Pambazuka

Ecocidio e rifugiati ambientali, il caso del Delta del Niger

Un terzo dei rifugiati nel mondo proviene dall’Africa, molti scappano dall’orrore ecologico creato da Governi e multinazionali. Da tempo è in atto la distruzione dei mezzi di sussistenza attraverso lo sfruttamento spietato delle materie prime e la politica di sovvenzioni delle nazioni industrializzate dell’Occidente. Un utilizzo “pacifico” delle materie prime da parte della popolazione che vive in tali aree è quasi diventato impossibile, la vita stessa è diventata insostenibile nella maggior parte delle zone ricche di risorse dell’Africa. Si parla di “Crimine contro l’umanità”.

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L’Africa e il dramma dell’immigrazione. Che non finirà.

Un flusso di migranti storico quello verso l’Europa ma anche verso l’interno. Le politiche sbagliate dell’UE e il silenzio dell’UA. “È a partire dal 1970 che i flussi migratori verso l’Europa hanno iniziato a intensificarsi. Nel prosperare della loro economia, i Paesi europei avevano bisogno di lavoratori da impiegare in lavori non qualificati. Ed è in questo modo che ha iniziato a farsi strada l’immagine dei lavoratori immigrati nelle catene di montaggio automobilistiche o dei netturbini neri nelle strade di Parigi. Fino alla metà degli anni ’80, un cittadino delle ex colonie francesi non aveva alcun bisogno di avere un visto per entrare in Francia.”

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La jihad africana, da disagio marginale a minaccia strategica

La radicalizzazione e l’estremismo violento non sono una novità in Africa, ma negli ultimi due decenni questi aspetti hanno subito una significativa evoluzione. Non si tratta solamente di un riflesso dovuto all’inventiva e allo spirito di adattamento dei gruppi jihadisti, ma rappresentano il culmine di tendenze globali e storiche di più lungo termine, perché hanno continuato a diffondersi basandosi sul declino economico, sul populismo morale, sui collegamenti internazionali e sulla vulnerabilità dello Stato. Infatti proprio tra queste variabili si possono trovare le fonti maggiori e persistenti dell’estremismo violento ma anche le sue soluzioni.

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Marijuana, in Africa la sostanza stupefacente dei poveri

UNGASS 2016, meeting di tre giorni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si terrà nel mese di aprile, è l’evento più atteso nella storia delle Convenzioni internazionali in materia di sistemi di controllo delle sostanze stupefacenti, soprattutto perché ha attirato il forte interesse della società civile. Per la prima volta, sembra che un enorme numero di persone si sia coalizzato per promuovere un cambiamento radicale dell’attuale approccio repressivo alle droghe, cosicché saranno affrontati maggiormente i problemi della salute pubblica rispetto agli aspetti sanzionatori. Un focus sulla situazione in Africa Occidentale.

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Burundi, il braccio di ferro tra l’Unione Africana e l’Occidente

Crisi politica e rischio di genocidio. I leader africani si oppongono alla richiesta di invio di truppe da parte di USA e UE. “Se la stampa occidentale potesse rovesciare un Governo, quello del Burundi sarebbe sparito da tempo. Chiunque abbia cercato in Rete informazioni sul Burundi durante lo scorso anno, avrà notizie insistenti riguardo alle richieste di dimissioni del presidente Pierre Nkurunziza da parte di funzionari occidentali, visto il clima di manifestazioni di protesta e insurrezioni armate, per lasciare spazio ad un ‘governo di transizione'”.

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Kenya, rose che prosciugano laghi in nome dello ‘sviluppo’

Decine di milioni di fiori esportati in Europa ogni anno. Le multinazionali fanno soldi impoverendo territorio e persone. Il caso del lago Naivasha: “il lago si trova a meno di un’ora di distanza da Nairobi, la prima volta che ci sono andato da ragazzo era il 1957. Sono rimasto incantato dalla sua bellezza – rive rigogliose di acacia gialla, nell’acqua cristallina nuotavano diverse specie di pesci […] Vi sono tornato nel 2009. Ero costernato, quasi disperato. Il lago e la zona circostante erano irriconoscibili. Rose e enormi serre ovunque – nessuna farfalla e nessun pesce. Un sacrificio in nome dello sviluppo”.

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L’Africa, i gay e l’anacronistica omofobia di Mugabe

Il presidente dello Zimbabwe non perde occasione per condannare la comunità LGBT distraendo così dai problemi del Paese. Un paio di mesi fa, durante il suo discorso davanti all’Assemblea dei Capi di Stato delle Nazioni Unite a New York, Mugabe, ha annunciato ‘allegramente’ che “noi (gli africani) non siamo gay” e quindi, il resto del mondo non deve immischiarsi quando i diritti delle minoranze sessuali vengono calpestati. Mugabe non ha pronunciato le sue parole come una persona distante dai fatti, le ha espresse volutamente a nome di un continente di miliardi di persone.

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Movimenti migratori dall’Africa, rivincita sul passato

A lungo è stato celebrato lo straordinario coraggio – che ancora oggi suscita meraviglia – degli esploratori europei, che affrontavano mari e luoghi sconosciuti con pochi strumenti scientifici a disposizione per l’orientamento e la sopravvivenza. Si tratta di una straordinaria evidenza della determinazione umana. Oggi quello stesso coraggio viene dimostrato dai migranti che cercano di raggiungere l’Europa. Ed ecco anche perché, come è stato riconosciuto più volte dalla Commissione Europea, l’Europa che sta invecchiando dovrà affrontare la questione della sua necessità di migranti.

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Tortura e processi in diretta nella Libia neo-colonizzata

I negoziati sono ancora al palo mentre il Paese è in piena crisi economica. La situazione è aggravata dalla mancanza di un sistema legale, giudiziario e politico. Le diverse milizie, armate e create dagli Stati Uniti e dalla NATO, continuano a pattugliare le città, i paesi e i villaggi della nazione, molestando, rubando, assalendo e uccidendo i civili. E a causa dell’impatto sociale ed economico della guerra, la nazione è anche incapace di affrontare la crisi dell’emigrazione in espansione nel Nord Africa. I trafficanti di esseri umani adescano e caricano su imbarcazioni instabili i migranti, alla ricerca di asilo politico in Europa.

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Hacking Team e le rivelazioni sull’Etiopia

La scorsa settimana è stata pubblicata una vasta raccolta di email che dimostra come l’azienda di sorveglianza italiana Hacking Team abbia venduto le proprie tecnologie a governi di tutto il mondo. Tra i vari governi coinvolti c’è anche quello dell’Etiopia: le informazioni trapelate hanno mostrato che l’obbiettivo erano i giornalisti etiopi residenti negli Stati Uniti. Il governo etiope ha un record deplorevole riguardo alla libertà di stampa, e la diaspora dei giornalisti etiopi è di vitale importanza per presentare la situazione reale all’interno del Paese. Perché un Paese così dipendente dagli aiuti esteri spende milioni di dollari per spiare i propri giornalisti in esilio?

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