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Asmarina, un documentario ricostruisce la memoria italo-eritrea

La storia dell’uomo è una storia di movimenti, mutamenti, cambiamenti. È una storia di migrazioni. Quello che oggi le contingenze storiche portano a interpretare come un fenomeno a senso unico, in realtà ha coinvolto persone da tutte le parti del mondo e non solo nell’ultimo secolo. Vi sono poi casi in cui, al netto dei numeri, si può considerare il migrare come uno scambio, condizionato da situazioni storiche e scelte politiche. Uno di questi casi è l’Eritrea, piccolo Stato nella parte orientale del Corno d’Africa, colonia italiana a partire dall’occupazione di Assab nel 1882.

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Europadreaming, storia visuale delle migrazioni dal ’95 ad oggi

Cosa succede quando il sogno europeo incontra quello dei migranti? Una riflessione tradotta in un progetto di Visual Journalism ideato e promosso da un gruppo di ricercatori della Libera Università di Bolzano. Ce lo racconta uno degli ideatori, Matteo Moretti, designer e ricercatore. Cosa è l’Europa oggi e cosa vuol diventare? Come si pensa o si immagina? Domande impegnative a cui nessuno ancora sa dare una risposta. Da qui l’idea del progetto, mirato a ricostruire fette di Storia e ad aprire un dibattito su un fenomeno sociale complesso.

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Africa day: il giorno dell’orgoglio, il giorno dello sdegno

Il 25 maggio è giorno di festa per l’Africa. Si ricorda la nascita dell’Unione Africana, 25 maggio 1963. Data in cui i primi Paesi ad essersi affrancati dal giogo coloniale facevano voto di unità, sviluppo, progresso. Di un nuovo futuro, libero e indipendente. Ma oggi bisogna fare i conti con la realtà. Una realtà oscena. La rappresentiamo con alcuni dati e immagini concentrandoci sull’Africa Sub-Sahariana, e basta segnalare come il 64% della popolazione viva in aree rurali, che nella stragrande maggioranza dei casi mancano delle infrastrutture di base. Tutto ciò rende ancora lontano il continente dal sogno di unità e sviluppo di Kwame Nkrumah.

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Ecocidio e rifugiati ambientali, il caso del Delta del Niger

Un terzo dei rifugiati nel mondo proviene dall’Africa, molti scappano dall’orrore ecologico creato da Governi e multinazionali. Da tempo è in atto la distruzione dei mezzi di sussistenza attraverso lo sfruttamento spietato delle materie prime e la politica di sovvenzioni delle nazioni industrializzate dell’Occidente. Un utilizzo “pacifico” delle materie prime da parte della popolazione che vive in tali aree è quasi diventato impossibile, la vita stessa è diventata insostenibile nella maggior parte delle zone ricche di risorse dell’Africa. Si parla di “Crimine contro l’umanità”.

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Giornalismo come attivismo, due casi dal continente africano

In Africa spesso fare il giornalista non è solo una scelta professionale, è decidere da che parte stare, come e con quale missione. Per alcuni è molto più di un mestiere, insomma. Molto più di una passione. Nell’immenso continente di esempi di donne e uomini che denunciano abusi, storture del sistema, ingiustizie ce ne sono molti. E molti di loro finiscono sotto il giogo della censura, in carcere o, qualche volta, spariscono.
Due soltanto di questi esempi aiutano a capire cos’è il giornalismo come attivismo in Africa. A. Mwenda, ugandese, critica gli aiuti occidentali. Anas, ghanese, smaschera la corruzione. Nostra intervista esclusiva in Italia.

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La “normalità” di Gaza raccontata da Shareef Sarhan

Intervista al fotografo e artista palestinese tra gli autori di “Windows from Gaza”, progetto che documenta la vita nell’assedio. Macerie, spiagge, donne tra le case bombardate, pescatori e poi sorrisi. Volti di bambini che giocano tra la polvere di un edificio crollato e una normalità senza filtri. Sono i principali soggetti degli scatti che hanno fatto il giro del mondo da quando si iniziò a pubblicare le foto sui social. “Ci mostriamo sorridenti, nonostante i bombardamenti a pochi metri. In questo modo, tutti insieme, riduciamo le sensazioni di paura e spavento. Queste foto ci hanno regalato piccoli attimi di spensieratezza e ci siamo sentiti al sicuro, anche se per poco.”

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Grecia, migranti intrappolati e senza via d’uscita

Secondo l’Alto Commissariato UN per i rifugiati sono circa 46.000 i migranti abbandonati in Grecia. Le persone sono bloccate da quando lo scorso 9 marzo la Macedonia ha chiuso ai migranti il suo confine con il Paese. Allo stesso tempo per molte persone risulta impossibile presentare domande d’asilo in Grecia – e perciò non hanno alcuna possibilità di essere trasferiti in un altro Paese europeo. Infatti il piano per trasferire i rifugiati in altri Paesi dell’Unione sembra essersi arenato. Testimonianze dai campi di Idomeni.

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Fenomeni migratori, le nuove frontiere dello storytelling

Applicazioni, siti, piattaforme per raccogliere materiali “dal basso”, mappe interattive: il fenomeno della migrazione continua ad essere raccontato in maniera efficace e sempre aggiornata grazie agli strumenti digitali, che contribuiscono ad allargare i confini di una ricerca dinamica e dettagliata sul fenomeno migratorio. Il quale riguarda rotte che interessano a vario titolo nazioni e continenti che è possibile “monitorare” giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Il data journalism arricchisce il racconto giornalistico.

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L’Europa al centro della Storia, così si alimenta l’ignoranza

Ci si è mai chiesti se il modo e il metodo con cui studiamo la Storia non abbia portato, più o meno in maniera diretta, alla crescita di xenofobia e pregiudizi nei confronti di migranti e rifugiati? Talmente abituati a considerare l’Europa come orizzonte geografico e morale della propria identità, diventa complesso anche semplicemente raccogliere le informazioni e le conoscenze che abbiamo sul “resto del mondo”. Il ruolo dei “Corridoi educativi” contro i pregiudizi attraverso il progetto U4Refugees, esperimento avviato nelle università per ricreare uno spazio comune libero e aperto a favore dei richiedenti asilo e rifugiati.

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L’Africa e il dramma dell’immigrazione. Che non finirà.

Un flusso di migranti storico quello verso l’Europa ma anche verso l’interno. Le politiche sbagliate dell’UE e il silenzio dell’UA. “È a partire dal 1970 che i flussi migratori verso l’Europa hanno iniziato a intensificarsi. Nel prosperare della loro economia, i Paesi europei avevano bisogno di lavoratori da impiegare in lavori non qualificati. Ed è in questo modo che ha iniziato a farsi strada l’immagine dei lavoratori immigrati nelle catene di montaggio automobilistiche o dei netturbini neri nelle strade di Parigi. Fino alla metà degli anni ’80, un cittadino delle ex colonie francesi non aveva alcun bisogno di avere un visto per entrare in Francia.”

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