli occhi dei giornalisti che, per riportare le notizie, devono ricorrere alle sole testimonianze dei residenti locali e farsi strada nel flusso di notizie non verificate che inonda i social media. Inoltre, le testate indipendenti che citano notizie veritiere ma scomode, vanno incontro alla repressione governativa che, in nome del nazionalismo, impone la censura.

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L’Europa che fa scudo ai migranti con oltre mille chilometri di muri

Nel Continente che si vuole patria di diritti e libertà, le frontiere tornano protagoniste. Sull’onda della crisi afghana, Atene annuncia il completamento dell’ultima delle barriere anti-migranti, al confine settentrionale con la Turchia. Lituania e Polonia rivelano l’intenzione di serrare i valichi della rotta che passa dalla Bielorussia. La strada per l’Unione che non c’è, per i migranti, è una corsa a ostacoli. E non da oggi. Sbarramenti e recinzioni corrono lungo i confini di mezza Europa e nel nome di una presunta questione sicurezza, riducono gli standard minimi dei diritti umani, al di là e al di qua di ogni barriera.

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Montenegro, tornano alla ribalta tensioni etniche e identitarie

Le violenze etniche che negli anni ‘90 hanno sconvolto la Penisola balcanica sono tutt’altro che superate: ne è una prova il piccolo Montenegro. Lo Stato, indipendente dalla Serbia dal 2006, fatica nel processo di costruzione di una identità nazionale unitaria. Il nuovo Governo, additato di essere pro-Belgrado, sta riaccendendo ricordi indelebili e drammatici: dal nazionalismo serbo alla persecuzione dei musulmani bosniaci, fino al ritorno nell’orbita russa. La nazione montenegrina racchiude tutti i nodi non sciolti della dissoluzione della ex Jugoslavia.

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Catalogna, l’ascesa e il declino del sogno indipendentista

La cronaca internazionale racconta ampiamente di una Spagna colpita dal coronavirus, e ormai poco del fragile equilibrio politico che esiste tra le sue comunità autonome. Ma una situazione è forse lo specchio dell’altra. A tre anni dal referendum di autodeterminazione, che fine hanno fatto i separatisti? Ritratto di un movimento nazionalista in auge ieri, in una impasse oggi, ma che resta un elemento chiave per la comprensione delle dinamiche locali e invita a interrogarsi sul futuro elettorale della regione. Da Barcellona, analisi di un complesso conflitto politico.

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La nuova India, femminilità e conflitto identitario e religioso

Il nazionalismo indù – attraverso l’ideologia Hindutva – sta plasmando un Paese sempre più orientato alla rigorosa classificazione religiosa e di genere della società indiana. In questa visione radicale dello Stato, tutto, dalla politica alla vita quotidiana, prende spunto da una concezione fortemente maschilista, dove la donna è relegata alla sottomissione o alla militanza in nome della difesa del puro nazionalismo. Le conseguenze pericolose sono la marginalizzazione delle minoranze, come i musulmani, e la cancellazione delle libertà, soprattutto per le donne.

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India e crisi ambientale, informazione soffocata dalla censura

Se è vero che la democrazia si misura anche attraverso la libertà e l’indipendenza dell’informazione, allora lo Stato indiano è in allarme. Troppo spesso, infatti, i giornalisti vengono messi a tacere e le notizie “scomode” per il Governo non vengono diffuse. Dai gravi problemi ambientali del Tamil Nadu alla carenza di acqua nei piccoli villaggi fino ai casi di suicidi in aumento, molti eventi dell’India sono mal documentati. Diminuisce, così, la qualità della democrazia e la possibilità di avere una popolazione davvero consapevole.

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India e Pakistan, rapporti tesi all’ombra dalla crisi nucleare

Il confine indiano-pakistano è una delle zone più critiche al mondo. I due Paesi condividono una lunga e dolorosa storia di conflitti, tra cui la delicata questione del Kashmir, in sospeso dal 1947, e tornata sotto la luce dei riflettori a febbraio in seguito a un sanguinoso attacco terroristico. Entrambe le nazioni sono in possesso di armi nucleari che, qualora utilizzate, causerebbero danni devastanti a livello mondiale. Occorre quindi una soluzione a lungo termine per raggiungere l’equilibrio in questa delicata e tormentata regione.

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Immigrazione, uno sguardo storico per spiegare l’intolleranza

Rispetto agli anni Novanta le cifre odierne di coloro che si riversano in Europa sono diminuite notevolmente. Qual è dunque il motivo dell’attuale inasprimento degli europei nei confronti di immigrati, rifugiati e richiedenti asilo? Intervistato da Felicita Tramontana, lo storico dell’immigrazione Leo Lucassen spiega i fattori determinanti di un dilagante allarmismo che coinvolge sia il pubblico che la classe politica. L’11 settembre e l’islamofobia che ne ha conseguito, la crisi economica e il rafforzamento dei partiti di estrema destra, gli spostamenti via mare anziché via terra, hanno sicuramente fomentato scetticismo e paure verso il secolare fenomeno migratorio.

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