guerra in iraq

Iraq 20 anni dopo: solo spreco di vite umane, ISIS più forte che mai

Iniziata esattamente vent’anni fa, l’operazione militare “Iraqi Freedom” fu concepita dall’amministrazione Bush come strategia per isolare il ben più temuto Iran e, nonostante il definitivo ritiro delle truppe nel 2011, è tutt’altro che finita. Dopo anni di massiccio dispiegamento di uomini e mezzi, centinaia di migliaia di vittime soprattutto tra i civili iracheni nonostante l’utilizzo di droni e “bombe intelligenti”, i gruppi islamisti paramilitari continuano a riorganizzarsi e radicarsi nel Paese stesso e in altri Stati del Medio Oriente e dell’Africa, in particolare nella regione del Sahel.

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L’IS può colpire ancora, la minaccia pesa su un mondo distratto

Minacce silenziose ma potenti crescono nascoste dall’emergenza pandemia. Lo Stato Islamico, per esempio, non sarebbe affatto indebolito, con un alto rischio di una sua violenta ricomparsa. Governi distratti dalla lotta al Covid-19 e con scarsa disponibilità a rimettere in moto risorse contro i jihadisti potrebbero avere come risultato il rafforzamento dei gruppi terroristici islamici. L’articolo offre una rassegna di parallelismi tra oggi e la situazione del 2013-14: lo scopo è spingere il mondo ad agire, prima che il terrore torni a colpire come questa analisi ritiene possibile.

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Iraq, carcere e torture a bimbi di 9 anni. L’accusa è terrorismo

Migliaia di bambini presunti collaboratori dell’ISIS vengono arrestati e detenuti in condizioni inumane nelle carceri irachene. Succede soprattutto nella parte settentrionale del Paese e nelle zone intorno a Mosul, citta dalla quale nel 2014 è stata annunciata la nascita dello Stato Islamico. I minori vengono sottoposti a maltrattamenti, abusi e tortura per estorcere loro false confessioni di partecipazione ad attività terroristiche. Questo approccio radicale è stato criticato da più parti. L’ONU ha invitato il Governo di Baghdad a cercare soluzioni alternative alla detenzione in quei casi in cui sussista soltanto il sospetto di affiliazione all’ISIS.

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Iraq, la vita senza patria degli Yazidi. Voci dal campo di Shari

Tra il 2014 e il 2017, in Iraq l’Isis massacrava migliaia di Yazidi. Senza parlare dell’orrore per centinaia e centinaia di donne, come Nadia Murad, rapite per diventare schiave del sesso. Ma dove sono oggi tutti i sopravvissuti? Come sono scampati al genocidio? Li abbiamo intervistati nei campi profughi e nei luoghi dove sono rifugiati. Ci hanno raccontato le loro storie e come cercano di dimenticare le tragedie vissute. Ma non è facile. La vita nei in questi luoghi è al limite delle condizioni umane e non c’è ancora speranza di tornare a casa. Ammesso che una casa ci sia ancora.

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Migliaia di bombe e di morti, ma lo Stato Islamico resiste

Lo scorso ottobre il presidente americano Donald Trump dichiarava trionfante la sconfitta del Califfato islamico in seguito alla caduta della sua roccaforte, Raqqa, in Siria. Nonostante le migliaia di bombe e missili sganciati negli ultimi anni, i movimenti estremisti non hanno tuttavia smesso di diffondersi. Visti i precedenti dopo l’11 settembre e le recenti missioni in diversi territori africani, occorre che le forze internazionali si concentrino più sui disagi sociali ed economici che alimentano questi movimenti, piuttosto che su continui interventi militari di ampia portata.

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Londra, una campagna per la pace lunga dieci anni

A iniziare la battaglia è stato Brian Haw, morto di tumore qualche mese fa. Ora ce ne sono tanti, lì a Westminster per denunciare le guerre in Iraq, Afghanistan, Medio Oriente, pagate con la morte e la disperazione di migliaia e migliaia di civili. Quella che sembra quasi essere diventata un’attrazione come le altre nella capitale britannica, è una lotta di costanza e determinazione. Una lotta pacifica e dignitosa.

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