6 Novembre 2024

land grabbing

Israele è sull’orlo dell’autoritarismo, tra devastazioni e impunità

Le ultime settimane nello Stato Ebraico sono state le più convulse e tese della sua storia recente. Centinaia di migliaia di manifestanti hanno paralizzato il Paese portando allo stop della riforma promossa dall’esecutivo di Netanyahu. Al contempo, nei Territori Palestinesi continua l’espansione delle colonie illegali. Protetti dal Governo, i coloni stanno portando avanti una campagna di terrore e violenze a danno della popolazione palestinese. Spinti da una politica xenofoba ed estremista e sostenuti dall’esercito, danneggiano proprietà e risorse senza il rischio di incorrere in sanzioni.

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Clima e giustizia sociale, la leadership delle donne del Sud globale

Una vasta documentazione testimonia che la crisi ambientale grava, in misura maggiore, sulle spalle dei Paesi cosiddetti ‘in via di sviluppo’. Per realizzare un miglioramento delle condizioni climatiche, è necessario un cambiamento di narrativa che possa assicurare maggiore giustizia sociale, lasciando spazio alle categorie tradizionalmente oppresse. Per questo motivo, le prospettive e le azioni di alcune leader femministe, provenienti dal Sud del mondo, vengono sottolineate in questo articolo. Queste donne costituiscono la chiave per un’azione collettiva a favore della giustizia climatica.

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Possesso e proprietà privata, così l’Occidente ha plasmato la Storia

L’eredità coloniale è ancora oggi visibile nei rapporti socio-economici in tutto il mondo. I diritti di proprietà privata hanno origine in quel periodo storico, quando si riferivano all’acquisizione di terre e beni espropriati ai popoli colonizzati. Oggi tali diritti costituiscono i principi fondamentali del capitalismo moderno e pongono l’Occidente in cima alla piramide economica. L’infinito bisogno di ricchezza delle popolazioni bianche ha impoverito e lasciato ai margini il resto del mondo: è sempre maggiore la necessità di riconsiderare il valore del benessere comune e della collettività.

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Indigeni, 370 mln di persone che vogliono preservare Madre Terra

Sebbene il massacro dei nativi e dei territori da essi abitati continui – spesso alla luce del sole e con l’appoggio degli Stati – oggi in prima linea sono presenti sempre più collettivi, associazioni e movimenti di resistenza, che operano anche attraverso l’arte e la valorizzazione del sapere ancestrale indigeno. Le prospettive indigene, femministe e ambientaliste sono oggi necessarie per ripensare la convivenza sul pianeta. La Casa Comunitaria Itzpapàlotl, collettivo indipendente di arte popolare, cultura indigena e sapere alternativo di Città del Messico, si racconta in un’intervista.

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Land grabbing, ONU denuncia progetto turistico in Indonesia

Comunità locali cacciate dalle proprie case, territori e corsi d’acqua distrutti per la realizzazione di un mega progetto che trasformerà “Mandalika in una nuova Bali”. Il Consiglio d’Europa invita i suoi Stati membri a vietare il commercio di strumenti di tortura. L’Angola commemora il 19esimo anniversario della fine della guerra civile. Il Congresso USA inizia l’esame della Legge sulle riparazioni per la schiavitù. Il gruppo Tehreek-E-Kashmir chiede al Governo britannico di escludere il premier indiano Modi dal G7 per la grave situazione dei diritti umani in Kashmir.

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Uganda, ecofemministe in lotta contro l’industria petrolifera

In alcune zone del Paese le ricche risorse naturali del territorio, come il petrolio grezzo di recente scoperta, fanno gola alle grandi multinazionali. I Governi stringono accordi con le società per la cessione delle terre senza tenere in considerazione il parere delle comunità che abitano quei territori e che ne traggono sussistenza tramite l’agricoltura. Gli sfratti – senza un’adeguata successiva ricollocazione – sono molto comuni e le donne, principali responsabili del sostentamento dei gruppi famigliari, subiscono in misura maggiore le conseguenze di questi progetti di “sviluppo” senza scrupoli.

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Terra e diritto di proprietà in Africa, Il caso di Eritrea e Ghana

Il tema del diritto fondiario e della proprietà terriera è uno dei più importanti quando si parla di diritto in Africa. Esso ha implicazioni economiche, politiche ed etiche estremamente rilevanti, soprattutto per quanto riguarda l’accaparramento delle terre da parte di grandi investitori. Per quanto i sistemi giuridici del continente siano vari e numerosi, il dato storico e sociale è tuttavia fondamentale per approcciarsi al tema e capirne le dinamiche di fondo. Gli esempi di Eritrea e Ghana, con l’avvicendamento e la sovrapposizione di numerose soluzioni e regimi giuridici, possono aiutare a capire la complessità della situazione.

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Land grabbing in Africa, le responsabilità della Banca Mondiale

Secondo un rapporto di alcune organizzazioni, alcuni dei progetti finanziati in tutto il mondo dalla Banca Mondiale, come ad esempio le concessioni per l’industria alimentare, hanno conseguenze devastanti per i Paesi in Via di Sviluppo, primi fra tutti l’Africa, creando povertà e aumento del numero degli sfollati. Tali progetti incrementano l’accaparramento della terra e violano i diritti fondiari delle comunità. Nel rapporto vengono indicati anche alcuni impegni che la Società finanziaria internazionale, il braccio privato della BM, dovrebbe seguire per i propri finanziamenti ad alto rischio.

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Land grabbing, crimine contro l’umanità sotto giurisdizione CPI

Recentemente la Corte Penale Internazionale ha annunciato una modifica ai criteri per la selezione dei casi e alla politica stessa per la definizione delle priorità della Corte. Saranno perseguiti anche i reati commessi, o che comportano “la distruzione dell’ambiente, lo sfruttamento illegale delle risorse naturali, oppure l’espropriazione illegittima dei terreni”. Tutto è nato dalla mobilitazione dovuta alle violenze, uccisioni, stupri ed espropri in Cambogia legati alla deforestazione e all’acquisizione forzata della terra. Ora tali azioni saranno considerate al pari dei reati più gravi passibili di processi penali internazionali..

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Olio di palma, lo sfruttamento nascosto dietro la certificazione

I piccoli produttori pagano le scelte degli Stati e l’avidità delle multinazionali che in 15 anni hanno acquisito 4 mln di ettari nell’Africa occidentale e centrale. In questo gran parlare dell’olio di palma c’è qualcosa su cui bisogna andare più a fondo. La deforestazione, per esempio e l’espropriazione delle terre alle comunità locali. E non è difficile pensare che l’etichettatura obbligatoria vorrà dire chiedere anche la certificazione del prodotto e quindi aumentare i costi e avere bisogno di più spazio di produzione.

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